Cultura

Le 6mila biblioteche italiane sotto la lente: dalle postazioni disponibili ai progetti di inclusione

di Francesco Dente e Matteo Riva

Le biblioteche di pubblica lettura, così come le definisce l'Istat, possono essere luoghi di generatività e attivazione sociale. Tutti i numeri "interpretati" dalla massima esperta del settore in Italia: Antonella Agnoli

L’ultimo presidio pubblico. L’ultima cittadella che resiste al taglio dei servizi pubblici e privati. Uno dei pochi baluardi di socialità e di gratuità rimasti per chi fino a ieri bazzicava gli oratori o le sedi dei partiti. Sono le biblioteche di pubblica lettura. Quelle in cui più o meno tutti hanno messo piede la prima volta alle scuole elementari per svolgere la mitica “ricerca”. A partire da chi non aveva in casa l’enciclopedia. L’Istat, che da poco ha acceso un faro sulle cattedrali di carta, illumina uno scenario non proprio rassicurante: forti divari territoriali, ritardo nella digitalizzazione, tante barriere architettoniche e pochi progetti di inclusione per i più bisognosi. Biblioteche, soprattutto, che restano aperte grazie ai volontari. Specie nelle piccole comunità senza più ospedali, uffici postali e sportelli bancari. L’istituto di statistica, in particolare, ha preso in esame le 6.261 biblioteche di pubblica lettura pubbliche e private esistenti nel 2022, le sedi cioè orientate prevalentemente alla comunità locale. Rappresentano il 77% del totale mentre la parte restante è costituita dalle biblioteche specializzate (19,7%) come quelle universitarie e le biblioteche di conservazione (3,3%) che raccolgono ad esempio fondi e manoscritti. VITA ha letto il report con l’aiuto di Antonella Agnoli, scrittrice, consulente bibliotecaria, ideatrice di biblioteche. Visionaria, soprattutto. L’ultimo suo libro pubblicato da Laterza nel 2023 si intitola La casa di tutti. Città e biblioteche

Il Nord la fa da padrone. Nessuna sede in un terzo dei Comuni italiani

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