Millimetri d'Italia

Aree interne, i numeri della grande depressione

di Francesco Dente

Tutte le cifre della desertificazione dei piccoli paesi sempre meno serviti dai servizi essenziali e sempre più vittime dello spopolamento (vanno via anche gli immigrati) e dell'invecchiamento demografico

La buona notizia è che nelle zone ultraperiferiche del Mezzogiorno la speranza di vita è più elevata che nel resto d’Italia. Gli anziani che vivono nei paesini in cui c’è un clima sano, tutti conoscono tutti e il cibo è a chilometro zero, campano meglio e a lungo. Ma è l’unica buona notizia. Se si guardano gli altri indicatori demografici delle Aree interne del Belpaese c’è da mettersi le mani nei capelli. Calo delle nascite, aumento dei flussi in uscita, crescita degli espatri, fuga dei giovani laureati, processi di invecchiamento più rapidi e intensi. A metterlo nero è su bianco è l’Istat nel report La demografia delle aree interne: dinamiche recenti e prospettive future che prende in esame l’andamento della popolazione nel periodo 2002-2023 nei piccoli Comuni (suddivisi in Intermedi, Periferici e Ultraperiferici). Cittadine e borghi caratterizzati da scarsa accessibilità ai servizi essenziali che si oppongono ai Centri (a loro volta distinti in Poli, Poli intercomunali, Comuni di Cintura) dotati, al contrario, di infrastrutture che garantiscono i servizi essenziali nei settori salute, istruzione e mobilità. VITA ha commentato i dati con il professor Gianfranco Viesti, economista dell’università di Bari, alfiere della battaglia contro l’autonomia differenziata (che ha ribattezzato la “secessione dei ricchi”) e autore nel 2021 del volume Centri e periferie. Europa, Italia, Mezzogiorno dal XX al XXI secolo per i tipi di Laterza. 

Il declino demografico delle Aree interne è maggiore rispetto ai Centri urbani

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