Mondo

Governi, usate il nostro metodo

Intervista a Daniel Levy, israeliano.

di Carlotta Jesi

Rischiava di sprofondare nella paura di nuovi attentati generata dall?uccisione di Ahmed Yassin, il capo spirituale di Hamas. Invece il 23 marzo, 24 ore dopo la morte dello sceicco, l?Accordo di Ginevra ha debuttato online in tutto Israele. Con un interactive rally demonstration: “Un sito web, pubblicizzato da radio e media locali, cui chiunque poteva connettersi per dichiarare il suo sostegno al piano di pace che la società civile israeliana e quella palestinese hanno siglato a Ginevra il primo dicembre 2003”, spiega Daniel Levy, l?ex consulente per gli Affari interni del primo ministro israeliano Barak, che è stato uno degli estensori dell?Accordo e che ora si occupa di promuoverlo, anche in momenti difficili come il dopo Yassin. Momenti in cui a manifestare su Internet per il piano di pace, che riconosce la creazione di uno Stato palestinese e il ritiro di Israele entro i confini del 1967, sono state comunque oltre 150mila persone. Con i sondaggi del quotidiano israeliano Ha?aretz che parla di un?opinione pubblica sempre più favorevole all?accordo: dal 31% registrato a dicembre del 2003, si è passati al 40%. Vita: A cinque mesi dalla presentazione dell?Accordo, basta questa percentuale per decretarne il successo? Daniel Levy: Nessuno, tra noi negoziatori, ha mai pensato che l?Accordo di Ginevra potesse cambiare le cose, portando la pace dal giorno alla notte. Eppure finora ha avuto un grande impatto su tre livelli. Il primo è quello locale: prima che lo presentassimo, in Israele non c?era dibattito. Il governo non aveva un piano alternativo per la pace, e la gente, o i media, non gliene chiedevano conto. Il tutto perché sembrava che, da parte palestinese, non ci fosse alcun partner credibile con cui dialogare. La firma dell?Accordo ha dimostrato che un partner esiste, che ha un nome e un cognome e che è disposto a negoziare. Il governo è stato obbligato a rispondere e ora l?opinione pubblica lo incalza: non ti piace l?Accordo di Ginevra? Ok. Ma che alternativa proponi? Senza l?Accordo, oggi in Israele non si starebbe a discutere sulle modalità con cui ritirarsi da Gaza. La gente non si chiederebbe se farlo in maniera unilaterale, come vuole Sharon, o negoziando con i palestinesi, come suggeriamo noi. Vita: Gli altri livelli dove è possibile misurare l?impatto dell?Accordo quali sono? Levy: Uno è quello internazionale: l?Europa e gli Stati Uniti avevano iniziato a considerare il conflitto in Medio Oriente come irrisolvibile, noi abbiamo dimostrato che, da entrambe le parti, ci sono persone con cui trattare. Il terzo livello è forse quello più importante e su cui ci auguriamo di avere un impatto a lungo termine: fare dell?Accordo di Ginevra uno strumento educativo oltre che politico, con il quale spiegare al popolo israeliano e palestinese non solo che la pace è possibile, ma anche che faccia essa ha in concreto. Vogliamo farne un mezzo tramite il quale dimostrare che, per fermare la guerra, bisogna togliere di mezzo l?opinione per cui chi vuole vincere deve fare in modo che l?altro perda. Vita: Come cercate di raggiungere questo obiettivo? Levy: Oltre a un?azione di lobby e di pubbliche relazioni con governo e giornali, abbiamo creato un?organizzazione non governativa, chiamata Education for Peace, con cui portiamo in giro il messaggio dell?Accordo. Messaggio che non sta solo nel testo, nei punti su cui la società civile israeliana e palestinese hanno trovato un?intesa, ma anche nel metodo con cui si è raggiunta questa intesa. Un metodo che vale anche per chi non approva il contenuto dell?Accordo. Vita: Per esempio? Levy: Le scuole in cui organizziamo il progetto A day in Town, un giorno in città. Quotidianamente, volontari e speaker della Geneva Initiative Coalition viaggiano per il Paese andando a parlare nelle scuole. Il ministro dell?Educazione, contrario a Ginevra, ha cercato più volte di impedircelo. Ma le scuole e le amministrazioni locali hanno fatto di tutto per ospitarci: anche quelle che non sono con noi in senso politico, ci appoggiano in senso democratico, perché il nostro sistema ha insegnato che negoziando si può arrivare a una soluzione. Vita: Anche se i governi israeliano e palestinese ostacolano l?Accordo? Levy: No. La sfida, ora, è mettere i due governi attorno a un tavolo e costringerli a dialogare seguendo il metodo che ha funzionato per l?Accordo. Per riuscirci, può essere necessario cambiare i nostri leader. E convincere la comunità internazionale a impegnarsi. Non appoggiando questo o quel governo, a seconda degli interessi, ma obbligando israeliani e palestinesi a negoziare e tracciando una linea rossa che non possono superare. Né con carri armati, né con kamikaze.

Info: Geneva Initiative

L?Accordo di Ginevra si basa sulle proposte di pace già tracciate a Taba, in Egitto, nel gennaio del 2001. Proposte che cercavano di riavviare il processo di pace dopo il fallimento del vertice di Camp David voluto da Clinton nel luglio del 2000. Anche a Taba il negoziato fallisce, ma nell?estate del 2001 nasce la Israeli/Palestinian Coalition for Peace e iniziano i negoziati della società civile.

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