Medio Oriente

L’assedio di Gaza e le 500mila persone che rischiano di morire di fame

L'esercito israeliano blocca l’83% degli aiuti destinati alla Striscia. Cinquantamila bambini tra sei mesi e cinque anni necessiteranno di cure a causa della malnutrizione, se non si interverrà immediatamente. Appello delle organizzazioni umanitarie all'Onu

di Redazione

L’83% degli aiuti alimentari necessari alla popolazione palestinese non sta arrivando a Gaza. Nel 2023 la percentuale era stimata al 34%. Questa riduzione si spiega in un modo: le persone che vivono nella Striscia sono passate da una media di due pasti al giorno a un solo pasto, per giunta a giorni alterni. Si stima che, entro la fine dell’anno, circa 50mila bambini di età compresa tra sei mesi e cinque anni necessiteranno urgentemente di cure a causa della malnutrizione. L’analisi è stata fatta da 15 organizzazioni che lavorano a Gaza: Care International, Save the Children, ActionAid, Christian Aid, War Child, Islamic Relief, HelpAge International, American friends service committee, Oxfam, DanishChurchAid, Norwegian Church Aid, Mennonite central committee, Danish refugee Council, Norwegian refugee Council, KinderUsa.

L’ostruzione degli aiuti e il conseguente, drastico calo dei rifornimenti che entrano a Gaza è la diretta conseguenza dell’escalation della guerra in Medio Oriente, che sta provocando un disastro umanitario. L’intera popolazione della Striscia affronta fame e malattie e quasi mezzo milione di persone rischiano di morire di fame. Mentre gli attacchi militari israeliani si intensificano, per quasi un anno è stato sistematicamente bloccato l’ingresso di cibo salvavita, medicine, forniture mediche, carburante e tende in quei territori sotto assedio.

L’analisi dei dati ha rilevato che, come conseguenza dell’ostruzione degli aiuti da parte del governo israeliano, il 65% dell’insulina necessaria e la metà della fornitura di sangue necessaria non sono disponibili a Gaza. Inoltre, la disponibilità di articoli per l’igiene è scesa al 15% rispetto alla quantità disponibile nel settembre 2023. Un milione di donne si trovano ora senza i prodotti per l’igiene di cui hanno bisogno.

Rimangono operativi solo circa 1.500 letti di ospedale rispetto ai circa 3.500 posti letto del 2023, cifra già ben al di sotto dei bisogni di una popolazione di oltre due milioni di persone. In confronto, città di dimensioni simili, come Chicago e Parigi, hanno in media da cinque a otto volte più posti letto rispetto a Gaza. Non solo: 1,87 milioni di persone hanno bisogno di un riparo e almeno il 60% delle case sono distrutte o danneggiate (stima di gennaio 2024). Da maggio 2024 ad oggi sono entrate a Gaza tende per circa 25mila persone.

Nell’agosto 2024 sono arrivati nella Striscia 69 camion di aiuti umanitari al giorno, di media: un record al ribasso, rispetto ai 500 al giorno dell’anno scorso che già non erano sufficienti a soddisfare i bisogni della popolazione. Ad agosto più di un milione di persone non hanno ricevuto razioni di cibo nel Centro e nel Sud di Gaza.

Ora soltanto 17 ospedali su 36 rimangono parzialmente funzionanti. Le infrastrutture critiche, come le reti idriche, i servizi igienico-sanitari e i mulini per il pane, sono state rase al suolo. Mentre i bisogni umanitari sono in costante aumento, le organizzazioni hanno descritto in dettaglio sei modi principali in cui i loro aiuti salvavita vengono sistematicamente ostacolati su base giornaliera. Tra questi: la negazione della sicurezza (dallo scorso ottobre sono stati uccisi più di 40mila palestinesi e circa 300 operatori umanitari); il forte inasprimento del blocco che dura da 17 anni, divenuto un vero e proprio assedio totale, impedisce agli aiuti di entrare a Gaza; ritardi e dinieghi che limitano la circolazione degli aiuti a Gaza; il controllo strettamente restrittivo e imprevedibile delle importazioni; la distruzione di infrastrutture pubbliche come scuole e ospedali; lo sfollamento di civili e operatori umanitari (testimoniato nuovamente nei recenti ordini di sfollamento dalla cosiddetta “zona umanitaria” a Deir el-Balah).

In vista dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che si terrà a New York questa settimana, le organizzazioni umanitarie lanciano un appello ai governi affinché chiedano a Israele di porre fine all’ostruzione degli aiuti e garantire un cessate il fuoco immediato e duraturo a Gaza; attuare un embargo sulle armi e porre fine all’esportazione di armi e attrezzature militari che rischiano di essere utilizzate in violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani; chiedere il rispetto delle conclusioni e delle raccomandazioni della Corte internazionale di giustizia, la fine dell’assedio di Gaza e ascoltare l’appello della Corte nel suo parere consultivo relativamente alla fine dell’occupazione del territorio palestinese.

«La situazione era intollerabile molto prima dell’escalation dello scorso ottobre e ora è più che catastrofica», dichiara Jolien Veldwijik, direttore di Care in Cisgiordania e Gaza. «Nel corso di 11 mesi abbiamo raggiunto livelli scioccanti di conflitti, sfollamenti, malattie e fame. Tuttavia, gli aiuti continuano a non arrivare e gli operatori umanitari rischiano la vita per svolgere il proprio lavoro, mentre si intensificano gli attacchi e le violazioni del diritto internazionale. Gli aiuti, urgentemente necessari per 2,2 milioni di persone che rischiano di morire nelle prossime settimane e mesi, non dovrebbero mai essere politicizzati. Chiediamo un cessate il fuoco immediato e duraturo e il libero flusso di aiuti umanitari all’interno e in tutta Gaza».

«C’è carenza di tutti gli aiuti umanitari. Siamo sopraffatti dai bisogni e dalle esigenze urgenti», sottolinea Amjad Al Shawa, direttore della rete delle Ong palestinesi (Pngo), un’organizzazione ombrello di 30 organizzazioni non governative palestinesi e partner di ActionAid. «Le persone muoiono di fame a causa della mancanza di aiuti. Il 100% della popolazione dipende dagli aiuti umanitari. È la situazione peggiore a cui abbiamo assistito durante la guerra israeliana a Gaza».

Nella foto di apertura un volontario della Mezzaluna Rossa palestinese nella Striscia di Gaza / credit Mezzaluna Rossa Palestinese

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