La Fondazione Panciera

L’imprenditrice con una visione: meritocrazia e ricerca biomedica

di Nicla Panciera

Una fondazione di famiglia nata da lasciti testamentari consente di lavorare a giovani ricercatori finanziando la loro ricerca attraverso l'Associazione italiana contro il cancro

Siamo nel Veneto bianco degli anni Cinquanta. Le donne, diventate protagoniste con la Resistenza, sono di nuovo relegate ai ruoli casalinghi e subalterni di prima della Guerra. È qui che, nel 1952, a soli ventisei anni, Alessandra Panciera perde in breve tempo entrambi i genitori. Suo padre, Ezio Panciera, è un noto imprenditore vicentino alla guida di una grande azienda di estrazione del caolino nelle colline di Schio su cui il nonno e il padre della giovane donna avevano molto investito. Con una laurea in agraria, ma nessuna business school nel suo curriculum, si ritrova a tenere le redini dell’impresa, cui dedica tutta sé stessa, dimostrandosi abilissima imprenditrice in un mondo di uomini.

Alessandra Panciera con la mamma e la sorella

«Aveva il suo carattere. Non era certo un tipo da piegarsi alle convenzioni» racconta la seconda cugina, Francesca Mazzonetto, avvocato amministrativista di Padova. Alessandra Panciera è scomparsa dopo lunga malattia nel 2018. «Nel testamento aveva disposto che una parte dei suoi averi confluisse in una fondazione che portasse il nome dei suoi genitori, Ezio e Maria, e della sorella Bianca, e che perseguisse fini di utilità sociale. Tra queste, anche la ricerca sul cancro. Proprio quella malattia che aveva prematuramente stroncato la vita dei suoi genitori» ricorda Francesca Mazzonetto, esecutrice testamentaria e oggi presidente della Fondazione Ezio, Maria e Bianca Panciera. Che, tramite l’Associazione italiana contro il cancro, sostiene giovani ricercatori che desiderano svolgere un periodo all’estero.

«Il suo vissuto e l’esperienza professionale hanno portato mia cugina a sostenere fortemente la meritocrazia e i giovani» continua Mazzonetto, ritornando a quei giorni: «Alessandra era prima cugina di mia mamma, lei e zia Maria (Toffanin) venivano spesso a trovarci. Aveva perso entrambi i genitori da giovane, portati via uno dopo l’altro da tumori che oggi sarebbero trattabili e forse curabili», dice riflettendo sui rapidi progressi della ricerca biomedica.

L’allevamento di cavalli da concorso fu la sua vera grande passione. A Boscochiaro, frazione di Cavarzere, si trovava l’allevamento di cavalli che seguì con grande attaccamento fino a quando ne ebbe le forze.

Il compito di costituire la Fondazione è andato a Mazzonetto e a Andrea Cevese, avvocato specializzato in diritto europeo e internazionale, nipote di Piergiuseppe Cevese, chirurgo dell’ateneo patavino e grande amico di Panciera. Entrambi si attivano immediatamente per trovare interlocutori «efficaci, efficienti e seri». Decidono di affidarsi a Fondazione Airc, per la sua esperienza nell’istituire borse di studio per la formazione di giovani ricercatori e finanziare ambiziosi progetti di ricerca: «Ci siamo rivolti a molti enti e istituti di ricerca» ammette Mazzonetto. «Airc mi ha colpito subito per la prontezza nella risposta e per lo spirito imprenditoriale. Rapidità, efficienza e professionalità. Il nostro Paese non può permettersi uno spirito dilettantistico, tante sono le clamorose opportunità perse che esso può comportare» continua Mazzonetto, che garantisce «Airc segue le ricercatrici e i ricercatori vincitori dei bandi in modo esemplare e punta su giovani scienziati che hanno davvero una marcia in più, fuoriclasse pronti a flessibilità e sacrifici. Anche solo al pensiero di disperdere queste eccellenze si prova un grande dispiacere. Inoltre, per chi come me esegue la volontà altrui, grazie alla gestione di Airc riceve veramente l’impressione plastica di un movimento verso il futuro, di un avanzamento concreto della ricerca». Al coinvolgimento in ogni fase della ricerca e all’aggiornamento continuo si aggiunge il rapporto diretto con i ricercatori, che Mazzonetto conosce per nome.

La prima borsa di studio finanziata dalla Fondazione Panciera è stata bandita nel 2020 ed è stata vinta da una giovane ricercatrice vicentina, Roberta Peruzzo, che è andata negli Stati Uniti, alla University of California di Berkeley, per studiare come il metabolismo tumorale contribuisca alla crescita di alcuni tipi di cancro aggressivi, come quello al rene e al pancreas.

A partire dal 2021, le borse bandite ogni anno sono state tre, due intitolate a Ezio, Maria e Bianca Panciera e una intitolata a Piergiuseppe Cèvese, della durata di due anni. A partire dall’anno scorso, inoltre, questi tre bandi diventano biennali, per un totale di 90mila euro di finanziamento l’anno, cui si è aggiunto un impegno di finanziamento quinquennale di 100mila euro l’anno per cinque anni, appunto, per la copertura totale di un My First Grant, dedicato a progetti di ricercatori che non hanno mai avuto un finanziamento Airc, selezionati tramite un processo di valutazione basato sul metodo internazionale di peer review per la rilevanza al cancro, l’innovatività e la fattibilità.

Il primo My First Grant è andato alla dottoressa Anna Urciuolo dell’Università degli studi di Padova, dove oggi è ricercatrice di tipo B e si occupa di studiare i meccanismi coinvolti nella perdita irreversibile di massa e forza muscolare, la cosiddetta cachessia tumorale, del sistema neuromuscolare umano mediante organoidi.

La Fondazione Panciera, inoltre, si impegna a selezionare manifestazioni di interesse da parte di enti senza scopo di lucro, con priorità alle numerosissime, meritevoli realtà attive in Veneto, segnatamente nelle province di Padova e Vicenza, cui Sandra era particolarmente legata e dove era radicata.

La Fondazione Panciera è un esempio di fondazione di famiglia nata da lasciti testamentari di chi intende sostenere la ricerca scientifica. Sono molte le persone che hanno scelto di affidare ad Airc le proprie risorse economiche, con l’obiettivo di avvalersi dell’esperienza e del metodo di selezione di Airc per istituire borse di studio per la formazione di giovani ricercatori e finanziare ambiziosi progetti di ricerca.

Foto: Fondazione Panciera

*L’autrice non ha nessun legame di parentela con Alessandra Panciera

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