Mondo
Parla Marco Lombardi. Le ong americane, prime vittime di quelle immagini
"Con lumanitario Usa fuori gioco,tocca a noi dare una mano".
Marco Lombardi, docente di Sociologia all?università Cattolica di Milano, è una delle persone cui le foto dei maltrattamenti scattate nella prigione di Abu Ghraib, l?ex camera delle torture di Saddam ribattezzata dagli
americani Bagdad Correctional Facility, complicano il lavoro: promuovere la democrazia e la nascita della società civile in Iraq attraverso una
collaborazione tra il suo ateneo e quello di Suleimaniyah, in Kurdistan. “In molti mi hanno chiesto se dopo quelle foto volevo andare avanti col progetto, e la risposta è sì. I fatti di Abu Ghraib delegittimeranno a lungo le organizzazioni umanitarie americane impegnate nel Paese, non ci sarà assemblea cittadina in cui le torture non verranno loro rinfacciate. Noi italiani, invece, possiamo ancora dire e fare qualcosa”.
Vita: Meglio restare che ritirarsi, dunque?
Marco Lombardi: L?esempio della società civile internazionale per i cittadini iracheni è molto importante: è vista come un attore legittimato a interloquire con le autorità religiose e con le forze della coalizione. Un attore che, durante il regime di Saddam, non era riconosciuto da nessuno. Anche se, agli occhi dei locali, le organizzazioni internazionali che dovevano monitorare il rispetto dei diritti umani, e che non hanno avuto la forza di bloccare i maltrattamenti dei detenuti, hanno perso peso.
Vita: Le foto danneggeranno anche la società civile locale?
Lombardi: Non credo che oggi si possa parlare di una società civile irachena: esiste nelle aree curde – dove ong, associazioni e sindacati operano da tempo – ma non in quelle sciite o sunnite in cui assistiamo a un ritorno all?Islam pre Saddam. Un Islam che, va detto, non è necessariamente contrario alla nascita del Terzo settore perché non necessariamente fondamentalista. Ad attaccare le ong di stanza in Iraq oggi non sono i guerriglieri, ma i terroristi per cui, paradossalmente, i volontari sono più pericolosi dei soldati. Perché il volontariato, e in generale chi cerca di migliorare le condizioni di vita della gente, esprimono modalità di comportamento che la gente locale potrebbe adottare.
Vita: Come è successo nel Nord del Paese?
Lombardi: In Kurdistan oggi esiste una confederazione che
raggruppa 35 sigle di sindacati, operano ong che si battono per la difesa dei diritti umani, media indipendenti e almeno tre associazioni
impegnate a trovare un ruolo diverso per la donna all?interno della società islamica.
Vita: La donna, già: crede che le donne aguzzine ritratte nelle foto
divideranno ancora di più la società occidentale da quella islamica?
Lombardi: La donna che combatte fa più impressione agli occidentali che agli islamici. In Iraq, le donne peshmerga che combattono non sono una novità e nel terrorismo islamico è comparsa da tempo la figura della donna kamikaze. Anche se nel Nord del Paese si sta facendo un gran lavoro perché le donne assumano un ruolo diverso. Basta entrare nelle università, quella di Erbil e soprattutto quella di Suleimaniyah: il 46% dei suoi 8mila studenti sono donne e molto attive nella promozione della società civile. Di una società civile che, proprio negli atenei del Nord, ha trovato degli importanti incubatori di sviluppo.
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