Welfare
Acli: dedichiamo il primo maggio ai lavoratori aticipici
La proposta lanciata oggi a Civitas in occasione della presentazione della ricerca dell'Iref dedicata ai "flessibilizzati"
1° maggio dedicato ai lavoratori atipici, ai flessibili, ma soprattutto ai “flessibilizzati”. Lo chiedono le Acli alla vigilia della Festa del Lavoro, in occasione della presentazione dell’indagine Iref-Censis che descrive la realtà di chi subisce le nuove condizioni del mercato del lavoro: i “flessibilizzati”, circa mezzo milione di giovani “atipici”. L’indagine sull’universo dei lavoratori atipici, distinti appunto in “flessibili” e “flessibilizzati” (quelli, cioè, che riescono a gestire la flessibilità e quelli che invece la subiscono) è stata presentata a Padova, in occasione di Civitas 2004. I dati dell’indagine – unitamente ad una serie di saggi – sono contenuti nell’ultima pubblicazione dell’ IREF, Istituto di Ricerche Educative e Formative fondato dalle ACLI: “Una vita tanti lavori. L’Italia degli “atipici” tra vulnerabilità sociale, reti familiari e auto-imprenditorialità”, volume edito da Franco Angeli e presentato nell’occasione dal presidente delle Acli, Luigi Bobba, e dal direttore di “Corriere Lavoro”, Walter Passerini. La ricerca analizza un campione rappresentativo a livello nazionale di 1000 lavoratori atipici tra i 18 e i 40 anni, segnalando una vistosa divaricazione nelle condizioni di lavoro e di vita tra una maggioranza di giovani “flessibilizzati” (il 49,8%) e una minoranza privilegiata (29,9%) di lavoratori “flessibili”. In termini assoluti, su più di un milione di giovani atipici presenti oggi in Italia, circa mezzo milione sono da stimarsi i “flessibilizzati” a fronte di 300mila lavoratori “flessibili”. La fisionomia dei lavoratori “flessibilizzati” è caraterizzata da un profilo di grave precarietà. Accettano qualsiasi mansione lavorativa (78,8%), non pongono problemi di natura contrattuale (70,6%), si rendono disponibili a qualsiasi richiesta del datore di lavoro, sacrificando all’occorrenza il proprio tempo libero (74,7%), accettano retribuzioni molto spesso al di sotto della media (66,9%), non riuscendo ad accantonare così nessuna quota di risparmio (72%). Altro status professionale quello “flessibili” caratterizzati da una posizione lavorativa ad alta professionalità (40%) e che riescono spesso a lavorare con più committenti (35,9%); investono nella formazione continua (51,3%), rimanendo costantemente informati su quanto avviene nel mondo del lavoro (43,7%); soprattutto, il livello del loro compenso consente loro di accantonare una quota di risparmio superiore al 10% del reddito (34,1%). Sulla base dei dati della ricerca, le Acli indicano tre priorità per restituire le necessarie garanzie a chi sperimenta, subendone spesso le criticità, i “nuovi lavori”: formazione, pensione e famiglia. “Il diritto alla formazione è oggi il nome nuovo del diritto al lavoro – afferma il presidente Luigi Bobba – La principale difesa per il lavoratore è il patrimonio di conoscenza, esperienza e capacità relazionale acquisito durante il percorso formativo e lavorativo. Ma questo percorso non è garantito per tutti, rimane accessibile a pochi privilegiati. Per questo le Acli hanno presentato una proposta di legge, attualmente in Commissione lavoro alla Camera, sul riconoscimento, sostegno e promozione dei diritti individuali di formazione”. La seconda priorità riguarda la garanzia di una copertura assicurativa per i lavoratori atipici, la certezza di una pensione dignitosa per il futuro. Le Acli sollecitano – contestualmente ad altre misure complementari – la costituzione di un “conto individuale di sicurezza sociale”: una forma di aiuto economico erogato a quei lavoratori intermittenti che rischiano di non raggiungere le soglie minime di retribuzione necessarie per far maturare requisiti pensionistici accettabili Infine, la terza urgenza: ridisegnare il welfare finalmente e decisamente intorno alla famiglia. La ricerca sugli atipici ha infatti dimostrato che le criticità dei nuovi lavori (instabilità, discontinuità nei pagamenti, basse retribuzioni) costituiscono un vincolo praticamente insuperabile alla costituzione di nuovi nuclei familiari ed un peso difficilmente sopportabile per le famiglie già costituite.
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