Finanza & fake

Piersilvio, Jaki e i furbetti dei bitcoin

Instagram assaltata da pubblicità in cui industriali e finanzieri promuovono piattaforme per la vendita della moneta virtuale. Falsi grossolani confezionati senza paura di violare le leggi e che puntano all'idea malata e magica di finanza ancora viva in Italia, residuo dei boom borsistici dei decenni scorsi. Ma il contagio arriva anche ai giovanissimi. Basterà l'educazione finanziaria a difenderci?

di Giampaolo Cerri

Il Piersilvio nazionale, al secolo Berlusconi, doppiato un’improbabile deep fake realizzata con Ai di quart’ordine (vedi sotto, ndr), invita a sottoscrivere, per modici 250 euro, una piattaforma di trading per bitcoin. Accade su Instagram. I pirati della truffa facile sono i soliti: registrano profili a più non posso, in pochi giorni, e poi bombardano le timeline con inserzioni sponsorizzate.

Sono falsi grossolani ma che, nel tempo, paiono affinarsi sempre più, da Paese Acchiappacitrulli, avrebbe detto il Collodi. Soprattutto cresce la loro sfrontatezza nello sfidare le leggi nazionali dalle loro sedi collocate dall’altra parte del pianeta.

Il fake di Piersilvio Berlusconi circolato su Instagram

I signori dei bitcoin non hanno timore a rispettare il diritto all’immagine, i marchi, il diritto d’autore: se clicchi per approfondire il bislacco messaggio in un italiano improbabile – “il padre ha detto”, “il padre ha fatto” – ma quando aggiusteranno questo che succederà? – approdi in un altro sito esterno, griffato RaiPlay, dove Giovanna Botteri avvalora la bontà della scommessa elettronica di Berlusconi jr che ovviamente promette di arricchire tutti, oppure in una finta pagina del Sole 24 Ore in cui il truffatore retoricamente chiede «se l’opportunità sia vero o non sia la solita truffa». Un Magritte del fake, insomma.

Da Renzo Rosso a Mara Venier

Basta cliccare una volta che, grazie all’algoritmo magico di casa Meta – Mark Zuckerberg non c’era e se c’era dormiva – ti compaiono a stretto giro Flavio Briatore che invita al medesimo business, da solo o in accoppiata con Renzo “Diesel” Rosso, stavolta senza il ricorso al doppiaggio, oppure appare la storia, scritta, di una pseudo gag fra Alessandro Sallusti e Mara Venier, che avrebbero parlato di quattrini in tv, col coup de theatre del giornalista che scarica la piattaforma di cui sopra sullo smartphone della reginetta di Domenica In, rivelandole il segreto della sua vita da nababbo.

Di oggi l’invasione dell’accoppiata cugina Andrea Agnelli e Jaki Elkann i quali, assicura il post sponsorizzato, hanno approntato una piattaforma finanziaria dalle uova d’oro nota solo a due italiani su cento. Altri personaggi di queste pantomime sono il finanziere-ballerino Gianluca Vacchi ed Elon Musk ma il campionario potrebbe continuare: il social più modaiolo che ci sia, Instagram, ribolle di queste gabole a ogni angolo.

Fra indignazione e ironia

Timbrato il nostro cartellino di indignazione e dispensata anche qualche risata, possiamo forse fare qualche riflessione aggiuntiva, sul perché questo tipo di finanza sfidi le leggi e la decenza per lanciare messaggi grossolani ma senza risparmio di mezzi.

La vicenda è infatti perfetta per documentare quale idea di finanza circoli, seppure all’ingrosso, in questo Paese: una concezione che sta fra il pensiero magico – 250 euro investiti ne restituiscono, a stretto giro, 5mila – e l’ansia predatoria, di chi ritiene che l’arricchimento sia cosa facilissima, basta conoscerne la formula.

Vero è che se queste organizzazioni mettono il ramo italiano dei sociali nel mirino, fiduciosi che la raffinatezza dell’algoritmo li conduca alle menti più idonee, c’è stato uno studio o quantomeno una valutazione che il Bel Paese sia una terra in cui questo tipo di furbizie covano nell’animo di molti o comunque di un numero sufficiente da giustificare l’investimento.

Da dove nasce questa idea di finanza?


E qui, aldilà della nota di colore, una riflessione andrà pur fatta: da dove viene questa visione della finanza come Eldorado alla portata di ogni scopritore? Da dove nasce questo approccio da gaming spinto più che da investimento competente e responsabile, da scommessa più che da allocazione ragionata delle proprie risorse?

Forse molta responsabilità ce l’ha la finanza stessa e la stampa che l’ha celebrata, a cominciare dai boom borsistici di fine anni ’80, con la gente assiepata davanti ai monitor del Radiocor che le banche avevano dovuto accostare alle vetrine per consentire al popolo degli investitori di seguire la chiusura di Piazza Affari. Gli anni in cui il quotidiano della sinistra come si deve, la Repubblica di Eugenio Scalfari, regalava le schedine del Portfolio, gioco a premi per seguire le performance delle blue chips, praticamente un Fantacalcio antemarcia.

Il boom dei Giorgio Medella e dei fratelli Canavesio

La stagione in cui giganteggiarono telefinanzieri alla Giorgio Medella e sedicenti maghi dei rendimenti come i fratelli Canavesio, gli uni e gli altri associati alla fine alle patri galere.

E lo stesso pathos percorse un altro boom di Borsa, quello di fine anni ’90, guidato dai titoli tecnologici, con le azioni Tiscali, che volavano da un giorno all’altro, per cui qualsiasi improbabile start-up veniva riempita d’oro, tipo la Freedomland di Virgilio Degiovanni, il signor Millionaire.

Insomma, se c’è più di una generazione di italiani pronta a cliccare pavlovianamente questa mondezza in salsa social è perché gli riattiva il fremito di stagioni dell’oro sognate. O fatte sognare.

E la colpa di questo sconcio ce l’abbiamo un po’ tutti ma sicuramente e di più, in relazione al loro ruolo, anche Berlusconi jr, Agnelli, Elkann, Briatore, Rosso e Vacchi, pur essendone le prime vittime.

La risposta dell’educazione finanziaria

Il problema è che, come per un’eredità genetica, ci sono torme di ragazzini, poco più che adolescenti, sempre più interessati ai bitcoin e alle sirene dell’arricchimento facile. Basteranno i corsi di educazione finanziaria che, per fortuna, si fanno sempre di più nelle scuole (anche grazie al contributo delle Banche di credito cooperativo e di qualche fondazione di origine bancaria), ad arginare il fenomeno?

Sicuramente intorno al danaro e al suo utilizzo, alla finanza e alle sue logiche, serve un grande lavoro culturale ed educativo. Nel suo piccolo VITA contribuisce con la newsletter settimanale ProdurreBene che compie in questi giorni un anno.

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