Protezione civile

Mancini (Anpas): «Da anni ci prepariamo a rispondere alle alluvioni»

Oltre 13mila volontari Anpas sono formati per rispondere alle emergenze legate al rischio alluvionale, sempre più frequenti, intense e spaventose. Per il presidente Niccolò Mancini, chi in questi momenti desidera mettersi a disposizione per aiutare rappresenta un germoglio di partecipazione, di empatia. «Spetta alla nostra società farlo maturare anche in consapevolezze, in volontà di intervento più strutturate»

di Elisa Cozzarini

L’Emilia Romagna colpita a distanza di poco tempo da due alluvioni, l’intensificarsi degli eventi estremi e l’aumento della loro frequenza: di fronte a questi fatti ci sentiamo tutti più fragili, non solo le popolazioni colpite. I volontari dell’Associazione nazionale pubbliche assistenze – Anpas si preparano per affrontare le emergenze, con una formazione continua e strumentazione aggiornata. Ne abbiamo parlato con il presidente Niccolò Mancini.

Come risponde il mondo del volontariato di protezione civile alle sempre più frequenti emergenze connesse al rischio idrogeologico?

Il modello che adottiamo parte da un’attenta e costante osservazione dei fenomeni e da una modulazione degli interventi in base a ciò che di volta in volta si manifesta. In passato, per esempio, abbiamo attraversato un periodo in cui l’attenzione era rivolta soprattutto alla gestione post terremoto, dall’allestimento di campi per l’accoglienza alla garanzia dei servizi essenziali. Oggi ci concentriamo sulla risposta a fenomeni connessi con il rischio idrogeologico, non nuovi, ma sempre più frequenti e con la caratteristica di agire sia su vaste dimensioni sia su eventi molto localizzati e violenti. Anche il livello di intervento territoriale delle nostre associazioni, quindi, si è tarato in questo senso. Alla base del meccanismo di adeguamento e sviluppo di Anpas, ci sono formazione e strumenti adeguati e aggiornati.

Quando e come avete iniziato le formazioni dei volontari in questo ambito?

Abbiamo cominciato a sviluppare percorsi sempre più standardizzati circa vent’anni fa. Gli interventi di protezione civile, come quelli di tipo sanitario o sociale, si preparano sempre “in tempo di pace”: i volontari si dedicano a fare esercitazioni, a prendere confidenza con le attrezzature e gli strumenti, a gestire in modo corretto le attività. Fanno una formazione continua e costante, che non viene mai interrotta, perché altrimenti ci si potrebbe trovare impreparati a rispondere nel momento del bisogno. Dal 2015 a oggi abbiamo formato circa 13mila volontari, più di mille l’anno, che hanno seguito i percorsi di base di “Operatore colonna nazionale – Ocn”. In questo modo, un numero ampio di volontari è in grado in modo uniforme e con un livello di formazione adeguato, di agire sulle varie tipologie di intervento in ambito di protezione civile. Da lì, poi, siamo partiti, solo per alcuni, con formazioni più specialistiche che riguardano le categorie fragili, gli operatori di segreteria e delle sale operative di protezione civile, per la logistica e la ricerca di dispersi, gli addetti alle cucine, i responsabili delle associazioni di protezione civile, attraverso le quali poter agire in modo efficace a livello locale.

Quale strumentazione usate?

Abbiamo sia pompe ad alta capacità per togliere l’acqua, il fango, i detriti, sia pompe a minore capacità, per usi più puntuali. Nella scelta della strumentazione da utilizzare, vanno considerati infatti anche gli aspetti logistici, oltre che quelli di funzionamento. Strumenti molto grandi e potenti, talvolta, risultano inutilizzabili per esempio in un’abitazione, o un seminterrato. Abbiamo investito anche nei mezzi per il trasporto, ossia i carrelli per le pompe, veicoli, macchine operatrici che possano consentire il movimento in contesti con molta acqua e fango. E ancora, c’è un aspetto che appare secondario ma è molto rilevante perché le persone possano riprendere al più presto la loro vita quotidiana: la necessità di bonifica dei luoghi alluvionati. Ci siamo dotati di strumenti per la pulizia delle strade invase da detriti e fango, per evitare che con il tempo si induriscano, impedendo la circolazione dei mezzi di soccorso, delle persone, delle comunità che debbono tornare alla vita normale.

Un volontario in azione nei giorni scorsi in Emilia Romagna

Insomma, possiamo dire che non vi siete fatti trovare impreparati, di fronte all’intensificarsi degli eventi legati al rischio idrogeologico?

Sì, anche se ogni caso è diverso dall’altro. Di fronte a emergenze come le alluvioni di questi giorni non si è mai pronti fino in fondo, anche se ci si deve, e ci si può, preparare in termini organizzativi e strumentali. Le alluvioni coinvolgono non solo l’aspetto ambientale, ma anche quello sanitario, sociale, di protezione civile, etc. Anpas e le organizzazioni di volontariato investono in preparazione, perché si è sempre rivelato il modo migliore possibile per reagire prontamente ed efficacemente. Affrontiamo questi fenomeni con sistematicità, prontezza e rispetto del sistema di Protezione civile, articolato e diversificato nelle varie specialità e competenze. Funziona proprio perché è vario ed eterogeneo, con una notevole preparazione nei modelli organizzativi, che consente di tarare in modo efficace la risposta all’emergenza.

Le persone colpite hanno spesso bisogno non solo di aiuto materiale, ma anche di sostegno psicologico. Pensiamo ad esempio a chi in questi giorni, in Emilia Romagna, è stato colpito di nuovo, a distanza di poco tempo, da un’alluvione…

Sì, problemi così gravi non si risolvono immediatamente. Le conseguenze si fanno sentire per molti anni, senza dubbio. Nei nostri percorsi di formazione, abbiamo investito sugli aspetti relazionali, su come gli operatori si approcciano alle comunità dove prestano la loro opera. Già anni fa, per esempio nella gestione dei campi di accoglienza, capimmo che fornire sostegno psicologico poteva essere utile, se non necessario, come diciamo oggi. Per questo, personale qualificato e specializzato nella psicologia dell’emergenza viene messo a disposizione degli operatori e, nei contesti che lo consentono, anche delle persone colpite dagli eventi. Quando possibile, introduciamo elementi che intervengono sulle relazioni, come i moduli giocheria per le categorie più fragili, i bambini e chi ha problemi di vario tipo.

I recenti interventi in Emilia Romagna

Presidente Mancini, per lei, che è fiorentino, com’è cambiato il mondo del volontariato di protezione civile, dai tempi degli “angeli del fango” intervenuti nell’alluvione di Firenze del ’66? Abbiamo tutti in mente quelle immagini, anche chi non era ancora nato…

Da allora è cambiata completamente la cornice sociale e culturale, il mondo del lavoro, delle relazioni, della scuola, e così cambia anche il modo in cui le persone partecipano a questi eventi. Ma in ogni caso, sono convinto che la sensibilità e l’empatia delle persone, comunque si manifestino, debbano essere accolte positivamente. In questo senso, il nostro Paese è ancora molto ricco: il volontariato, quello organizzato e quello espresso in maniera più estemporanea, rappresenta una peculiarità che andrebbe considerata una risorsa su cui investire, per una società migliore e più giusta, ma anche più pronta e sicura. Gli interventi di protezione civile, perché siano efficaci, devono essere organizzati e inseriti in un sistema ben strutturato, non solo per incidere sull’emergenza ma anche per garantire la sicurezza delle persone, con il giusto modello di coinvolgimento di chi si mette a disposizione.

Il volontariato, quello organizzato e quello espresso in maniera più estemporanea, rappresenta una peculiarità che andrebbe considerata una risorsa su cui investire, per una società migliore e più giusta, ma anche più pronta e sicura

Niccolò Mancini, presidente Anpas

C’è, insomma, un livello di partecipazione spontanea che deve essere gestito, per poter ottenere risultati. Come fare?

È qualcosa che non deve spaventare le associazioni. I “volontari spontanei” – un modo buffo per descriverli! -, “gli angeli del fango”, i “volontari fluidi”, etc., per me, rappresentano germogli di partecipazione, di empatia, che spetta alla nostra società far maturare anche in consapevolezze, in volontà di intervento più strutturate. Avere persone formate e preparate, che si sono già avvicinate a certi temi, alle criticità e maturano in modo sereno la scelta di organizzarsi, seguendo l’esperienza di chi fa questi interventi da sempre, rende i processi migliori e la disponibilità delle persone più efficace. Restituisce tanto, dal mio punto di vista, a chi quello sforzo lo fa.

Le foto sono di Anpas

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