Ci vuole un fisico bestiale per percorrere 100 chilometri a nuoto in 30 ore. Senza soste, da Tertenia a Cagliari. E ci vuole un cuore grande così, in tutti i sensi. Gabriele Catta ha tutto ciò che serve, soprattutto motivazioni importanti e un’umiltà che non ti aspetti in un giovane di 22 anni. Cagliaritano, studente universitario, non è nuovo a imprese del genere. Imprese che pochissimi riescono a compiere e che hanno una forte connotazione sociale. È lui stesso a riavvolgere il nastro e parlarcene.
Gabriele, intanto congratulazioni. Come hai passato la notte dopo questa infinita traversata a nuoto? Hai riposato bene?
In verità, no. Non solo per l’adrenalina che avevo ancora in corpo, e per la febbre da sforzo fisico, ma anche per alcuni problemi alle mucose causati dal sale dell’acqua marina. Li avevo messi nel conto, occorreranno cinque o sei giorni per superarli.
Da quanto tempo ti dedichi a queste performance?
Mi è sempre piaciuto mettermi in discussione. Sono sempre stato un grandissimo appassionato di sport, ho praticato nuoto agonistico e tennis, ho partecipato a un Giro di Sardegna in bicicletta. Tre anni fa ho pensato di sollevare un po’ l’asticella e mi sono misurato in competizioni che ho legato alla raccolta fondi a favore di iniziative nel sociale. Come quelle condotte dalla Fondazione Airc, l’Associazione per la ricerca sul cancro.
Da che cosa nasce questa decisione?
Mio nonno materno, Gino Mascia, era un medico di Monserrato molto conosciuto e apprezzato. Poco prima che nascessi, gli diagnosticarono la leucemia, contro la quale ha lottato strenuamente per oltre vent’anni, sottoponendosi anche a terapie sperimentali che avevano pesanti effetti collaterali. Eravamo molto legati, passavamo insieme parecchio tempo. Così, un giorno, ho pensato di unire l’utile al dilettevole: affiancare a queste prove sportive, che sono animate da qualcosa di puro, la ricerca di fondi per malattie come i tumori che riguardano milioni di persone. Mi sono detto: perché non fare qualcosa per loro? Mio nonno Gino fu entusiasta della mia idea. Purtroppo ci ha lasciati nell’aprile 2023, ecco perché questo record italiano sui 100 km lo dedico a lui. E a tutti quelli che mi hanno sostenuto.
Nel passato recente, hai corso 21 maratone in 21 giorni. E hai fatto una traversata a nuoto di 50 km. Le cose semplici non ti piacciono…
È un modo per testare le mie capacità di resistenza. In precedenza, in pochi si sono cimentati sulla lunghezza dei 100 km senza sosta, in mare aperto, senza muta e dispositivi galleggianti (ciambelle, boette, ecc.) e senza poter toccare la barca o salire su di essa. Sì, è stata molto, molto impegnativa. Più di quanto immaginassi. Avevo anche la corrente a sfavore.
Che cosa è passato per la tua testa in quelle lunghissime ore, mentre le bracciate si ripetevano all’infinito?
Ho provato un’infinità di sensazioni. Soprattutto nelle ore notturne, quando era buio profondo e a tratti perdevo l’orientamento. Ho cercato di distrarmi in mille modi, per esempio immaginando le sequenze di alcuni film. Avevo pensato di rilassarmi ascoltando un po’ di musica trasmessa dalle barche appoggio, ma non è stato possibile perché non riuscivo a sentire quasi nulla di ciò che accadeva attorno a me. Per motivarmi, ho immaginato l’arrivo al porticciolo di Marina Piccola, accanto alla spiaggia del Poetto. Ho pensato più volte a mio nonno, e questo mi ha dato la carica soprattutto quando mi stavo concentrando più sul tempo trascorso che sull’obiettivo principale. Il mio allenatore, Marco Cara, a un certo punto mi ha spronato e suggerito di concentrarmi soltanto sul significato di ciò che stavo facendo. Questa è stata la scossa decisiva, mi ha fatto superare i momenti più difficili, il freddo, le allucinazioni. Non è stato facile saltare le ore di sonno.
Non ti sei fatto sopraffare dallo scoramento e hai superato alla grande la prova. Quando sei arrivato a Marina Piccola, c’era una piccola folla ad attenderti.
Mio padre Andrea e la mia fidanzata, Alessia, mi hanno seguito da una barca insieme ad alcuni compagni e amici. Mia mamma, Caterina, ha preferito aspettare all’arrivo in porto. Ho trovato anche Corrado Sorrentino (uno sportivo molto noto in Sardegna, per i suoi trascorsi agonistici nel nuoto e nella pallanuoto, ma anche per il giro della Sardegna a nuoto compiuto in memoria della figlia Amelia, scomparsa nel 2018 a soli 7 anni a causa di una malattia rara, ndr). Quando sono salito sul molo, sono scoppiato in lacrime. Non me l’aspettavo, era la prima volta che mi accadeva: ho provato un tumulto di emozioni difficili da controllare. La stanchezza ha fatto il resto.
Hai ricevuto anche il saluto del presidente del Consiglio comunale di Cagliari, Marco Benucci, il quale ti ha donato una pergamena ricordo che, tra l’altro, recita così: “(…) Col suo gesto ha incarnato i valori più alti di solidarietà e spirito di comunità, ispirando con il suo esempio l’intera cittadinanza”.
Mi ha fatto molto piacere, naturalmente. Anche se, per me che sono riservato di carattere, tutte quelle attenzioni mi hanno creato un po’ di imbarazzo. Ero provato. E mi sono ricordato delle traversie che mi avevano fatto rimandare questa prova in tante occasioni precedenti. Sono felice di esserci riuscito.
Questa esperienza ti fornisce lo spunto per la tua prossima tesi?
L’anno scorso, per la laurea triennale, ho parlato delle mie 21 maratone. Per la magistrale credo proprio che racconterò che cosa significa, dal punto di vista psicofisico, una prova del genere. Ma, al di là dell’aspetto meramente sportivo, sono fondamentali altri due aspetti: da una parte il desiderio di aiutare la ricerca e di impegnarmi nel sociale, nel mio piccolo; dall’altra, la necessità di ricordare a tutti che niente è impossibile e che non bisogna arrendersi. Mai.
Da come ti porgi, emerge la tua determinazione ma anche una certa timidezza di fondo.
Uno dei valori in cui credo maggiormente è l’umiltà, che nello sport e nella vita mi accompagna sempre. I miei amici me lo ricordano, di tanto in tanto: mi dicono di restare sempre umile, di mantenere i piedi per terra nonostante questi successi. Spero che tanti altri giovani colgano il messaggio di fondo: impegnatevi nel sociale, aiutate chi ha necessità di aiuto, non siate egoisti. Ognuno nell’ambito delle sue competenze e capacità.
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