Volontariato

Cannes: Godard critica Moore

Il regista francese presenta il suo film fuori concorso, Notre musique, ambientato nei Balcani. E tiene banco al festival con pillole di saggezza

di Benedetta Verrini

”Film come quello di Michael Moore finiscono per aiutare Bush. Il presidente americano o e’ meno stupido di quello che sembra o lo e’ totalmente, in ogni caso non cambierà”. Così Jean Luc Godard, regista mito della Nouvelle Vague, ha parlato oggi in conferenza stampa a Cannes (dove il suo film ‘Notre musique’, è stato proiettato oggi fuori concorso al festival). Poi, come promesso, ha dato spazio durante la sua conferenza alla lotta degli intermittenti, i precari francesi dello spettacolo. Un loro rappresentante, Olivier Deroussean, ha parlato per tutti. ”Siamo qui per rendere visibile l’ invisibile. Il concetto di precariato e’ qualcosa legato non solo al cinema francese ma a tutto il mondo e a tutte le latitudini. E’ precario il palestinese che costruisce il muro alzato dagli israeliani, e’ precario il commesso di McDonald, cosi’ come lo stagista dei giornali popolari femminili”. Jean Luc Godard ha parlato soprattutto di cinema, quello dei suoi esordi a 30 anni con ‘Fino all’ultimo respiro’, e quello di oggi. ”La globalizzazione culturale e’ una forma di totalitarismo – ha detto – la tv e’ totalitarismo, le persone che stanno 4 ore al giorno davanti la tv sono vittime del totalitarismo”. E per questo la vita del cinema oggi e’ ancora piu’ difficile: ”le cinematografie nazionali non esistono quasi piu’. Decenni fa invece sono esistite e sono state il simbolo dell’identita’ nazionale del loro paese, penso al cinema tedesco prima di Hitler, a quello russo del ’17, al cinema italiano e francese del dopoguerra. La scoperta del cinema, per quelli della mia generazione, e’ stata la Cinemateque di Parigi diretta da Langlois, ci ha fatto vedere film, scoprire altri mondi che pittura e letteratura non ci avevano fatto conoscere. Era la Nouvelle Vague. Ora i tempi sono altri”. Il suo film fuori concorso ‘Notre Musique’ e’ divisa in tre parti e ripercorre la Divina Commedia: l’ inferno con le immagini di guerre, distruzioni di villaggi, immagini senza sonoro o con sottofondi musicali; il purgatorio, ambientato nella Sarajevo di oggi, dopo le macerie che l’hanno resa citta’ martire, e a Mostar, dove la ricostruzione del ponte distrutto e’ il simbolo del passaggio dalla colpa al perdono. E infine c’ e’ il paradiso, con una giovane donna che trova pace su una piccola spiaggia sorvegliata dai marines americani. Perche’ Sarajevo? ”Sono per le frontiere e contro i doganieri – ha risposto il regista – non sono coraggioso nella vita ma al cinema si’. Vado nei luoghi di guerra quando e’ finita, non ci sono piu’ feriti, giornalisti e tv se ne sono andati e si ricostruisce, almeno cosi’ pare. E’ stata Sarajevo a scegliere me”. E Dante? ”Se sei in paradiso o all’inferno non sei tu a sceglierlo, ma dipende da dove sei nato e da chi sono i tuoi genitori, perche’ la vita non e’ un miracolo come ha detto qualcuno”, ha risposto riferendosi al titolo del nuovo film di Emir Kusturica”. Per questo, la donna del suo film e’ Sarah Adler, che vive a Tel Aviv e spera di vedere un posto dove la riconciliazione divenga possibile.


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