Volontariato

I Ds a scuola dai volontari

"Ho proposto che i funzionari di partito vadano a scuola dalle associazioni di volontariato. Intervista a Livia Turco.

di Ettore Colombo

Livia Turco, nata a Morozzo, che sta in provincia di Cuneo, nel 1955, è ?donna e madre?, come ci tiene a ricordare, famiglia umile e carriera politica importante (all?interno del Pci prima, del Pds-Ds poi), è stata ed è molte cose, all?interno del suo partito e nell?Ulivo (parlamentare, dirigente, ministro, oggi responsabile Welfare e mente delle principali iniziative e idee sociali per l?intera opposizione), ma per Vita è soprattutto un?amica. Non lo diciamo noi, lo dice lei, che arriva a sostiene che le farebbe più male un attacco da parte di Vita che da parte de L?Unità (“Con L?Unità sta nel gioco delle parti, ma Vita per me è qualcosa che ti richiama all?ordine, dà senso a quello che fai, è un amicizia vera”). La vita di Livia Turco, invece di essere divisa in due, è riassunta in un unicum: la politica e il sociale sono per lei due facce della stessa medaglia anche nel vissuto quotidiano. Severa ed elegante nel vestirsi come nel portamento, la incontriamo in una sala della Camera dei Deputati mentre sta per presentare un?interrogazione prima di partire per un giro elettorale. Se le chiedi come deve essere la politica, ti risponde “utile” più che scaldare i cuori, perché per lei questo vuol dire misurarsi costantemente con i valori in cui crede, e ti fa l?elogio del ?riformismo?, termine – dice – “che ho imparato ad apprezzare affrontando i temi della disabilità e dell?immigrazione, quando ho misurato la differenza tra la propaganda e la soluzione dei problemi”. Far bene il proprio lavoro per la Turco vuol dire metterci “determinazione, passione, competenze”, ma soprattutto mantenere costante la coerenza tra il dire e il fare.

Vita: Cosa faceva Livia Turco dieci anni fa?
Livia Turco: Ero ?responsabile donne? nel mio partito, parlamentare e – fatto curioso – molto tempo prima della nascita dello stesso Ulivo ho anticipato il centrosinistra ?al governo?. Grazie alla nomina del governo Dini, infatti, ero diventata presidente della commissione nazionale Pari opportunità, una delle esperienze più belle che mi è capitato di fare. Fu decisiva, in quel caso, la solidarietà tra donne, un vero e proprio ?patto trasversale? che nacque dall?alleanza tra Rosa Russo Iervolino, le donne del mio partito e la Rossi Gasparini, presidente di Federcasalinghe. Insomma, a Palazzo Chigi mi portarono le donne di centro! Un?esperienza importante e formativa, che ha inciso molto, nella mia attività futura, perché è stata una vera attività istituzionale ?di scambio? tra culture politiche diverse dove bisognava occuparsi di provvedimenti, certo, ma anche di principi. Questi erano diversi (sull?idea di famiglia, sull?aborto) ma il lavoro comune era improntato a una grande laicità e praticità. Mi è rimasta da allora una grande curiosità per il dialogo e l?attitudine a una sana cultura di governo ma soprattutto l?idea che ?gli altri? non sono necessariamente dei nemici, qualcuno da cui ti devi per forza di cose differenziare, donne di An comprese.

Vita: Il Pds-Ds invece che cammino ha fatto, da allora? E il retaggio della cultura del Pci pesa ancora?
Turco: Io sono una che ha talmente partecipato e amato il partito che non riesco a misurare la bontà di un processo politico sulla base della presa di distanza dalla storia del Pci. Il tema era ed è un altro: l?innovazione di cultura politica necessaria per ricollocare la sinistra nello scenario internazionale, cioè l?ancoraggio vero, forte, al socialismo europeo e la capacità di costruire fino in fondo una democrazia dell?alternanza. Oggi dare senso ai valori di eguaglianza, equità, valore del lavoro è un?impresa enorme rispetto alla quale bisogna navigare in mare aperto, attingendo al sapere che c?è, invece che al passato che c?era. Questo è lo sforzo che dobbiamo fare e dove vedo siamo ancora inadeguati: c?è bisogno di pensiero, di pensiero politico e di pensieri lunghi, cioè di una dimensione politica che supera le contingenze. Ho sempre sofferto una dimensione della politica che ti costringe (non per scelta ma per necessità) a lavorare solo sull?emergenza, facendo mancare quelli che sono i due tempi della politica, quello della battaglia quotidiana e quello della progettazione. Io mi auguro che la vita politica italiana diventi sempre più ?normale?, il che vuol dire trovare il tempo per la pacatezza, il confronto, la discussione, non una continua lotta politica condotta perennemente come sull?orlo del precipizio.

Vita: Rimedi per ovviare a questa logica ?emergenziale? della politica?
Turco: Il problema è sempre lo stesso, come innovare una pratica politica. Rispetto alla tradizione del grande partito di massa, quando la mia federazione, quella di Torino, straboccava di funzionari (erano 40 ed oggi sono tre), abbiamo superato la fase peggiore e siamo tornati a essere presenti sul territorio. Una settimana fa i Ds hanno organizzato la prima assemblea nazionale dei segretari di sezione, un momento bello e importante del fare politica: lì hanno parlato in tanti con freschezza e originalità, soprattutto donne, e alcuni segretari raccontavano di corsi d?inglese, di volontariato, per gli anziani. Non ovunque è così, certo, ma il punto è proprio questo, come reinventare una politica popolare. Manca soprattutto la pratica politica – anche se bisogna fare sempre, come dicevo prima, anche pensiero e formazione – e cioè la possibilità di capire come un partito può essere ?utile? alla società, come si passa dalla politica del dire alla politica del fare. Mi faccio queste domande anche in qualità di responsabile Welfare del mio partito: ecco perché voglio organizzare, in autunno, una grande iniziativa in cui porterò i segretari di sezione del mio partito ?a scuola? dal volontariato. Li voglio mettere cioè nelle condizioni di farci raccontare da chi sul territorio opera (sulle tossicodipendenze come sulla povertà) ?come si fa?. Come si fa a essere utili. Ecco perché abbiamo già lanciato l?idea delle Case dei diritti sociali, cioè di Unioni territoriali dei Ds che fanno cose concrete per i cittadini. La nostra azione politica non può limitarsi a manifesti, volantini, cortei, anche leggi, deve saper fare. Ecco perché bisogna andare a scuola da chi già fa.

Vita: L?esperienza di governo che l?ha vista protagonista aiuta oggi alla costruzione del nuovo Ulivo?
Turco: Io sono molto affezionata all?esperienza di governo e proprio venire da un partito come il Pci mi ha insegnato che le istituzioni vengono prima di tutto: quando ho fatto il ministro è stato sempre così. Tutta la mia esperienza di governo comunque l?ho fatta nel segno della contaminazione, specie nel governo Prodi: la sfida era l?idea di lavorare assieme sulla base dei contenuti, come una squadra. Magari ero favorita dall?estrazione cattolica, ma la collaborazione con i Popolari è stata davvero eccellente. Che non vuol dire affatto rinunciare all?identità: non costruisci il nuovo se tagli le radici. La sfida che vedo oggi nell?Ulivo è questa: come mettere a disposizione la propria famiglia per costruire una famiglia più grande, senza dimenticare quella di provenienza. Che non è l?idea del condominio, dove bastano regole minime di convivenza, o quella del multiculturalismo, che si limita alla giustapposizione delle diversità e non alla loro contaminazione, ma un dialogo vero. Diciamo che Romano Prodi ci ha preso un po? per i capelli anche perché eravamo sull?orlo del precipizio dopo anni di opposizione in cui abbiamo dato una pessima prova di noi stessi dal punto di vista della costruzione dell?Ulivo. Rischiavamo di andare alle elezioni europee con il massimo di concorrenza tra di noi, dimenticando che il tema è l?Europa e le tante cose che ci uniscono nel merito. L?iniziativa di Prodi, pur calata dall?alto, ci ha obbligati all?unità. Credo molto nella costruzione della lista unitaria anche per contrastare il populismo e l?antipolitica attuali, credo in soggetti politici radicati, forti, ispirati ai principi di giustizia e solidarietà delle grandi tradizioni politiche del nostro Paese, quella cattolica e quella di sinistra, a una politica popolare e partecipata che dia la possibilità di ?contare di più? a tutti i cittadini. Un?opportunità che anche il mondo dell?associazionismo e del volontariato deve saper cogliere: se vuole contare deve sapere che non conta nulla se dall?altra parte c?è il leaderismo e l?antipolitica.

Vita: Sulla pace, in vista delle elezioni, si troverà una nuova sintonia tra centrosinistra e movimenti?
Turco: Su questo tema bisogna essere molto coerenti e molto seri. I punti di riferimento fondamentali della questione sono: la guerra era sbagliata, è necessario che in Iraq ci sia un cambio radicale di politica. Il che vuol dire dar vita a un governo multipolare dove è fondamentale un ruolo attivo (politico e militare) dell?Onu e avviare un processo di pacificazione in quel Paese. Per far questo bisogna rompere l?unilateralismo americano. Se non ci sono queste condizioni, non si può restare in Iraq. L?iniziativa di Zapatero è importante soprattutto perché ha messo in risalto gli intoppi nel trasferimento di sovranità all?Onu. è stato un atto politico che ha obbligato tutti a ricollocarsi. Certo, andava raccordata con gli altri Paesi europei, ma ha avuto il merito di svelare le difficoltà che ci sono per arrivare a una vera svolta in Iraq. Su questa linea credo che si troverà un accordo con il movimento della pace, almeno con la sua grande maggioranza, come nel giudizio sulla politica estera italiana.

Vita: Un giudizio secco sulle politiche sociali del governo.
Turco: Giudico atti gravissimi: la Bossi-Fini (sulla quale oggi i fatti – sentenze della Corte costituzionale comprese – ci danno ragione), la legge sulle tossicodipendenze, che non hanno nemmeno avuto ancora il coraggio di presentare, e la legge Burani-Procaccini sulla salute mentale. Ma il segno principale dell?azione di questo governo è nella sciatteria e nell?abbandono delle politiche sociali, che sono tornare a essere briciole della politica, dando su di esse un messaggio di miseria alla gente.

Vita: I Ds rilanciano un impegno a tutto campo, a partire dalla legge sulla famiglia. Pentiti?
Turco: è una proposta molto importante, questa, perché viaggia su due binari nuovi anche rispetto al nostro passato: la prima è che la famiglia è soggetto, capitale sociale, parametro delle politiche economiche e sociali. Dunque, non solo non vanno bene gli spot per le famiglie o le manovre propagandistiche, ma non servono più neanche solo le politiche settoriali. Bisogna cioè passare dalle leggi di settore al parametro famiglia per l?intera azione politica e di governo. Anche lo strumento individuato è molto importante: prima della sessione di bilancio bisogna definire il sostegno alle responsabilità familiari come un atto di programmazione e un atto che vincola risorse. E se politiche per la famiglia vuol dire politiche sociali, politiche fiscali, politiche abitative, eccetera, bisogna inserire il parametro famiglia in tutte le politiche di governo vincolando risorse. Questa è una grande innovazione, per i Ds e anche per la nostra passata azione di governo. L?altro elemento di innovazione è cercare di riprendere l?idea guida di un ?welfare delle capacità?, di un welfare, cioè, che non si basa solo sulle prestazioni che tu dai ma sulle capacità che solleciti in ciascuna persona. Vuol dire sollecitare la capacità relazionale, i legami, significa pensare la cittadinanza non come elenco di diritti ma come il contributo che ciascuno può dare alla comunità, dove ognuno dà il meglio di sé.

Vita: Cosa vuole dire al mondo del Terzo settore e del volontariato che si ritroverà questo weekend a Civitas?
Turco: Ho visto questo mondo assumere un grande ruolo e una grande influenza nella società, incidere molto nella legislazione e nella politica ma perdere un po? la sua capacità profetica. Forse è bene che si reimmerga in una dimensione più profonda, che partecipi magari meno a troppi tavoli (lo dico anche a scapito del mio ruolo) ma sappia inchiodare e sfidare la politica sui valori di fondo, avendo più fiducia in se stesso e facendosi valere di più nella propria autenticità. Rispetto alle ripartizioni classiche dove l?impresa sociale deve competere con il mercato facendo valere i principi di solidarietà e dove il volontariato è azione gratuita, il nuovo traguardo, anche legislativo, è definire il concetto di ?attività?. C?è il lavoro remunerato, il lavoro che sta sul mercato e ha una finalità sociale, c?è l?azione gratuita, e poi c?è una dimensione che diventa strategica, specialmente guardando al grande patrimonio costituito dagli anziani. Ecco perché bisogna inventarsi questa grande, nuova dimensione, quella dell?attività. Anche perché il ?prendersi cura? deve diventare un?etica condivisa. Il nuovo sentimento di comunità che c?è tra la gente va colto: la grande sfida che deve lanciare il volontariato è di coinvolgere, conquistare, costruire un grande esercito nel nome del ?mi prendo cura? e riuscire a far diventare questa non un?idea del volontario ma una dimensione della cittadinanza.

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