Ddl sicurezza

Donne incinte e bambini in carcere, pura propaganda

Continua la mobilitazione delle associazioni e della società civile contro il decreto 1660, approvato alla Camera e ora passato all'esame del Senato. Laura Liberto, Cittadinanzattiva: «Mandare in carcere donne in gravidanza e madri di bambini entro un anno di età è una misura di pura propaganda. La tutela dello sviluppo psicofisico dei bambini dovrebbe prevalere rispetto ad ogni altra esigenza, anche di sicurezza e di ordine pubblico»

di Ilaria Dioguardi

«Si tratta di una misura assolutamente gratuita, di pura propaganda, che non risponde effettivamente a nessuna esigenza reale di sicurezza e che serve a creare dei bersagli simbolici, dei nemici pubblici che, in questo caso, sono le donne borseggiatrici». A parlare così della misura del Ddl 1660, che non renderebbe più obbligatorio ma facoltativo il rinvio della pena per donne in gravidanza e madri di bambini entro l’anno, è Laura Liberto, coordinatrice nazionale Giustizia per i diritti di Cittadinanzattiva.

Liberto, il tema dei bambini in carcere è caro da tempo alla vostra organizzazione.

Sul tema delle madri con i bambini in carcere, per anni abbiamo fatto un lavoro con la campagna “L’infanzia non si incarcera, che va nella direzione opposta rispetto al decreto: di allargare il più possibile le opportunità di tutela della gravidanza, della maternità e del rapporto madre-bambino, anche nel caso in cui una mamma si trova a dover scontare una pena. Su questo erano stati fatti, nella scorsa legislatura, tanti passi avanti, attraverso un lavoro anche incrociato tra organizzazioni della società civile e parlamentari. In particolare intorno ad una proposta di legge.

La normativa attuale prevede che le case famiglia si debbano realizzare senza oneri a carico dello Stato: manca la copertura finanziaria per rendere possibile questo sistema alternativo

Ce ne parli.

Con la proposta di legge Siani si introducevano una serie di norme, sia di carattere sostanziale che procedurale, finalizzate a consentire l’esecuzione della pena all’interno di strutture al di fuori del contesto carcerario, in particolare nelle case famiglia. Questo lavoro era finalizzato, da un lato, a impedire nuovi ingressi di madri con bambini in carcere, per evidenti considerazioni di civiltà, su cui qualunque persona di buon senso dovrebbe essere d’accordo. Dall’altra, ad andare in una direzione coerente con i principi della nostra Costituzione e con le convenzioni anche internazionali sulla tutela dell’infanzia, che affermano che la tutela dello sviluppo psicofisico dei bambini dovrebbe prevalere rispetto ad ogni altra esigenza, anche di sicurezza e di ordine pubblico.

Laura Liberto

Le alternative al carcere ci sono?


Tutto il percorso collegato alla proposta di legge Siani era finalizzato ad allargare il più possibile le alternative al carcere, serviva a mettere a regime il sistema delle case famiglia, come soluzione alternativa al carcere per madri con bambini piccoli. E superava anche un limite che è presente nella normativa attuale, che prevede che le case famiglia si debbano realizzare senza oneri a carico dello Stato: manca la copertura finanziaria per rendere possibile questo sistema alternativo (la legge Siani prevedeva che alla copertura degli oneri derivanti dalla realizzazione delle case famiglia protette, si provvedeva a valere sulle disponibilità della Cassa delle ammende, ndr). Quella proposta di legge, purtroppo, è passata soltanto alla Camera, poi è caduto il Governo per cui non è stato possibile fare il passaggio in Senato.

Come vi state muovendo per protestare contro il Ddl sicurezza?

Come Cittadinanzattiva ci stiamo muovendo, come tante altre organizzazioni, per organizzare una mobilitazione che impedisca la definitiva approvazione di questo testo. Noi rilanceremo la nostra campagna, “L’infanzia non incarcera” e anche delle iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Si tratta di un provvedimento molto grave, che ci fa ritornare indietro e annulla anche quelli che sono principi consolidati: il divieto di ingresso in carcere per una donna incinta non si pensava che potesse essere messo in discussione. La sicurezza è una parola che può essere declinata secondo significati assolutamente opposti.

La tutela dello sviluppo psicofisico dei bambini dovrebbe prevalere rispetto ad ogni altra esigenza, anche di sicurezza e di ordine pubblico

Ci spieghi meglio.

Si può interpretare la sicurezza come lo si sta facendo adesso, con risposte puramente repressive. E lo si può fare attraverso misure che intervengono davvero a trovare soluzioni concrete che vadano a supportare, a sostenere in particolare quelle categorie, come le future madri o le neomamme, anche attraverso percorsi e possibilità alternative. È questa la strada, a nostro parere, che può garantire una vera sicurezza per tutti.

Per quanto riguarda i bambini entro l’anno di età, che andrebbero in carcere insieme alle madri, cosa ci vuole dire?

Alcuni studi dimostrano che i bambini che passano i primi anni di vita in carcere subiscono dei traumi nello sviluppo molto importanti. A proposito della gratuità e dell’inutilità della misura, bisogna pensare al fatto che parliamo di numeri molto piccoli di madri con bambini che andrebbero in carcere. A maggior ragione, non dovrebbe essere così difficile trovare delle soluzioni alternative. Invece, prevale la logica dell’accanimento e si arriva a mettere in discussione principi basilari.

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Nella foto in apetura, di Giampiero Corelli per Ageenzia Sintesi, un servizio del 2010 dal carcere femminile di Ponte Decimo (Genova). Nel testo, foto dell’intervistata.

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