Mondo

E la colomba prese il volo via modem

Nacque nel 1991. Oggi conta migliaia di connessioni mensili. Ed è diventato un porto obbligato di tutte le battaglie civili. Parla Alessandro Marescotti, uno dei fondatori

di Mara Mundi

Statte era un sobborgo di Taranto qualche anno fa. Oggi è un comune a sé. Ad abitarlo, da sempre, gli operai dell’Ilva, i cui altiforni di notte rischiarano l’orizzonte. Dalla palazzina a due piani in cui abita Giovanni Pugliese non si vede il mare, ma solo il supermarket che domina il parcheggio antistante. Eppure da qui, da questo angolo anonimo del Sud d’Italia, è come se si vedesse al mondo. Al secondo piano, in un salottino dimesso dove manca anche il lampadario, c’è infatti uno dei cuori di Paecelink, il portale della pace. Anzi, un pezzo di cuore, un ventricolo. «Il computer centrale è passato da un megabyte di ram, nel 1991, data di nascita dell’associazione, ai 96 mb attuali». È racchiusa tutta in quest’affermazione la storia del portale sulla pace: notizie, newsgroup, collegamenti a tema. Dieci anni di attività per «diffondere un ramoscello d’ulivo» in tutto il mondo, senza muoversi da casa. Da Taranto all’Inghilterra, dalla Puglia all’America. Non c’è barriera geografica che tenga. Si rincorrono i bit, le notizie s’inseguono. E vengono diffuse in un lampo, il tempo di un clic. Tutto cominciò nella cittadina ionica dieci anni fa. Non c’era una sede fisica allora, continua a non esserci oggi. «Non abbiamo spese d’affitto, lavoriamo a casa. Per le riunioni ci appoggiamo ad associazioni amiche». A parlare è Alessandro Marescotti, insegnante di lettere e presidente di Peacelink. A casa sua, in piazza Mario Costa, alla periferia della città, al quinto piano di un palazzo di sei, c’è un altro ventricolo di questo cuore telematico ed ecopacifista. «Peacelink è qualcosa che non esiste di fatto», spiega, «perché in realtà il prodotto finale è il risultato di tanti centri di produzione delle notizie sparpagliati in Italia. Quindi, noi siamo un link e lasciamo che altri scrivano sulle nostre mailing list. Per arrivare a questo risultato, però, non è stato sufficiente mettere un foglio bianco a disposizione. Abbiamo fatto pressioni sulle associazioni, per convincerle a convertirsi all’informatica, combattendo i pregiudizi su imperialismo della tecnica e delle multinazionali». Di battaglie gli uomini di peacelink ne hanno vinte parecchie. I risultati sono tutti nei numeri raggiunti. Negli ultimi quaranta giorni sono arrivati duemila messaggi alla posta elettronica del presidente. Non è facile il lavoro quotidiano della base operativa. Selezionare e dare informazioni. Scegliere cosa mettere in rete e cosa no. Capire dov’è la notizia, cosa fa notizia per un pubblico così vasto. Tempi stretti quando l’aggiornamento dev’essere continuo. «La nostra vita quotidiana è schiacciata dalla quantità, che rischia di far perdere alla comunicazione il carattere di dialogo e di reale conoscenza dell’interlocutore. A volte ci si dimentica i nomi, le storie, i problemi di chi ti ha scritto. Questo è un male, ma di fronte a centinaia di persone hai la sensazione di gestire nello stesso momento tante partite a scacchi. Rischi di essere superficiale ed approssimativo, dando risposte standard o non rispondendo affatto», precisano gli addetti ai lavori del sito. Occorre un lavoro di squadra. Ed il team di peacelink è ben equipaggiato e distribuito. Diverse figure, tutte volontarie. «Nessuna retribuzione, perché non possiamo permettercelo», precisano a Taranto. Il server centrale è collocato a Napoli. Ospitato gratuitamente dal provider Itb e gestito da Vittorio Moccia, il “cervellone elettronico” ha registrato un’impennata superando la soglia del milione di contatti al mese, dopo l’esplosione del caso uranio impoverito. «Abbiamo messo in rete un dossier che è stato segnalato anche da Ansa, Raggio verde e Repubblica on line», racconta Alessandro Marescotti. Insomma, oltre un milione di pagine web lette, per un totale di circa 80 mila utenze mensili. Un buon traguardo, per un’équipe senza confini. Oltre a Moccia, gli altri amministratori di sistema si trovano a Roma e a Pordenone. Il tecnico abilitato alla programmazione delle mailing list, Roberto del Bianco, vive a Firenze. La programmazione ed il coordinamento dei volontari programmatori sono a cura di Francesco Iannuzzelli da Londra, che gestisce il Peacelink database, consultabile anche da wap. Ed è l’unico servizio del genere nel nostro Paese. Non è finita. Il webmaster, che si occupa della homepage è di Milano. La campagna ambiente è gestita da Alessandro Gimona, direttamente da Edimburgo. La campagna in Cecenia la segue Carlo Gubitosa, segretario di Peacelink, da Milano. Nessun confine geografico. Ma anche fisico, perché spesso capita di incontrarsi, non solo in Rete. Accadrà a Taranto, il 15 maggio. Padre Kizito, che da Nairobi si occupa della campagna per i bambini di strada, racconterà la sua esperienza agli studenti. Lettori e scrittori. È fatta di questo peacelink. Nulla di più. Una specie di prodigio delle nuove tecnologie, che fanno sentire tutti più vicini. Tutti possono spendere la propria voce per una causa. C’è chi lo fa spesso, chi solo qualche volta. «Pacelink è formata da una gran quantità di lettori silenziosi che poi diventano scrittori, nei momenti di crisi, quelli in cui scoppia una guerra, un problema sociale, un attacco alla libertà di espansione in rete. Poi, vi è un centinaio di persone che scrivono», spiegano ancora dal quartier generale di Taranto, «e fra questi va ricordato Peppe Sini di Viterbo, che redige e invia personalmente una lunga email quotidiana, dal titolo: “la nonviolenza è in cammino”». Il merito di Peppe è quello di non parlare solo agli addetti ai lavori del pacifismo, comunicando appuntamenti, campagne e informazioni interne. Lui svolge un lavoro di di approfondimento quotidiano, montando sulla e-mail pezzi di testi che conserva in un immenso archivio accumulato e organizzato negli anni. Peacelink, ora, è diventato il suo hard disk personale. Giorno per giorno riversa sul sito le sue dispense. «Da notare», sottolinea Marescotti, «che Peppe Sini e altri non sono di Peacelink, però costruiscono Peacelink». Questa è la rete della pace.


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