Famiglia

Italiafrica. Anche Adolfo Urso aderisce. “Dico bravo Veltroni. Ma ora investiamo”

Il vice ministro delle Attività produttive invita al mea culpa: "L’Europa ha prestato attenzione alla crescita di una sola parte del mondo, l’Asia".

di Ettore Colombo

Il viceministro per il Commercio estero, Adolfo Urso – un vero?liberal?, dentro An – ha deciso di prendere carta e penna e di scrivere a Walter Veltroni, promotore della manifestazione Italiafrica. Per dirgli, più o meno, “bravo, è quello che ci vuole”. Non male, considerando che Veltroni è l?ex segretario dei Ds e l?iniziativa Italiafrica poteva apparire a Urso ?marchiata? politicamente. Ma Urso condivide in pieno lo spirito dell?iniziativa. “L?Africa va considerata tutta assieme”, dice. E aggiunge: “Quel continente va considerato soggetto d?iniziativa politica, economica e sociale, non catino di aiuti a pioggia né serbatoio di minaccia per le nostre coste. Aiutiamolo a ritrovare fiducia”. Il viceministro ci mette del suo perché tra i molti viaggi che organizza con gli imprenditori italiani ha un vero e proprio ?piano Africa?, in ufficio. E non pensava di tenerselo chiuso nel cassetto. Vita: Perché stare dalla parte dell?Africa? Adolfo Urso: Perché l?Africa è il buco nero della globalizzazione e perché quel continente paga il prezzo più caro di benefici ottenuti da altri, come l?Asia. Non sono contro alla politica di cooperazione allo sviluppo, sia chiaro, ma questa non basta più, nei confronti dell?Africa, un continente che va considerato come un vero e unico soggetto politico, sociale ed economico, in una logica di sviluppo mondiale. Insomma, se volessimo usare uno slogan direi “Meno aiuti, più investimenti”. I doni servono a poco mentre serve una sana cooperazione industriale. Penso soprattutto all?Africa subsahariana, cui si sono rivolte in particolare le attenzioni del governo e mie con viaggi e missioni. Di fronte a una crescita inferiore alle potenzialità non ci si rende contro troppo spesso delle opportunità sociali ed economiche che quei Paesi offrono, anche considerando il solo punto di vista imprenditoriale. Godono di risorse immense, ad esempio nel sottosuolo, ma serve loro il know how. Vita: Può fare degli esempi? Urso: Penso al Sud Africa, che sta trainando l?Africa meridionale, a realtà in crescita come il Senegal e Capo Verde con insediamenti turistici molto importanti e che visiterò a maggio; alle missioni previste a luglio in Nigeria e Angola, Paesi che recentemente si sono aperti al mercato e agli investimenti, importanti non solo per le riserve energetiche e di materie prime ma anche come piattaforme produttive. E una particolare attenzione va posta anche verso due Paesi che fino a qualche tempo fa erano chiusi al commercio internazionale come la Libia e il Sudan. Tre anni fa l?Ice (l?Istituto per il commercio estero) era presente solo in Sud Africa e aveva chiuso tutti i suoi uffici nel resto del continente. Abbiamo presentato un progetto di riorganizzazione delle sue strutture denominato ?Sportello Italia?: opereranno all?interno delle ambasciate utilizzando al meglio proprio la rete diplomatica. Antenne importanti nasceranno anche in Kenya e Mozambico. Vita: Si dice che il governo faccia poco… Urso: Non è vero. Ci siamo impegnati per sbloccare l?accordo sui farmaci salvavita, durante la presidenza di turno dell?Unione europea, dopo l?impasse registrato a Cancun, e ci siamo riusciti, anche se non è ancora utilizzato. Abbiamo lavorato sul fronte della cancellazione del debito e sull?abbattimento dei dazi alle esportazioni. Certo è che l?Africa deve tornare al centro dell?agenda dell?Unione europea e dell?Occidente. Abbiamo prestato attenzione alla crescita di una parte sola del mondo, l?Asia. L?impresa italiana, con la sua molla etica, ci può aiutare a impiantare attività imprenditoriali che offrano know how. Più che portare il pesce o imparare loro a pescare, dobbiamo insegnare a trasformare il pescato in industria del pesce. Invece di portare le sardine in scatola, lasciarle lì e andar via subito.


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