Economia

In Ciad per scoprire la missione di medico

Un giovane chirurgo milanese è partito con l’associazione Acra per l’Africa (di Matteo Cioffi).

di Redazione

Piero Bruni, 31 anni, chirurgo all?ultimo anno di specializzazione all?università di Milano, ha scoperto per la prima volta cosa significava essere N?Gueramadje, colui che aiuta, a Goundi, un villaggio del Ciad.
Piero ha sempre pensato che certe esperienze devono essere vissute in prima persona per poterle realmente capire. Così, quando l?occasione di realizzare un lungo sogno si è presentata, non ha avuto esitazione: l?Acra cercava medici volontari da affiancare alla missione di sacerdoti gesuiti in Ciad. L?organizzazione, nata nel 1968 da un gruppo di volontari spinti dal desiderio di promuovere un impegno laico a favore dei Paesi del Sud del mondo, si prefigge lo scopo di migliorare le condizioni di salute della popolazione locale, cercando di garantire la qualità dell?assistenza sanitaria.
Lo scorso dicembre, a Bruni è bastato il tempo di riempire di medicinali due zaini da 20 chili, fare in fretta e furia le pratiche per ottenere il visto e preparare una valigia di vestiti, e l?avventura è cominciata. “Ospitato all?interno della missione di Goundi, la mia giornata tipo seguiva un cliché molto rigido: sveglia alle sei della mattina, rapida colazione e poi dritto in ospedale fino a tarda notte”, racconta. L?impatto iniziale con la realtà africana non è stato semplice. “I primi giorni”, prosegue, “sono stati molto duri per una persona come me, abituata alla realtà degli ospedali italiani. La popolazione è inizialmente sospettosa con gli stranieri. La fiducia bisogna conquistarsela, dimostrando di essere lì con l?unico scopo di aiutarli. Dopo una settimana la gente del posto mi riconosceva in giro per le strade, i bambini si avvicinavano e mi tiravano affettuosamente il camice. Gli adulti mi salutavano e mi chiamavano a gran voce con quel soprannome bellissimo, N?Gueramadje. Tutto ciò mi inorgogliva e mi riempiva di gioia. Sapere di essere stimato da questa gente mi ha aiutato a fare sempre meglio”.
Il Ciad è un Paese malato e la sua popolazione vive da sempre in uno stato di emergenza sanitaria. Il tasso di mortalità infantile è del 3,1%, mentre l?aspettativa di vita non supera i 45 anni. Le condizioni igienico sanitarie in alcune parti del Paese sono pessime. La malaria miete in media 20mila vittime ogni anno, con un tasso di mortalità del 7%, di cui la metà sono bambini. L?Aids è un flagello che ha contagiato il 15% della popolazione. “In ospedale capitava di dover curare un malato terminale di cancro e subito dopo correre in sala parto per affiancare l?ostetrica di turno”, spiega Bruni. “Ho dovuto mettere a frutto tutto quello che avevo appreso negli anni degli studi universitari. Mi sono confrontato con malattie di cui avevo solo sentito parlare. Questa situazione mi ha permesso di crescere molto dal punto di vista professionale. Ho curato molta gente, ma ho anche imparato tantissime cose del mio lavoro che in Italia non ho mai avuto occasione di sperimentare”.
Un?esperienza importante che gli ha lasciato molti ricordi personali: “Mi sono affezionato alla gente del posto perché mi ha trasmesso una gioia immensa di vivere, anche se la malattia è vista come elemento costante nella loro vita”. Per Bruni l?esperienza in Ciad con Acra è stata una svolta umana e un punto di partenza. “Mi sono già ricandidato per nuove missioni da volontario”.

Matteo Cioffi

Acra, associazione di cooperazione rurale in Africa e America Latina, ha sede a Milano in via Breda 54,
tel. 02.27000291.
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