Mondo

Intervista a Janiki Cingoli. Anche a Tel Aviv vola una rondine

I pacifisti hanno appoggiato il piano di Sharon per evacuare Gaza. Una scelta coraggiosa.

di Carlotta Jesi

“Un?identica forza innovativa muove i pacifisti dell?associazione Rondine e i 150mila israeliani di sinistra che sono scesi in piazza a Tel Aviv per sostenere il ritiro di Gaza proposto dal leader di destra Sharon”. Forza che secondo Janiki Cingoli, direttore del Cipmo – Centro italiano per la pace in Medio Oriente, scaturisce “dal coraggio di sacrificare una parte delle proprie posizioni e dall?assunzione di responsabilità”. Vita: Cos?hanno sacrificato esattamente italiani e israeliani? Janiki Cingoli: Nonostante rifiuti e condanni la guerra, l?associazione Rondine ha fatto lo sforzo di calarsi in essa per capire cosa si può fare per fermarla. Il Campo della pace, sigla che racchiude i partiti e le associazioni scesi in piazza a Tel Aviv e che ha un suo piano di pace nell?accordo di Ginevra, ha appoggiato il ritiro da Gaza e l?evacuazione di 25 insediamenti bocciati dal Likud perché il premier avesse la forza di metterli in pratica. Sono sacrifici diversi, ma il senso di responsabilità che italiani e israeliani si sono assunti è lo stesso. Vita: Basterà questa assunzione di responsabilità a pacificare Iraq e Medio Oriente? Cingoli: Solo se l?associazione Rondine e il Campo della pace, come suggerisce il cardinal Martini nell?intervista rilasciata al Corriere della Sera del 17 maggio, avranno il coraggio di ?stare in mezzo? ai contendenti. E cioè di mediare fra i contendenti senza prendere una posizione di solidarietà nei confronti di uno o dell?altro. Questo è un principio su cui i pacifisti italiani impegnati nel conflitto israelo-palestinese dovrebbero riflettere molto: un conto è aiutare la parte più debole, cioè i palestinesi, con progetti di cooperazione; un conto è sposare la causa della loro leadership politica considerando l?altra parte come il nemico. Vita: La Rondine sostiene che oggi, più che lasciare l?Iraq, bisogna trovare un nuovo modo di aiutarlo. Quale può essere? Cingoli: Il piano Brahimi e l?uscita dall?approccio unilateralistico con cui finora si è guardato alla crisi irachena. Senza un ritorno al multilateralismo non ha senso neppure parlare di un rilancio economico dell?Iraq. Solo il multilateralismo può dare spazio all?Onu e ad altre organizzazioni internazionali. Credo che l?Onu possa dare legittimità politica alla presenza sul territorio di altre forze, che possono essere quelle Nato o quelle di una forza euromediterranea nell?ipotesi molto suggestiva che coinvolge i Paesi arabi fatta dall?associazione Rondine. Vita: Pensa davvero che i Paesi arabi interverrebbero in Iraq al fianco degli Usa? Cingoli: Quelli moderati, come Marocco ed Egitto, potrebbero farlo. Sarebbero percepiti con meno ostilità dai civili. L?Egitto, in particolare, potrebbe presto avere un ruolo nella soluzione del conflitto israelo-palestinese., nel post ritiro da Gaza. A chi potrebbero affidarla gli israeliani che non riconoscono l?Autorità palestinese per evitare che finisca in mano ad Hamas? La scelta potrebbe ricadere sull?Egitto, come forza di sicurezza presente sul territorio o come Paese in grado di riaddestrare le forze di sicurezza dello Stato palestinese riconosciuto dall?Accordo di Ginevra. Vita: Fra i punti principali del piano di pace dell?associazione Rondine c?è l?organizzazione di un incontro fra cattolici e musulmani. Che ne pensa? Cingoli: Ritengo sia una proposta importantissima. Il dialogo fra le culture è ciò che manca oggi in Iraq: da un incontro fra le diverse fedi dell?Islam e le altre religioni monoteistiche può scaturire un nuovo approccio all?Islam democratico.


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