Parola d'ordine prevenzione

Eliminare 14 fattori di rischio per evitare il 45% dei casi di demenza

Secondo la stima della Commissione sulla demenza, i casi attribuibili a fattori di rischio modificabili sono aumentati dal 40% del 2020 al 45%. Bisogna agire a livello sia individuale sia di politiche nazionali e puntare anche sui fattori protettivi

di Nicla Panciera

Decidere di evitare 14 fattori di rischio modificabili, a partire dall’infanzia e continuando a farlo per tutta la vita, potrebbe prevenire o ritardare quasi la metà dei casi di demenza, nonostante l’aumento della longevità nel mondo e, quindi, il fatto che il numero di persone affette da demenza sia destinato ad aumentare drammaticamente in tutti i paesi. A scriverlo è la Lancet Commission sulla prevenzione, l’intervento e la cura della demenza, che ha di recente aggiornato il proprio rapporto del 2020 nel quale individuava già 12 fattori di rischio modificabili, aggiungendo ora due nuovi fattori. Infatti, il rapporto 2024 segnala nuove prove convincenti che anche la perdita della vista non trattata e un elevato livello di colesterolo LDL, il colesterolo cattivo, sono fattori di rischio per la demenza. In questo modo, si eleva al 45% – erano il 40% nel 2020 – il totale dei casi che sarebbero evitabili eliminando tali fattori.

I 12 fattori di rischio già individuati sono: bassa istruzione, ipertensione, problemi di udito, fumo, obesità di mezza età, depressione, inattività fisica, diabete, isolamento sociale, consumo eccessivo di alcol, traumi cranici e inquinamento atmosferico. 

La Commissione fornisce anche una stima del peso dei due nuovi fattori di rischio complessivamente associati al 9% di tutti i casi di demenza: il 7% dei casi è attribuibile al colesterolo “cattivo”, responsabile di un aumentato del rischio cardiovascolare, in particolare a livelli elevati nella mezza età a partire dai 40 anni circa, e il 2% dei casi è attribuibile alla perdita della vista non trattata in età avanzata. Volendo fare una classifica tra tutti i fattori di rischio, quelli di maggior peso nella fase centrale della vita sono i problemi di udito e il colesterolo LDL elevato, ciascuno responsabile del 7% dei casi, insieme a una minore istruzione nei primi anni di vita e all’isolamento sociale in età avanzata (5% ciascuno).

Di seguito, il grafico con il rischio costituito dai singoli fattori nel corso della vita di una persona:

Livingston G, Huntley J, Liu KY, et al. Dementia prevention, intervention, and care: 2024 report of the Lancet standing Commission. The Lancet 2024

Non è mai troppo presto e non è mai troppo tardi per prestare attenzione alla raccomandazioni di prevenzione basate sulle evidenze. Tuttavia, a ogni paese, i suoi rischi: «Il rischio relativo dei vari fattori, a guardarli individualmente uno per uno, varia sulla base dei singoli paesi: in quelli molto poveri, ad esempio, la bassa istruzione conta moltissimo» spiega Mauro Colombo, ricercatore volontario in gerontologia clinica presso la Fondazione Golgi Cenci di Abbiategrasso e già responsabile di UOS in riabilitazione all’Istituto geriatrico Golgi di Abbiategrasso. «Da noi, nei paesi ricchi, sono i fattori in area metabolica e cardiovascolare a essere all’origine del maggior numero di casi non solo di demenze di origine vascolare ma anche neurodegenerative».

L’aggiornamento della Commissione, riportando le nuove evidenze acquisite sulla demenza, enfatizza i fattori modificabili che possono essere oggetti di studi clinici e fornisce indicazioni per gli interventi di sanità pubblica. «Il  rapporto evidenzia il doppio livello di intervento, quello individuale e quello di politiche pubbliche» commenta Colombo che, di fronte alle crescenti evidenze sull’evitabilità delle demenze aggiunge: «Non prendere sul serio la prevenzione e adottare stili di vita scorretti è indice di grande menefreghismo perché è un dovere non solo verso sé stessi, ma anche gli altri e il sistema sanitario». Dopodiché, sottolinea il geriatra, «più l’età avanza, più i singoli fattori di rischio hanno un diverso peso morbigeno e diventa importante, quindi, guardare a interventi multicomponenti dal fattore protettivo».

I fattori protettivi


La riserva cognitiva, la riserva affettiva e lo stile di vita attuale sono i tre aspetti che maggiormente correlano con un invecchiamento resiliente, secondo uno studio longitudinale tutto italiano appena pubblicato su The Journals of Gerontology B che, prendendo in considerazione 440 anziani ultraottantenni senza demenza seguiti per degli anni, è giunto alla definizione di un «fenotipo resiliente». Il team guidato da Elena Rolandi, coordinatrice del Laboratorio di Neuropsicologia presso la Fondazione Golgi Cenci, ha valutato gli anziani di Abbiategrasso reclutati nel progetto InveCe.Ab, acronimo per Cerebral Aging in Abbiategrasso,sostenuto dalla Federazione Alzheimer Italia, che si propone di conoscere gli effetti dell’invecchiamento sulle funzioni cerebrali e valutare l’incidenza, la prevalenza e la storia naturale della demenza, inclusi i possibili fattori di rischio biologici e psicosociali. Indagini cliniche, di laboratorio, cognitive e fisiche ogni due anni hanno portato all’individuazione di tre fattori associati a una traiettoria di invecchiamento resiliente, definito dagli autori come assenza di deterioramento cognitivo e di malattie psichiatriche e autonomia funzionale, ovvero la capacità di svolgere le attività quotidiane di base spesso indicate come Adl (dall’inglese Activities of Daily Living) di cura e igiene della persona oltre alla mobilità funzionale. «Eventuali patologie presenti nell’anziano possono inficiarne le prestazioni ma non impedire il mantenimento della resilienza così definita» puntualizza Colombo, tra gli autori dello studio. «La riserva cognitiva si alimenta leggendo, tenendosi occupati mentalmente con varie attività e quella affettiva dipende dai tratti caratteriali come l’estroversione e la fiducia verso gli altri. Lo stile di vita include lo svolgimento di attività piacevoli, attività fisica, i contatti sociali e la dieta». Il team è ora al lavoro per analizzare più in dettaglio i dati estrapolando fattori predittivi delle diverse traiettorie di invecchiamento, grazie anche ai finanziamenti della Serpero Foundation.

L’alimentazione è tra i fattori oggetto di studi e di evidenze crescenti anche per la Commissione Lancet, che ne evidenzia il ruolo nel ridurre il rischio di infiammazione generale e di altre malattie che influenzano il rischio di demenza (ne avevamo parlato con Antonio Guaita, geriatra e direttore della Fondazione Golgi Cenci qui.)

Le raccomandazioni

La Commissione propone anche alcune raccomandazioni, tra cui:

  • Fornire a tutti i bambini un’istruzione di buona qualità e mantenersi cognitivamente attivi nella mezza età.
  • Rendere disponibili gli apparecchi acustici a tutti coloro che soffrono di ipoacusia e ridurre l’esposizione al rumore dannoso.
  • Rilevare e trattare livelli elevati di colesterolo LDL nella mezza età a partire dai 40 anni circa.
  • Rendere lo screening e il trattamento dei disturbi della vista accessibili a tutti.
  • Trattare la depressione in modo efficace.
  • Indossare caschi e protezioni per la testa negli sport di contatto e in bicicletta per evitare i traumi cranici.
  • Dare priorità ad ambienti comunitari e alloggi di sostegno per aumentare il contatto sociale.
  • Ridurre l’esposizione all’inquinamento atmosferico attraverso rigorose politiche sull’aria pulita.
  • Ampliare le misure per ridurre il fumo, come il controllo dei prezzi, l’innalzamento dell’età minima per l’acquisto e il divieto di fumo.
  • Ridurre il contenuto di zucchero e sale negli alimenti venduti nei negozi e nei ristoranti.

Il costo del menefreghismo

Chi, in nome di una presunta libertà individuale, non si cura della propria salute attraverso la riduzione del rischio, dovrebbe sapere che è un dovere. Una stima del risparmio per le casse pubbliche viene pubblicato in un altro studio su The Lancet Healthy Longevity che ha modellato l’impatto economico dell’attuazione di alcune di queste raccomandazioni, utilizzando l’Inghilterra come esempio. Ne emerge che l’utilizzo a livello di popolazione di interventi di efficacia nota per affrontare i fattori di rischio della demenza quali l’uso eccessivo di alcol, i traumi e lesioni cerebrali, l’inquinamento atmosferico, il fumo, l’obesità e l’ipertensione potrebbe consentire di risparmiare oltre 4 miliardi di sterline e oltre 70mila di Qaly, acronimo per quality adjusted life year, dove un QALY equivale a un anno di vita in perfetta salute.

Foto del Centre for Ageing Better Uk su Unsplash

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