Inquinamento

Pfas nell’acqua da bere: al via il monitoraggio di Greenpeace

Greenpeace disegna la prima mappa indipendente dell'Italia inquinata da Pfas. «I controlli delle istituzioni sulla presenza di queste sostanze nelle acque potabili sono scarsi. Un'inerzia che rischia di trasformare la contaminazione in un’emergenza nazionale fuori controllo», afferma Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento dell'associazione ambientalista. Intanto la Commissione Ue pubblica le linee guida per il monitoraggio che tutti gli Stati membri dovranno effettuare

di Elisa Cozzarini

Parte oggi, dalla Toscana, “Acque senza veleni”, il viaggio inchiesta di Greenpeace Italia per raccogliere campioni di acqua potabile da analizzare in 220 città, alla ricerca di 60 diverse molecole del gruppo Pfas, le sostanze per- e polifluoroalchiliche, interferenti endocrini pericolosi per la salute. L’obiettivo è realizzare la prima mappatura indipendente della contaminazione, a livello nazionale, che verrà resa nota all’inizio del 2025. Nei prossimi mesi, oltre ai campionamenti, gli ambientalisti incontreranno i tanti comitati locali già impegnati nella lotta contro l’inquinamento da Pfas, dal Veneto al Piemonte, e organizzeranno iniziative per informare e sensibilizzare coloro che, invece, ancora non conoscono il problema.

«In Italia esistono casi gravi, e ben noti, di contaminazione, eppure i controlli delle istituzioni sono frammentari, se non addirittura assenti. Le analisi sulle acque potabili sono limitate a poche  Regioni o porzioni di territorio. Questa inerzia rischia di trasformare l’inquinamento da Pfas in Italia in un’emergenza nazionale fuori controllo». A lanciare l’allarme è Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. «Nelle prossime settimane, cercheremo di valutare l’estensione della contaminazione e identificare eventuali nuove aree colpite, oltre quelle già conosciute. Chiediamo con urgenza alle istituzioni locali e nazionali di garantire acqua pubblica sicura per tutti: vogliamo bere acqua pulita, libera da veleni». Per l’associazione, serve una legge che vieti l’uso e la produzione di Pfas.

Le linee guida Ue sul monitoraggio

Proprio in questi giorni, con la consapevolezza che la questione va affrontata al più presto, la Commissione Ue ha pubblicato le “Linee guida tecniche sui metodi d’analisi per il monitoraggio delle sostanze per- e polifluoroalchiliche nelle acque destinate al consumo umano“. Il testo descrive come effettuare l’analisi delle acque con criteri omogenei in tutti i paesi Ue. La direttiva 2184 del 2020, sulla qualità delle acque destinate al consumo umano, ha introdotto il limite di 500 ng/l per il parametro “Pfas totale” e 100 ng/l per “somma di Pfas”, che considera venti molecole. Gli Stati membri devono conformarsi entro il 12 gennaio 2026. Si tratta di limiti molto elevati, rispetto al valore prossimo allo zero introdotto di recente negli Usa per sei di queste molecole.  

Nell’introduzione alle linee guida, la Commissione evidenzia che in tutta l’Ue crescono i casi di alta concentrazione di sostanze per- e polifluoroalchiliche nell’acqua dolce, compresa quella potabile. L’esecutivo Ue incoraggia dunque gli Stati membri «ad applicare rapidamente le presenti linee guida per accelerare il monitoraggio ed elaborare le misure necessarie per conseguire la conformità ai parametri della direttiva».

Dopo l’adozione della norma europea, nel 2021 la definizione tecnica di Pfas è stata rivista e ora comprende anche il Tfa, una sostanza a catena ultracorta, idrofila, mobile e persistente, che ha origine dalla degradazione di varie sostanze fluorurate e da fonti diffuse di contaminazione, come i pesticidi, i refrigeranti, il trattamento delle acque reflue e l’inquinamento industriale. Specifica ancora la Commissione: «I risultati disponibili sulla presenza di Tfa in fonti di acque non trattate negli Stati membri indicano che le concentrazioni di questa sostanza possono superare significativamente il valore di parametro “Pfas totale” della direttiva».

In questo momento l’Organizzazione mondiale della sanità – Oms, sta valutando gli effetti per la salute del Tfa e presto potrebbe formulare nuove raccomandazioni sulla concentrazione di questa sostanza nell’acqua destinata a uso umano. La Commissione, quindi, nelle linee guida indica anche come trattare il Tfa nell’ambito del parametro “Pfas totale”, visto che la concentrazione potrebbe superare (notevolmente) il limite posto dalla direttiva.

La foto è di Greenpeace Italia

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