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“Poesie” di Bonhoeffer, parole di speranza in un tempo disperato

Dieci “miniature” che secondo Lidia Maggi aiutano a comprendere «l’interezza di questo gigante del ’900». Il teologo tedesco ucciso dai nazisti nel campo di Flossenbürg le cui opere poetiche sono pubblicate da Marietti1820 è per Enzo Bianchi quello che più ha influito nella sua formazione. Le poesie sono state scritte in prigionia a Tegel a Berlino

di Fabrizio Floris

Nelle Poesie  Dietrich Bonhoeffer (Marietti1820) mostra come spiega Lidia Maggi un ulteriore aspetto della vita del pastore luterano e «ci permette di recuperare l’interezza di questo uomo: teologo, profeta, martire e anche poeta». Sono dieci piccole miniature che ci aiutano a comprendere «l’interezza di questo gigante del ’900 che ha qualcosa da dire in ogni stagione: sentire il profumo di questo fiordaliso anche nell’assenza». Sono poesie attraverso le quali Bonhoeffer nel tempo della prigionia si rivolge alle persone della sua vita. 

La copertina del libro

Il monaco Enzo Bianchi racconta che teologicamente e spiritualmente Bonhoeffer è il teologo che ha più influito nella sua formazione. «Nel 1964 ricevetti in dono il libro di Bonhoeffer Sequela, fu un fulmine nella mia vita spirituale e di cui ci sono molte tracce nella regola della comunità di Bose. Se nell’antichità il grande padre della chiesa è stato San Basilio nei tempi più recenti c’è Bonhoeffer. Siamo tutti semplicemente dei pellegrini sia se siamo cristiani, sia non cristiani, c’è una solidarietà umana, quella che il papa chiama fraternità/sororità e che nella poesia Bonhoeffer chiama amicizia come il fiordaliso che cresce tra il grano». 

Sono tutte poesie, spiega lo storico Alberto Melloni, che Bonhoeffer ha scritto durante la sua prigionia nel carcere di Tegel a Berlino. Prima era a New York, frequentava anche le chiese battiste, poteva starsene tranquillamente lì durante il tempo del nazismo, ma decide di ritornare in Germania per solidarizzare con il destino del suo Paese e della sua chiesa. Accusa Hitler di essere una figura diabolica di seduttore: nel 1933, in una trasmissione radiofonica, giocando sull’assonanza dei due termini tedeschi, definisce Hitler non un “Fürher” (condottiero) ma un “Verfürher” (seduttore). Successivamente aderisce alla congiura per assassinare Hitler che lo portò prima in carcere e poi all’impiccagione. 

Le sbarre del conformismo di tutti noi

«Leggere Bonhoeffer non lascia intatto nessuno, lotta con il testo biblico e con quello che il testo biblico chiede (Dio non porta a compimento tutti i nostri desideri, bensì tutte le sue promesse). Noi non sperimentiamo la galera, ma la nostra prigione sono le sbarre di conformismo, siamo di fronte anche noi al dilemma del tempo, c’è un tempo in cui si fa ancora in tempo a fare delle cose e c’è un tempo in cui non si fa più in tempo di fare delle cose diverse da quelle che stanno accadendo». 

Ognuno di noi, conclude Enzo Bianchi, come Bonhoeffer nella poesia La morte di Mosè si deve esercitare a vedere l’invisibile, a vedere la terra promessa da lontano. «Stare nel mondo come se Dio non ci fosse, ma nella coscienza di stare anche davanti a Dio. La fede è questo abbandonarci a Dio, sapendo che Dio non è a disposizione, che non interviene ora, che è come se non ci fosse. Tocca a noi. Abbiamo una responsabilità e dobbiamo prendercela».

In tempi dove la parola è gridata, frettolosa, chiacchierata, queste poesie ci permettono di stare nel silenzio degli spazi bianchi, ci aiutano a cercare la speranza anche in questo tempo un po’ disperato.

In apertura Photo by Marc-Olivier Jodoin on Unsplash


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