Attivismo
Sorpresa volontariato: meno adulti, più adolescenti
Nell’ultimo biennio l'impegno nel volontariato è calato sia tra la popolazione generale, dall’8,3% del 2022 al 7,8% del 2023, che soprattutto tra i neomaggiorenni,-3 punti nello stesso periodo. Ma gli adolescenti mostrano segnali in controtendenza. La quota di 14-17enni che ha svolto attività gratuite in questo tipo di associazioni è infatti passata dal 3,9% del 2021 al 6,4% del 2022, fino a sfiorare il 7% nel 2023
di Redazione
Dopo la crisi della partecipazione sociale in fase Covid, alcuni segnali mostrano un aumento dell’impegno degli adolescenti nel volontariato. La quota di 14-17enni che ha svolto attività gratuite in questo tipo di associazioni è infatti passata dal 3,9% del 2021 al 6,4% del 2022, fino a sfiorare il 7% nel 2023.
«Un dato interessante», sottolinea Openpolis, «anche perché appare in parziale controtendenza rispetto al resto della popolazione. Anche rispetto a ragazze e ragazzi appena maggiorenni, quindi poco più grandi».
«Il 12 agosto», ricorda la fondazione, «ricorrerà la giornata internazionale della gioventù. Un’occasione per fare il punto sul ruolo dei giovani nella società come agenti di cambiamento. Nei mesi scorsi, anche nell’ambito della campagna “Non sono emergenza”, abbiamo avuto modo di analizzare come i dati smentiscano molti dei luoghi comuni che abbondano nel dibattito sulle giovani generazioni. Se è indubbio che vi siano segnali di malessere e disagio, le competenze e la vitalità di ragazze e ragazzi restano senza dubbio il patrimonio più importante a disposizione del paese per il suo miglioramento e la sua crescita. Non solo per le energie di cui sono naturalmente portatori, ma anche per il punto di vista nuovo che sono in grado di offrire nelle attività di tutti i giorni, nello studio, nel lavoro e nel sociale. In questo approfondimento, facciamo il punto su un aspetto specifico: la partecipazione in associazioni di volontariato, attraverso il contributo gratuito alle loro attività».
Come varia la partecipazione nel volontariato
Rispetto all’ultimo anno prima del Covid, il contributo della popolazione in associazioni di volontariato è diminuito in modo diffuso. Tuttavia, mentre l’impegno nell’ultimo biennio è calato sia tra la popolazione generale (dall’8,3% del 2022 al 7,8% del 2023) che soprattutto tra i neomaggiorenni (-3 punti nello stesso periodo), gli adolescenti mostrano segnali in controtendenza.
La quota di 14-17enni che ha svolto attività gratuite in associazioni di volontariato è infatti passata dal 3,9% del 2021 al 6,4% del 2022, fino a raggiungere il 6,8% nel 2023. Anche se la situazione pre-Covid non è ancora recuperata e soprattutto si tratta di rilevazioni campionarie, da interpretare quindi con grande cautela, è interessante osservare un dato in controtendenza per i più giovani.
Il contributo della popolazione nel volontariato, tra prima e dopo il Covid
Le differenze peraltro non sono solo generazionali. Vi sono infatti dei divari anche territoriali nella partecipazione ad attività sociali e di volontariato. Non è disponibile una disaggregazione per età, ma in media nel 2023 hanno prestato attività gratuite in associazioni di volontariato il 16% dei residenti in Trentino Alto Adige e il 10,1% dei friulani. Nonché quasi un abitante su 10 in Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte. Al contrario, la partecipazione nel volontariato scende al 5,6% in Calabria, al 4,8% in Campania e al 4,6% in Sicilia.
«Simili differenze», spiega Open Polis, «dipendono anche dalla diversa diffusione di soggetti attivi in questi ambiti, a partire da organizzazioni e istituzioni non profit. Un aspetto da non sottovalutare, visto che è anche dal capitale sociale disponibile sul territorio che derivano le possibilità di crescita per le comunità che vi abitano».
Il volontariato sul territorio e la diffusione di istituzioni non profit
In Italia nel 2020 sono risultate attive, in media, 612 istituzioni non profit ogni 100mila abitanti. Un rapporto che supera quota mille in regioni come Valle d’Aosta (1150 per 100mila residenti) e Trentino-Alto Adige (1148) e si avvicina a questa soglia in Friuli-Venezia Giulia (912). Seguono, con oltre 700 organizzazioni non profit ogni 100mila abitanti, 3 regioni del centro Italia, Umbria (832), Marche (765) e Toscana (758), nonché Liguria (732), Sardegna (720) e Piemonte (704). La dotazione di questo tipo di organizzazioni sul territorio risulta molto inferiore in grandi regioni del Mezzogiorno come Calabria (548), Puglia (489), Sicilia (470) e Campania (396).
Questi divari territoriali emergono anche scendendo a livello locale, comune per comune. Nel confronto tra i capoluoghi, spiccano Sondrio e Gorizia (con oltre 1.500 istituzioni non profit ogni 100mila residenti), seguite da Pordenone (poco sotto tale soglia con 1475,7).
In generale, nelle prime 20 posizioni, i capoluoghi del centro-nord sono 15. Altri 4 si trovano nelle isole, specialmente in Sardegna: Oristano (1315,3), Enna (1293,8), Cagliari (1165,1) e Nuoro (1154,2). Una sola città del sud continentale (Potenza, 1273) occupa le prime 20 posizioni.
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