Fisco

Tetto al 5 per mille: quei 7mila bambini che continueranno ad avere fame

Oltre 7mila bambini potrebbero essere salvati dalla malnutrizione con i 387mila euro del 5 per mille che Medici senza frontiere non riceverà per effetto del tetto. Continua il viaggio di VITA per capire in cosa si tradurrebbero, concretamente, quelle risorse in meno che lo Stato tratterrà dal 5 per mille destinato dagli italiani

di Rossana Certini

Il 5 per mille 2023 ha fatto registrare un record di firme, con 17,2 milioni di italiani che hanno scelto di destinare una parte della loro Irpef per sostenere realtà impegnate in attività sociali. Con queste firme hanno destinato quasi 553 milioni di euro, sforando di quasi 28 milioni il tetto fissato dal Governo per il 5 per mille. Il ricalcolo dell’importo assegnato ha generato alcune situazioni paradossali, con enti che vedono crescere le firme ma diminuire gli importi assegnati. Mai come quest’anno il meccanismo del tetto comporta un tradimento del patto fra lo Stato e i cittadini. Che cosa significa, concretamente, quel ricalcolo? Che cosa si potrebbe fare con quelle risorse che gli italiani hanno destinato ma che in realtà non arriveranno? Un’inchiesta che mostra quanto sia ormai necessario alzare il tetto del 5 per mille, anzi toglierlo del tutto.

Oltre 7mila bambini in più potrebbero essere salvati dalla malnutrizione, se fossero erogati a Medici senza frontiere – Msf tutti i fondi destinati dagli italiani con le firme del 5 per mille. Infatti, secondo l’analisi curata da Nicola Bedogni per il Quaderno di Assif dedicato al 5 per mille, la cifra destinata dai contribuenti nel 2023 all’organizzazione ammonterebbe a 7.652.317 euro ma ne saranno erogati solo 7.265.273. La ragione di questa riduzione di circa 387mila euro è da ricercarsi nel ricalcolo proporzionale degli importi da erogare a ogni beneficiario, fatto dall’Agenzia delle Entrate per riportare la cifra complessiva entro il tetto di 525 milioni messo dal Governo per il 5 per mille.

«Calcolare quanti bambini potremmo salvare con la cifra che non ci sarà erogata è molto semplice», spiega Letizia Galli, responsabile raccolta fondi Msf, «con 50 euro riusciamo a garantire, in un anno, un trattamento salva vita completo a un bambino malnutrito, per esempio in Nigeria. Se dividiamo la cifra che non riceveremo per il costo unitario del trattamento salvavita otteniamo il numero di bambini che si potrebbero salvare». Ma questo, prosegue, «è solo un esempio. Medici senza frontiere è operativo, anche, in tutte le zone in cui ci sono dei conflitti, da Gaza al Sudan, dove servono, per esempio, kit chirurgici. Con 50mila euro si possono fornire 40 kit chirurgici per interventi addominali. I fondi potrebbero essere utilizzati anche per aumentare il numero dei progetti finanziati oppure per curare più persone all’interno dei progetti già attivati».

Naser Hospital, Ibb city, Yemen (Foto ©Medici senza frontiera)

Forniture ospedaliere, kit rifugi impermeabili interventi a sostegno di mamme e bambini

Ogni giorno Medici senza frontiere cura con imparzialità, indipendenza e neutralità migliaia di persone in tutto il mondo colpite da conflitti, epidemie, catastrofi naturali o escluse dall’assistenza sanitaria. Con i fondi 5 per mille ricevuti lo scorso anno l’organizzazione ha finanziato cinque progetti di medio e lungo termine in tutto il mondo. Uno a Maiduguri, in Nigeria, dove ha sede un centro per la cura della malnutrizione; un altro progetto ha dato sostegno all’ospedale di Mokha, nello Yemen; il terzo intervento ha sostenuto le cure materno infantili a Niono, in Mali; altri fondi sono stati investiti per curare e prevenire efficacemente la malaria a Bolivar, in Venezuela e, infine, in Afghanistan è stato sostenuto l’ospedale traumatologico di Kunduz.

«Medici senza frontiere è lì dove le condizioni sanitarie peggiorano drasticamente, il bisogno di farmaci salvavita aumenta e l’accesso alle cure diventa difficile», prosegue Galli: «oggi siamo presenti in oltre 70 Paesi dalla Striscia di Gaza all’Ucraina fino al Sudan dove, da aprile 2023, è in corso una guerra tra l’esercito sudanese e le Forze di supporto rapido. Quest’ultimo è un conflitto di cui si parla poco anche se ci sono più di 10 milioni di persone sfollate che ora vivono in campi improvvisati senza acqua e servizi igienici. Il sistema sanitario è collassato, mancano forniture ospedaliere e personale. La malnutrizione tra donne incinte e bambini è in forte aumento. In questi contesti di guerra con 25mila euro riusciamo a fornire kit per rifugi impermeabili a mille famiglie».

Emergency response in Mocha (Foto ©Athmar Mohammed/Msf)

Per ogni euro raccolto, Medici senza frontiere ne destina il 79% ai progetti e alla sensibilizzazione, il 18% alle spese sostenute per la raccolta fondi e il 3% per quelle di gestione dell’organizzazione.

Come spiega Letizia Galli: «la trasparenza per noi è tutto, chi ci sostiene sa sempre come investiamo i fondi raccolti». Proprio in nome della trasparenza Medici senza frontiere da molti anni chiede al Governo, oltre all’abolizione del tetto, anche di sapere chi sceglie di destinare il 5 per mille all’organizzazione, perché «conoscere le anagrafiche dei donatori ci aiuterebbe a indirizzare con più precisione le nostre comunicazioni. Certo c’è un problema di privacy che comprendiamo, ma basterebbe lasciare la scelta al donatore che può decidere se fornire o no i suoi dati».

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In apertura Kunduz Trauma Center (Foto ©Nava Jamshidi)

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