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Abu Ghraib: la missione era di “guantanamizzare”

Lo denuncia il generale Janis Karpinski, rimosso dall'incarico di responsabile di Abu Ghraib e di altri 15 carceri in Iraq in seguito alla diffusione della notizia delle sevizie

di Paolo Manzo

Lo scorso settembre, Saddam Hussein ancora a piede libero, la parola d’ordine in Iraq era quella di ”Guantanamizzare” gli interrogatori, ovvero di estrarre da alcuni detenuti il maggior numero di informazioni possibile ricorrendo ai metodi seguiti nell’enclave cubana in cui sono stati rinchiusi i ”combattenti illegali”, come vengono definiti negli Stati Uniti i presunti esponenti di al Qaeda e del regime dei Taleban. Lo denuncia il generale Janis Karpinski, l’alto ufficiale rimosso dall’incarico di responsabile di Abu Ghraib e di altri 15 carceri in Iraq in seguito alla diffusione della notizia delle sevizie, sostituita in Iraq proprio dal generale Miller, che allora comandante a Guantanamo, fu inviato in Iraq per una missione speciale. Secondo quanto Karpinski spiega al Washington Times, fu lui a consigliare la concentrazione degli interrogatori da parte dell’intelligence militare ad Abu Ghraib. Fu quindi cosi’ che nei raggi ”1A” e ”1B” del carcere furono rinchiusi i presunti esponenti della resistenza, i cosiddetti ”detenuti di sicurezza”. ”Voleva tutti i gruppi di persone che conducevano questi interrogatori in un unico sito” -ha aggiunto Karpinski precisando che il numero dei presunti insorti detenuti, un misto di ex baatisti, ex funzionari dell’intelligence di Saddam, e criminali comuni passati alla resistenza, e’ fra le sette e le ottomila persone. Il generale denuncia inoltre come il 19 novembre scorso il comando di Abu Ghraib era stato trasferito da un esponente della sua polizia militare a uno dell’intelligence. ”Avevano messo una gran pressione su di loro per ottenere altre informazioni. Il Problema era che a Guantanamo poteva contare su 800 unita’ di polizia militare per 600 prigionieri, e noi ne avevamo 130 per 8mila detenuti”. ”Le divisioni di combattimento erano piu’ energiche nel condurre raid. Volevano avere in mano elementi di intelligence utili per le loro azioni”. Coloro che si riteneva fossero in possesso di informazioni sui lealisti venivano trasferiti ai reparti 1A e 1B. ”Volevano separare il grano dall’oglio”. Gli interrogatori, spiega, venivano condotti ogni giorno. Idetenuti venivano interrogati da gruppi di tre persone, un ufficiale della 205esima brigata dell’intelligence militare dell’esercito, un traduttore civile ”privato” e il rappresentante di un’altra agenzia del governo, della Cia o dell’Agenzia di intelligence della difesa o del comando investigativo dell’esercito.


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