Raccolta fondi

5 per mille, gli italiani ora lo amano più dell’8 per mille

Boom di firme per il 5 per mille, che per la prima volta sorpassa il più antico e più conosciuto 8 per mille: 17,2 milioni di firme contro 16,9 milioni. Nell'analisi di Nicola Bedogni per Assif, tutti i dati e le curiosità sull'ultimo 5 per mille. Compresa quell'associazione che ha una sola firma, ma da 43mila euro...

di Sara De Carli

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Puntuale, ricco e approfondito, preciso e al tempo stesso zeppo di curiosità, ecco come ogni anno il Quaderno di Assif dedicato al 5 per mille, curato da Nicola Bedogni, past president dell’associazione e coordinatore dell’Osservatorio 5-2-8×1000 di Assif.  Il boom del numero di contribuenti è la novità più eclatante: 17,2 milioni, con circa 730mila firme più dell’anno precedente. Ma se misuriamo solo le firme andate ad enti ammessi, la differenza rispetto all’anno scorso è addirittura di un milione di firme. Il 5 per mille non ha solo superato per la prima volta la soglia dei 17 milioni di firme, ma sempre per la prima volta supera l’8 per mille che si ferma a 16,9 milioni di firme. Lo strumento più amato dagli italiani quindi oggi è proprio lui, il 5 per mille.

Cinque i record che si registrano nel 5 per mille edizione 2023:


L’ultimo record è quello relativo alla firma più pesante: la singola donazione media più ricca l’ha conquistata l’Arca degli Amici Ets, una giovanissima realtà fondata l’anno scorso da Raffaella Mennoia, autrice di Uomini e Donne, C’è posta per te e Temptation Island, grande amica di Maria De Filippi. Al suo primo appuntamento con il 5 per mille l’ente ha raccolto una sola firma, ma pesantissima: 43.785,35 euro, che significa pagare più di 8 milioni di euro di Irpef. Peccato che l’ente sia finito tra gli esclusi.

Le firme più pesanti

La top 5 degli enti con le firme più pesanti vede poi la Fondazione Gruppo Pittini che con 4 firme porta a casa 74.802,99 euro (ogni firma vale quindi più di 18mila euro), l’asd Cremona Sportiva Atletica Arvedi, 8 firme e 69.429,07 euro destinati, l’associazione Robert F. Kennedy Foundation Of Italy, 4 firme che valgono in media 8.368 euro l’una e l’asd Miocalcio di Firenze, 4 firme per quasi 30mila euro, anch’essa esclusa.

Per un confronto, il valore medio delle firme è stato di 30,43 euro anche se a voler essere corretti nel calcolo della media dovremmo considerare non i 525 milioni del tetto ma i 552 milioni destinati dai 17 milioni e passa di italiani.

Il paradosso: più firme, ma meno soldi

Altra curiosità evidenziata nel report è l’effetto del record di firme combinato con il significativo sforamento di quasi 28 milioni del tetto di 525 milioni di euro: il ricalcolo dell’importo assegnato ha generato alcune situazioni paradossali, con enti che vedono crescere le firme ma diminuire gli importi assegnati. Tre esempi, solo per stare fra i più grandi? Airc è stata indicata da 63mila italiani in più rispetto al 2022 (+4% di firme) ma vede calare l’importo erogato dell’1% rispetto al 2022: riceverà 507mila euro in meno. La Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro aumenta le firme del 2% ma vede calare l’importo del 2%. Il Fai segna un +2% nelle firme ma vede un -5% nel destinato.

Il vero 5 per mille

Bedogni si è premurato anche di calcolare a quanto ammonta il 5 per mille realmente destinato dagli italiani, a monte del ricalcolo per stare dentro il tetto. L’extra tetto di 27.968.401,89 euro equivale all’incirca al 5,3% dei 525 milioni di capienza del 5 per mille, ma per le singole organizzazioni che vuol dire? L’importo assegnato dagli italiani ma non erogato perché oltre il tetto ammonta a 3,7 milioni di euro per Airc, 650mila euro per la Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro, 604mila euro per Emergency, 500mila euro per la Lega del Filo d’Oro, 466mila euro per Ail e via dicendo. Ogni ente, in media, avrebbe dovuto ricevere 321 euro in più. 

Il peso dei big player, elenco per elenco

Altra sottolineatura, quanto pesano i big player del 5 per mille – primi trenta della classifica – sul totale del comparto: nell’elenco del volontariato e degli Ets, le prime 30 organizzazioni portano a casa il 27% dell’importo, mentre nella ricerca scientifica le prime 30 realtà cubano il 91,33% del totale erogato e nella ricerca sanitaria si sale addirittura al 94,57%. Situazione letteralmente opposta nello sport, dove le prime 30 asd conquistano il 6,06% delle risorse erogate al comparto.

Tra i Comuni, quello più scelto in percentuale dai propri residenti è Oltressenda Alta, in provincia di Bergamo, scelto quasi da un abitante su tre; sopra il 25% stanno anche Castelnuovo Rangone, in provincia di Modena e Tonezza del Cimone, in provincia di Vicenza. Le firme più ricche invece le hanno i comuni di Pago del Vallo di Lauro (Av), tre firme e 3.527,60 euro di 5 per mille; Montecalvo Versiggia (Pv), due firme e 515,87 euro e Castellania Coppi (Al), con una firma che vale 221,71 euro.

L’intervista

Dopo questa carrellata di dati, Bedogni, partiamo dall’inizio: perché l’anno dei record?

Perché tutte le variabili sono al massimo della loro capacità storica. C’è un record di firme, 17.249.982 se comprendiamo quelle andate a enti che poi sono stati esclusi. È la prima volta che viene superata la soglia dei 17 milioni di firme, benché se guardiamo alla percentuale di contribuenti che hanno firmato fra tutti quelli che hanno presentato la dichiarazione dei redditi nel 2023 siamo arrivati a quota 41,05%: ci sono stati anni in cui i contribuenti erano meno ma la percentuale era leggermente superiore, tipo il 41,7%. Questione di pochi decimi comunque.

Questo però vuol dire che 6 contribuenti su 10 ancora non destinano il 5 per mille: sono tantissimi. 

Vero, anche se io ritengo che questo 41% sia già un dato eccezionale, non riesco ad immaginare una crescita esponenziale del 5 per mille alle condizioni di oggi… Non finché ci sarà un evento come una campagna informativa sul 5 per mille come strumento di sussidiarietà fiscale, con una campagna e uno spot in tv. Quello farebbe la differenza e ci permetterebbe di misurare davvero quanta è la potenzialità di crescita. 

È senza dubbio da record anche l’aumento dei contribuenti che nel 2023 hanno destinato il 5 per mille: 731mila in più in termini assoluti. Tanto più che nel 2020 e nel 2021 le firme erano calate. Nel 2022 inoltre c’erano state circa 400mila firme andate a enti esclusi, per cui in realtà, le firme per gli ammessi crescono di ben 1 milione in un solo anno.

Esatto, e la crescita del numero dei contribuenti, seppure importante, non basta da sola a spiegare questa crescita delle firme. Il numero di contribuenti è cresciuto dell’1,3%, mentre le destinazioni del 5 per mille segnano un +4,4%. Il boom si vede benissimo se consideriamo nello stesso grafico l’andamento delle firme per il 5 per mille, per il 2 per mille e per l’8 per mille. Le destinazioni dell’8 per mille sono aumentate dell’1,2%, un dato esattamente sovrapponibile alla crescita dei contribuenti.

Come spieghiamo allora questo boom di firme? Perché come dicevamo non c’è stato tra il 2022 e il 2023 un evento disruptive che può aver inciso sui comportamenti dei contribuenti, per esempio – appunto – la tanto attesa e invocata campagna istituzionale dedicata a promuovere lo strumento del 5 per mille. 

Non c’è una spiegazione vera e propria, perché effettivamente non c’è stato nessun evento particolare. Invece di ragionare sul picco io tenderei a ragionare sul fatto che negli ultimi anni il 5 per mille avesse avuto un po’ il freno tirato. Le organizzazioni avevano investito e si aspettavano una crescita delle firme, ma vuoi per la pandemia vuoi per altro – non ultime le difficoltà legate all’introduzione del Runts – la crescita è stata rinviata. L’interesse per lo strumento presso gli italiani stava già crescendo, ma non c’è stata la possibilità di esprimerlo. In quest’ottica andrebbe riletto anche quel calo di firme che avevamo registrato nel 2020 e nel 2021. La crescita è rimasta sottotraccia e ora che ha finalmente trovato la possibilità di esprimersi è esplosa. 


Rispetto alla valanga di enti esclusi l’anno scorso e a quelle 400mila firme andate perse, che è successo? Sappiamo che le firme per enti esclusi quest’anno scendono a 85mila, ma poi?

Molti degli enti che l’anno scorso furono esclusi, quest’anno figurano tra gli ammessi: segno che effettivamente per molti c’erano stati problemi legati all’iscrizione al Runts, con errori burocratici o problemi legati alle tempistiche che ne hanno determinato temporaneamente l’esclusione. 

L’anno scorso ipotizzavamo anche una sorta di boomerang culturale, temendo che il contribuente, accorgendosi che la sua firma l’anno scorso è andata persa, perdesse un po’ fiducia nello strumento?

No, credo che nessun cittadino abbia coscienza di aver destinato il suo 5 per mille a un ente che è stato escluso. Anzi, la maggior parte dei contribuenti non sa neanche a chi lo ha destinato. Sappiamo che per la stragrande maggioranza dei contribuenti il 5 per mille è una scelta che va avanti per inerzia. Vero è però che la gran parte degli enti esclusi erano nell’elenco del volontariato e oggi proprio in quell’elenco nonostante la crescita delle firme scende l’interesse dei dichiaranti.

Che significa?

Uno dei parametri che uso per controllare l’andamento dei comparti è la capacità degli enti di essere attrattivi, di “portarsi dietro” firme. È un dato che ci fa capire se i nuovi entrati nel comparto sono capaci di coinvolgere un loro bacino di persone, portarsi dietro nuove firme. Il comparto del volontariato cala… Gli enti ammessi aumentano, ma se nel 2006 le scelte espresse per ogni ente erano 268, nel 2023 le firme sono solo 158. La ricerca scientifica e quella sanitaria invece sono cresciute tantissimo a livello di interesse e in particolare tra il 2022 e il 2023 la ricerca scientifica ha fatto un balzo da 2.709 firme a 3.539 firme. Il volontariato perde. 

Dinanzi a questi 28 milioni di euro che gli italiani hanno destinato ma che lo Stato non erogherà per via del tetto, quali sono i passi da fare a suo giudizio?

Intento quello che sta a noi: far crescere il 5 per mille. Perché quanto più siamo sopra il tetto, tanto più avremo forza nel chiedere di eliminarlo. Ma per far crescere il 5 per mille, lo dicevo prima, serve uno spot che arrivi a milioni di persone. Per fare massa critica le organizzazioni devono mettersi insieme, magari in un tavolo operativo. È il momento.

Il tetto andrebbe aumentato o tolto? 

Andrebbe tolto. Nell’8 per mille lo Stato eroga tutto l’8 per mille del’Irpef, non ci sono tetti: però nella legge c’è una postilla per cui le parti si riuniscono ogni 4 anni e lì si decide se si vuole cambiare. Ho letto i verbali di quelle riunioni e ci sono ragionamenti molto interessanti, per esempio su scelte espresse e scelte generiche, con alcune confessioni religiose che non accettano la redistribuzione di risorse che arriva dalle generiche – che cubano la metà dell’importo – perché vengono da persone che non le hanno scelte. Si potrebbe applicare la stessa cosa al 5 per mille. 

Il presidente di Assif, Andrea Romboli, ha chiesto che fin da subito lo Stato dica come ha usato le risorse extra tetto, che gli italiani hanno destinato con il 5 per mille.

Avrebbe molto senso. Anche perché lo Stato nelle linee di guida per la raccolta fondi chiede al Terzo settore di dire dove vanno destinati i fondi raccolti in eccesso rispetto al fabbisogno del progetto, anzi chiedono di comunicare ex ante come verrà utilizzata l’eventuale eccedenza. Se lo devono fare gli Ets perché non lo dovrebbe fare il ministero? È un gesto di trasparenza nei confronti dei contribuenti. 

Le slides nell’articolo sono quelle di Nicola Bedogni durante il webinar di presentazione del Quaderno di Assif, tenutosi il 23 luglio. In apertura, nella foto di Alessandro Bremec/LaPresse, volontari al lavoro nella giornata di volontariato Ri-Party-Amo dedicata alla pulizia delle sponde del fiume Seveso e alla piantumazione di 100 alberi a Bresso (MI).


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