Mondo

Nel Paese operano 200 ong locali. Iraq:la società civile sapeva tutto

Da un anno 5 enti non profit denunciavano le violenze. Avanguardia di un Terzo Settore nato in Kurdistan dieci anni fa.

di Carlotta Jesi

La Croce Rossa, Amnesty e Human Rights Watch non sono gli unici enti ad aver denunciato le torture inflitte ai detenuti di Abu Ghraib. Da un anno, secondo il quotidiano online Iraq Today, almeno cinque ong locali monitorano il trattamento che le forze della Coalizione riservano a civili e detenuti. Hanno nomi sconosciuti in Occidente -da Iraq Human Rights Organization a Occupation Watch – e sono le avanguardie di una società civile fiorita dalle ceneri del regime. Qui l ?individuo non conta Società che, secondo le stime delle Nazioni Unite, oggi conta oltre 200 enti e che non si lascia imbrigliare da facili definizioni. Prima fra tutte, quella di “al -mujtama l-madani”, spiega il giornalista libanese e cristiano Camille Eid, “il termine inventato dalla stampa mediorientale per tradurre il concetto prettamente occi-dentale di Terzo settore”. Concetto che con la realtà irachena c?entra poco. “In Occidente, la libertà e l?individuo sono valori fondamentali. Quaggiù invece tutto è predestinato, tutto è divino e già deciso”, racconta l’arcivescovo di Kirkuk, Luis Sako che fino allo scorso anno faceva parte del comitato civico di salvezza di Mossul. “Qui la persona umana ha valore quando appartiene a una tribù. Oggi il passo da compiere è abituare le persone ad agire come cittadini, ad analizzare i fatti e a prendere coscienza delle cose”. È uno sforzo cui oggi lavorano in tanti. Da Abdu Jabbar al-Wahedi – uno dei 2mila profes-sori che hanno lasciato gli atenei iracheni durante il regime di Saddam e che oggi dall?America raccoglie proposte su come sostenere la società civile sul portale Iraqi Higher Education – alle ong nate in Kurdistan 10 anni fa e che si battono per i diritti della donna nella società islamica. Due esempi per tutti. Il Women?s Media and Education Center di Suleimaniyah che pubblica Rewan, bisettimanale in arabo e in curdo dedicato ai diritti delle donne, e il Khatuza Center for Social Action di Erbil: ong locale che ha annunciato di essere pronta a creare una stazione radio gestita interamente da donne. Quanto influiranno le foto dei maltrattamenti sulle attività della nascente società civile irachena? Ong locali e fondi americani Difficile dirlo. Soprattutto perché alcune delle ong più attive ricevono fondi dagli Usa. È il caso dell?associazione Al-Amal: creata nel Nord dell?Iraq nel 1992, a maggio dello scorso anno ha aperto un ufficio a Bagdad e varie sedi nel resto del Paese. Obiettivo: “Sostenere la nascita di nuove organizzazioni locali con corsi di formazione e workshop sulla democrazia che spieghino ai cittadini cosa ci si aspetta da una ong”, ha dichiarato all?Onu Awadis Intranik, uno degli operatori dell?associazione. Segnali positivi da Rabat Un compito difficile. “Oggi manca il clima politico perché la società civile possa germogliare”, spiega Camille Eid. “Appena è caduto il regime di Saddam nel Paese sono nati 6 nuovi giornali indipendenti, sindacati e associazioni. Ma oggi devono pensare alla sicurezza personale più che alla cultura”. O alle pressioni degli imam che inneggiano alla Jihad. Segno che Islam e società civile sono incompatibili? Da Rabat, dove studia l?evolversi del Terzo settore per conto della John Hopkins University, Salama Saidi lancia un messaggio di speranza: “In molti Paesi arabi la società civile è riuscita a staccarsi dai precetti religiosi. Accade in Marocco, dove operano 30mila ong, e in altri Stati dove le ong con connotati religiosi hanno divieto di operare. E sapete perché? Perché nel mondo arabo la religione è di tutti e nessuno può essere più religioso di un altro”.


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