Soldi & Famiglia

Messner, Murdoch e la buona eredità

Che fare dei nostri beni, quando non ci saremo più? A chi vogliamo che vadano? A cosa vogliamo che servano? Una scelta che parla di noi. Le storie di Reinhold Messner e Rupert Murdoch rimettono a tema questo delicato passaggio, in cui il testamento solidale si sta facendo sempre più spazio

di Sara De Carli

Eredità: se ne torna a parlare in queste ore per via delle vicende di due personaggi famosi, Reinhold Messner e Rupert Murdoch. Due profili diversi e due scelte differenti, ma il tema è quello: il delicato passaggio ad altri dei propri beni. La verità però è che pur parlando di beni materiali, in ballo non ci sono mai solo quelli ma anche il senso di tutta quella vita che ci abbiamo impiegato a metterli insieme. L’eredità è sempre (anche) questo: non è mai solo una questione di soldi.  

Rupert Murdoch, magnate dei media, negli anni scorsi aveva creato un trust apparentemente irrevocabile, ma ora sta tentando di modificarlo per favorire il maggiore dei figli, Lachlan (53 anni). Da noi invece tiene banco il lamento di Reinhold Messner, leggendario alpinista, pentito di aver fatto ingenti donazioni in vita ai suoi figli, di cui ora denuncia l’ingratitudine. Sulle pagine del Corriere, una pungente Annamaria Bernardini de Pace – che certamente di vicende familiari ne ha viste tante – si scaglia contro la progenie dei figli ingrati e suggerisce di spendere tutto in vita, in viaggi e hotel di lusso: «I figli, se gli dai tutto prima di morire, poi se ne fregano di te e non ti assistono», afferma. Per aggiungere che in materia di successione «se cambiassimo anche noi la legge, avremmo meno anziani soli e meno anziani in casa di riposo».

Storia di una famiglia (e di un geranio)

Dici “eredità” e la prima cosa che viene in mente sono i soldi e le liti familiari per disputarseli. Questo è il cliché, del cinema e forse anche della vita. Poi però scopri la storia piccola ma meravigliosa di Guerrino e della sua famiglia: è stato a lungo un sostenitore di Amref, prima di decidere di fare un testamento solidale, coinvolgendo tutta la famiglia, con figli e nipoti, in un viaggio per vedere a cosa quel lascito sarebbe servito. Un lascito di poche migliaia di euro, sufficienti per finanziare un pozzo e cambiare la vita di tutta una comunità.

O la storia di Anna, che ha indicato la Fondazione ricerca sulla fibrosi cistica come suo erede, pur non avendola sostenuta in vita. Il lascito solidale di Anna ha permesso l’avvio di un importante progetto di ricerca sulla terapia genica nella fibrosi cistica e Giuseppe Zanferrari, direttore della Fondazione, racconta di come Anna continui a vivere nel suo geranio fiorito e nella sua collezione di elefantini, che sono stati portati nella cucina della Fondazione: vederli ogni giorno è per tutti motivo di gratitudine e una enorme ricarica di passione e di entusiasmo.


Le loro storie sono alcune di quelle che VITA e Comitato Testamento Solidale hanno raccolto in “La mia eredità”, un podcast per far conoscere il testamento solidale come strumento in cui il desiderio umanissimo di “lasciare traccia di sé” incontra quello di fare del bene per altri (ascolta il podcast). Un gesto che generativo, che apre nuovo futuro.

Oltre alla donazione in vita di Messner e al trust di Murdoch, dire eredità può significare anche questo: un testamento solidale, cioè la scelta di destinare i propri beni o anche solo una parte di essi ad un’organizzazione non profit, impegnata quotidianamente per il bene comune. Non per dire a Messner o a Murdoch che cosa avrebbero dovuto fare, ma per ricordare a ciascuno di noi che esiste anche questa possibilità. Che non toglie nulla all’eredità che andrà ai figli o agli eredi (a loro per legge va per intero la quota legittima) ma che può anzi aggiungervi valore.

Abbiamo raccontato le motivazioni di chi ha già scelto di fare un testamento solidale e le storie di chi, grazie a un lascito, ha visto cambiare la sua vita. Ma abbiamo anche riletto la storia del cinema, della musica e dello sport alla ricerca di quell’attimo che “lascia il segno” e smontato con i notai i falsi miti sull’eredità e sui lasciti.

Il testamento solidale

Il testamento solidale è il gesto con cui ciascuno di noi può continuare a sostenere i valori in cui crede, anche oltre la morte. È il gesto di chi sceglie di fare la propria parte per consegnare un futuro migliore alle nuove generazioni. È il gesto alla portata di tutti, per fare qualcosa di grande. Non è solo per chi ha grandi patrimoni o per chi non ha eredi: è l’ultima parola, che non chiude ma rilancia. I lasciti solidali sono “visioni di futuro”. Sono il desiderio di fare qualcosa per qualcuno che nemmeno conosco e non conoscerò mai, ma allo stesso tempo raccontano tanto a chi ci è stato più vicino.


«Lasciare il segno è uno dei desideri più profondi della nostra esistenza», ci ricorda il sociologo Mauro Magatti. Magari non pensiamo nemmeno di avere questa “aspettativa”, ma ci accorgiamo di quanto questo desiderio faccia parte di noi nel senso di pienezza di vita che sentiamo quando riusciamo a fare qualcosa che, esprimendo le nostre capacità e la nostra storia, diventa significativo anche per altri. «Non occorre essere “geniali” per lasciare il segno. Lasciare il segno è essere capaci, nel piccolo come nel grande, di introdurre una novità, di reinterpretare una storia e passarla ad altri».

Una scelta alla portata di tutti

Per farlo non serve avere patrimoni milionari: secondo una recente ricerca realizzata dal Comitato Testamento Solidale fra i notai, per il 46,1% dei notai coloro che decidono di lasciare parte della propria eredità ad una causa benefica dispongono di un patrimonio nella media, frutto di una normale vita lavorativa: per un notaio su tre il valore medio del lascito solidale è inferiore ai 20mila euro e solo per uno su dieci supera i 100mila euro.

Il dilemma del dono

«Queste due vicende mi aiutano a tenere vivi (sembrerà un gioco di parole) temi del tutto particolari e a me cari: quello del dono e della successione», scrive Stefano Malfatti, fundraiser esperto di lasciti testamentari, nel suo blog. «La vicenda di Murdoch mette in luce quanto possa essere complicato determinare la destinazione del patrimonio senza influenzare il suo utilizzo. Capita anche con dei potenziali donatori che si stanno avvicinando all’opportunità di destinare parte del loro patrimonio a sostegno di cause e di organizzazioni non profit: non riescono a staccarsi completamente dall’idea di poter continuare a gestire questo patrimonio, pure post mortem. È un’idea tanto “umana” quanto lontana sia dalla realtà che dall’opportunità», riflette Malfatti.

Donare è un atto che va oltre la semplice trasmissione di beni. È un gesto che riflette i valori del donatore e ha il potenziale di migliorare il mondo. Così, il vostro patrimonio non solo sarà gestito secondo le vostre volontà, ma avrà anche un impatto positivo e duraturo sulla società

Stefano Malfatti, fundraiser esperto di lasciti testamentari

Quando a “lenire” la “delusione” di Messner spendendo in hotel di lusso, «mi preme ricordare alla Bernardini De Pace il paradosso di Easterlin, un economista, detto anche paradosso della felicità», ricorda Malfatti. Easterlin ha mostrato come la felicità delle persone aumenti al crescere del reddito e del benessere economico, ma solo fino a un certo punto: poi comincia a diminuire, seguendo una curva a forma di parabola verso il basso. «Questo resta ancora oggi una chiara indicazione di come sarebbe più utile ed opportuno, per gli altri e per sé, orientarsi a donare piuttosto che a spendere (anche in alberghi di lusso). La generosità, intesa come volontà di contribuire al bene comune, è un valore che può trasformare il dono in un gesto di immensa portata. Invece di spendere tutto in alberghi di lusso, i nostri patrimoni potrebbero essere utilizzati per creare borse di studio, finanziare la costruzione di ospedali, sostenere la ricerca scientifica o promuovere l’arte e la cultura».

Donare – conclude Malfatti – «è un atto che va oltre la semplice trasmissione di beni. È un gesto che riflette i valori del donatore e ha il potenziale di migliorare il mondo. Così, il vostro patrimonio non solo sarà gestito secondo le vostre volontà, ma avrà anche un impatto positivo e duraturo sulla società».

Foto Lapresse


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