Famiglia

Contrordine, viva la chat delle mamme

Chiara Anicito sui social è "Cammela". Con ironia fa riflettere 3 milioni di follower sulle storture e gli eccessi del nostro essere genitori, dentro e fuori il gruppo delle mamme. «Dobbiamo smettere di dare ai nostri figli il messaggio che tutti i loro problemi saranno risolti da mamma e papà. Però sul “fuori i genitori dalla scuola” non sono d’accordo. Quando scuola e genitori collaborano, la vita scolastica migliora».

di Sara De Carli

chiara anicito e famiglia

La chat delle mamme è tornata e ha 3 milioni di iscritti. Tanti sono, complessivamente, i follower di Chiara Anicito, 37 anni, attrice celebre sui social come “Cammela”. Originaria di Paternò, ultima di sette figli (da piccola a casa era soprannominata “addumisciuta”, addormentata, che è anche il titolo del suo nuovo libro), vive a Monza ed è mamma di Marco e Sara.

In questi giorni tutti i genitori, di persona e sui social, ironizzano sul “risveglio” dei gruppi delle mamme (che già il fatto che li chiamiamo “delle mamme” aprirebbe un capitolo a sé). Ormai per certi versi la lamentatio insofferente è un cliché uguale e contrario a quello della mamma logorroica che sulla chat di classe manda messaggi vocali infiniti e a sproposito. Chiara Anicito ci ha costruito il suo personaggio più celebre, Cammela, una mamma del sud naif e perennemente fuoriluogo: «Dalle chat di classe prendo molto spunto, infatti nella mia mi temono, però c’è anche da dire che permettono di sentirsi un po’ meno soli. Una volta ogni famiglia era un po’ più a sé, invece oggi anche grazie alla parte buona dei social c’è più unione tra mamme, più solidarietà, si esorcizzano tanti problemi e fatiche».

Qual è la ricetta per sopravvivere ai gruppi delle mamme?

A volte sono veramente invivibili, vero? Sull’abuso delle chat ironizzo anche per sensibilizzare le persone al fatto che ci si rende ridicoli a essere (o mostrarsi) sempre come iperpresenti, iperprotettivi, iperorganizzati. Io nella vita vera in realtà lascio molto fare, Marco in particolare che è il più grande: nei video con Cammela scherzo molto sul momento dei compiti, ma io non ho mai fatto i compiti a Marco, lui sa che se ha bisogno ci sono, ma non entro mai nel merito. Da un lato le chat sono uno strumento utile perché creano unione, sono il luogo in cui una idea semplice e piccola può crescere fino a diventare una iniziativa concreta… Nel nostro gruppo è successo tante volte. Però ho visto anche come le chat possano creare situazioni tragiche, amplificare le piccole questioni dei bambini, creare il palcoscenico perfetto per i litigi tra mamme o trasformare un semplice diverbio di una mamma con un insegnante in un tribunale. La chat in questo è lo specchio della nostra società: vediamo continuamente cose piccole diventare problemi enormi, ingigantite dal fatto di essere state messe alla mercé di tutti, sovraccaricati dai giudizi di tutti.

Le chat delle mamme sono anche il luogo in cui un’idea semplice e piccola può crescere fino a diventare una iniziativa concreta… Nel nostro gruppo è successo tante volte. Però ho visto anche nascere situazioni tragiche

Chiara Anicito, attrice

È vero che i genitori oggi mettono bocca su qualsiasi cosa, che sono diventati i sindacalisti dei figli, che attaccano i docenti per tutto e per nulla. Però davvero la soluzione è “fuori i genitori dalla scuola”, come anche autorevoli professionisti hanno chiesto in questo inizio anno scolastico?

Da un certo punto di vista, capisco chi lo dice perché tante volte davvero stiamo prendendo un atteggiamento sbagliato nei confronti dei nostri figli, facciamo troppo “da filtro” tra i problemi e loro. Però io penso che “fuori i genitori dalla scuola” sia eccessivo. Credo che vada ridimensionato il protagonismo dei genitori nel senso che dobbiamo smettere di dare ai nostri figli il messaggio che tutti i loro problemi saranno risolti da mamma e papà. A 8/10 anni puoi benissimo cominciare ad essere responsabile delle tue cose, penso in particolare ai litigi tra compagni: a meno che si tratti di cose grosse, per esempio episodi di bullismo, trovo ridicolo che dei genitori intervengano nei litigi tra bambini. “Fuori i genitori dalla scuola” invece no, non sono d’accordo. Sui temi importanti come genitori bisogna essere dentro la scuola, tant’è che in passato sono stata anche rappresentante di classe. Quando scuola e genitori collaborano, la vita scolastica migliora.

Dobbiamo smettere di dare ai nostri figli il messaggio che tutti i loro problemi saranno risolti da mamma e papà. Però sul “fuori i genitori dalla scuola” no, non sono d’accordo. Bisogna essere dentro la scuola perché quando scuola e genitori collaborano, la vita scolastica migliora

Per esempio?

Qualche anno fa la scuola invitò tutti i genitori, uno alla volta, a raccontare ai bambini la propria professione. Il macellaio, l’artigiano, chi lavora sui social come me… È stato molto bello, i bambini hanno imparato tanto. A volte la scuola organizza anche serate su temi di pedagogia, con il contributo di esperti e psicologi: queste cose – utilissime –  di solito succedono perché ci sono dei genitori che si impegnano. I genitori possono essere delle belle risorse.


Come è nata Cammela?

È successo per caso. Il primo video l’ho registrato rispondendo a un audio che mio fratello aveva messo nella chat di famiglia. Ho messo un paio di occhiali, mi sono disegnata un neo ed è nata Cammela. Mia sorella ha messo il video nella sua chat di classe e dopo pochissimo aveva fatto il giro del paese. Allora ho fatto un altro video e l’ho caricato su YouTube: io ero una sconosciuta ma i numeri sono esplosi subito… Lì ho capito il potenziale. Cammela è una mamma molto ingenua, con uno sguardo quasi bambino, un po’ignorante. All’epoca ero rappresentate di classe e mi faceva ridere il fatto che alcune mamme mandassero audio lunghissimi oppure il fatto che ad una comunicazione ci fossero mamme che rispondevano con messaggi che non c’entravano niente. Ho pensato di far ridere per sdrammatizare, ma anche per aprire gli occhi alle persone. Ho iniziato con il gruppo delle mamme e poi iniziato a parlare di tutto quello che riguarda la vita dei genitori, con i figli ma anche nelle dinamiche tra marito e moglie. Adesso sto facendo questi contenuti che mettono a confronto il 1984 e il 2024, dove in modo ironico cerco di dare anche alcuni messaggi forti, per esempio sull’uso massiccio della tecnologia da parte dei bambini: io quando al ristorante vedo che ognuno guarda il suo schermo, bambini compresi, impazzisco.  Ecco, io non faccio polemica, te lo dico facendoti fare una risata. Guardo quello che mi succede attorno: ho le note del telefono che esplodono! Funziona. Funziona perché la gente si riconosce.

A maggio ha partecipato agli Stati Generali della Natalità e ha raccontato che al di là della soddisfazione professionale e della bellezza di riuscire a far sorridere le persone, una cosa che fa sempre bene, lei trova il senso di quello che fa nei tanti che le scrivono “grazie perché mi sento più normale e ho meno paura delle mie imperfezioni”. Questo del vivere la genitorialità come una questione di performance è un grandissimo tema. Tutti noi ci sentiamo schiacciati dalla competizione con uno standard ideale e irraggiungibile del “buon genitore”…

È vero, questo tema della perfezione ci sta avvelenando. Anche questo è un filone che ho sviluppato. Metto a confronto quello che si vede sui social e la realtà. Quelli che sui social mettono in mostra la casa perfetta, i figli perfetti, il marito perfetto, un corpo perfetto… ma poi quasi per tutti – direi anzi per tutti – la realtà è un’altra cosa. Lo faccio proprio per sottolineare questa distanza, per dire “non facciamoci ingannare, i social sono una finzione”. C’è gente che si demoralizza guardando sui sociale la vita degli altri: io non sono brava come quella, noi non siamo una famiglia perfetta come quell’altra… ma sui social ognuno di noi mette solo ciò che vuole far trasparire. In tanti, così, quando vedono i miei video mi dicono “mi sento meno sola”. Questa frase nei commenti torna spessissimo: “Meno male, pensavo che ero solo io… Pensavo che ero io sbagliata, che ero io cattiva, mi sento piò normale”. Ecco, quando leggo questi commenti mi fa piacere, perché la vita di tutti in realtà è piena di pregi e difetti… Di questo “concedersi la non perfezione” ho parlato un po’ di più nel mio libro. È vero che siamo sovraccaricati di stimoli e di aspettative, noi donne in particolare sentiamo perennemente di non riuscire a fare tutto quello che dovremmo o vorremmo e non bene come lo fanno le altre. Però bisogna anche lasciare un po’ andare: ci sono fasi in cui mi alleno e fasi in cui non ho tempo nemmeno di fare una camminata di 10 minuti, fasi in cui lavoro tantissimo e fasi in cui lascio perdere anche progetti importanti di lavoro perché ne va del benessere della mia famiglia. In passato mi è capitato di aver dato la precedenza a lavori che mi pareva di non poter perdere: sono stati i periodi più brutti della mia vita. Io per carattere sono una che fa, ma a volte si fa di più non facendo.

In tanti commentano i miei video dicendo “Meno male, pensavo che ero io sbagliata, che ero io cattiva, mi sento piò normale”. Quando leggo questi commenti mi fa piacere, perché la vita di tutti in realtà è piena di pregi e difetti… Dobbiamo “concederci la non perfezione”

Esposizione dei figli sui social. Grande tema, per tutti ma per un’influencer ancora di più. Lei che riflessioni ha fatto?

Io all’inizio ero molto rigida, non volevo nemmeno farli vedere. Però Marco, Sara e mio marito Francesco sono una parte fondamentale della mia vita e in questo mio raccontarmi – ma anche nel presentare alcuni contenuti che sento di voler affrontare – avrei dovuto censurarmi in tantissime cose se non avessi potuto mostrarli. Con mio marito ne abbiamo parlato tanto e ci siamo dati delle regole. La prima è che loro sanno sempre quando sono registrati, non ci sono mai telecamere nascoste che li riprendono a loro insaputa, sarebbe un inganno intollerabile. Vorrebbe dire privarli di una vita privata normale. Trovo inaccettabile che un bambino possa pensare “questa cosa non la dico perché magari mi stanno riprendendo”. Sembra che ci siano molto, ma in verità loro sono coinvolti una o due volte al mese per un’oretta: certo ci vuole tanta organizzazione prima e dietro. Quando tocca a loro, facciamo teatro insieme, in una situazione molto giocosa: è come se mettessimo in scenda dei giochi teatrali. Cerchiamo di usare anche quei momenti per fare famiglia. Sui social invece vedo pagine che mi spaventano, con bambini adultizzati che fanno tre video al giorno. Io ne faccio tre a settimana ed è il mio lavoro, non oso pensare che vita fanno questi bambini che ne fanno tre al giorno.

Ai ragazzi che sognano di fare gli youtuber o gli influencer, in una intervista ha detto: «Non appassionatevi del social in sé, il social è un mezzo ma non può essere una passione. Per avere successo sui social devi avere qualcosa di bello da dire, che non è il social, è altro». Il suo “bello” da dire qual è?

La mia passione è la recitazione in sé, io mi sono trasferita a Milano dalla Sicilia a 19 anni, ho studiato, ho iniziato a lavorare in teatro. Non ho mai pensato al web e ai video. Adesso ho scoperto un mondo, scrivo da sola, faccio i montaggi da sola, ma la mia passione resta la recitazione. Il bello da dire… è la mia famiglia. Per me la famiglia è importantissima, vengo da una mega-famiglia e questo ha lasciato molto l’impronta, Marco è arrivato che ero giovane, avevo 26 anni e avevo appena iniziato a farmi conoscere: in un primo istante mi sono spaventata e ho pensato “e adesso?”. E invece proprio perché sono mamma è arrivata l’intuizione di Cammela e la svolta nella mia carriera.

Chiara Anicito con il marito Francesco e i figli Marco e Sara

La narrazione della famiglia e dell’avere figli spesso è centrata sulle fatiche, le rinunce, le limitazioni, le preoccupazioni… Oppure al contrario sull’ostentazione dei figli come investimento e prolungamento di sé, quasi come dimostrazione della propria bravura. La bellezza dell’essere genitori anche imperfetti e la gioia che i figli danno restano un po’ sottotraccia nella narrazione prevalente. Lei sta contribuendo a cambiare la narrazione della famiglia. In che direzione?

Intanto raccontiamo la realtà di una famiglia che non è perfetta ma che prova a migliorarsi. Non è vero che la famiglia, essendo qualcosa di naturale, allora va sempre bene così come viene. Noi raccontiamo pezzetti della nostra vita. Non mi piace portare tristezza, questo no, per cui tutte le cose negative per il momento ho scelto di non raccontarle: come tutte le famiglie, anche noi abbiamo vissuto momenti di profonda tristezza ma non li abbiamo resi pubblici. Abbiamo avuto lutti pesanti, quando troverò il coraggio mi piacerebbe parlare di più del mio rapporto con la fede e con l’aldilà, ma in questo momento è prematuro parlarne sui social anche perché è molto distante da quello che ho fatto finora. Però ci sono alcune cose che mi hanno aiutato molto e mi piacerebbe poterle condividere, per aiutare altri.

Si parla di legge di bilancio e si torna a parlare di sgravi alle famiglie con figli. C’è chi ha titolato “Sgravi alle famiglie con figli, chi pagherà il conto? Quanto peserà su single, anziani e separati”, quasi costruendo una contrapposizione tra categorie…

Lo trovo brutto. E mi ferisce un po’. Potremmo ricordare a chi lo ha scritto che è anche lui un figlio. Perché, l’anziano non fa parte di una famiglia? I separati non hanno figli da mantenere? Chi oggi è single, domani non potrebbe avere un figlio? Aiutare le famiglie con figli oggi è una cosa fondamentale perché le famiglie con figli in tante cose sono lasciate assolutamente sole.  

Foto da ufficio stampa

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.