Giustizia

Ddl sicurezza, lo scandalo dei neonati in carcere

L'aula della Camera ha approvato l'art. 15 del decreto che rende facoltativo e non più obbligatorio il rinvio della pena per le donne in gravidanza e le madri con i figli sotto l’anno. Gonnella (Antigone): «È solo una norma propagandistica. Si crea un vulnus intollerabile dal sistema giuridico, socio-sanitario e pedagogico per il minore»

di Ilaria Dioguardi

Con 163 voti favorevoli, 116 contrari e due astenuti è stato approvato l’articolo 15 del decreto sicurezza: per le donne incinte e per le madri con figli entro l’anno di età, non è più obbligatorio il rinvio della pena ma facoltativo.

Sono stati bocciati gli emendamenti delle opposizioni, è stato approvato quello dei relatori che prevede che «entro il 31 ottobre di ciascun anno il Governo presenta al Parlamento una relazione sulla attuazione delle misure cautelari e dell’esecuzione delle pene non pecuniarie nei confronti delle donne incinte e delle madri di prole di età inferiore a tre anni». Una delle critiche più ribadite dalle opposizioni è che «la relazione è già prevista».

La norma in questione è solo una norma propagandistica che non tiene conto delle statistiche e della realtà effettiva e fa parte di un pacchetto di misure repressive che ignorano le conseguenze per la salute delle donne e dei bambini

«L’art. 146 del Codice penale prevede il rinvio obbligatorio della pena detentiva nel caso di una donna incinta o di una madre di un bambino di età inferiore a un anno», dice Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. «L’interesse superiore del minore è, in tutta evidenza, di vivere fuori dal carcere e non è necessaria una valutazione individuale per stabilirlo. Dal primo al terzo anno di vita del bambino, la decisione di differire o meno la pena viene lasciata alla valutazione del giudice. Il nuovo articolo elimina il rinvio obbligatorio della pena creando così un vulnus intollerabile dal sistema giuridico, socio-sanitario e pedagogico per il minore».


Nel caso di una donna incinta «la nuova disposizione è in netto contrasto con quanto previsto dalle regole penitenziarie europee, secondo le quali le detenute devono essere autorizzate a partorire fuori dal carcere. La criminalità femminile, in Italia, è caratterizzata da un’offensività nettamente inferiore rispetto a quella maschile». Secondo Nodo alla gola. XX Rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione, al 31 marzo 2024 erano 61.049 le persone detenute, le donne erano 2.619, il 4,3% dei presenti. «I dati dimostrano che le donne tendono a commettere reati meno gravi e sono caratterizzate da marginalità ed esclusione sociale in misura maggiore rispetto agli uomini».

La nuova disposizione è pensata, nonché pubblicamente raccontata, come norma anti-rom

La norma in questione è solo una norma propagandistica che non tiene conto delle statistiche e della realtà effettiva e fa parte di un pacchetto di misure repressive che ignorano le conseguenze per la salute delle donne e dei bambini», continua Gonnella.

«La nuova disposizione è pensata, nonché pubblicamente raccontata, come norma anti-rom, partendo dal pregiudizio che le donne rom sono tutte dedite al furto e che scelgono la maternità per sottrarsi alla carcerazione. In realtà i numeri delle donne rom in carcere sono così bassi, poche decine, da scardinare ogni pregiudizio».

Nella foto di apertura, di Luca Pasqualini per Agenzia Sintesi, un’immagine del carcere femminile di Rovigo.

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