Volontariato

Ma che bell’ordine di servizio, dottor Passera

Il 18 marzo una disposizione dell’a.d. arriva sulle scrivanie di tutti i dirigenti e intima: "Immediato stop a tutte le operazioni in appoggio al commercio di armi".

di Francesco Maggio

“Banca Intesa, in coerenza con i valori e i principi di eticità cui si ispira, che si traducono anche nella concezione di ?banca non armata?, ha deciso di sospendere, con decorrenza immediata, le operazioni finanziarie relative alle operazioni in oggetto, in tutti i casi previsti dalla legge 185/1990”. Così è scritto su un ordine di servizio firmato dall?amministratore delegato, Corrado Passera e arrivato la mattina del 18 marzo sulle scrivanie di tutti i dirigenti del gruppo bancario. E siamo a quattro. Dopo Monte Paschi (2000), Unicredit (tre anni fa), la Banca Popolare di Bergamo-Credito Varesino (due anni fa), ora è il più grande gruppo bancario italiano a prendere una decisione, in un certo senso, storica: quella di uscire, appunto, dal settore delle armi. Settore nel quale, come emerge dall?ultima relazione del ministero dell?Economia per le operazioni autorizzate nel 2002 (generalmente si tratta del ricevimento di bonifici e altri servizi finanziari a favore di aziende belliche), risulta presente per un importo di 54,5 milioni di euro, il 7,4% del totale. Perché ?storica?? Per una duplice ragione. Innanzitutto, perché è il frutto di una volontà ben precisa del vertice, e in particolare dell?amministratore delegato Corrado Passera, di aprire la banca alla società civile. Eloquente, in proposito, il fatto che, nell?estate scorsa, abbia compiuto il tour dei grandi meeting della solidarietà, da quello delle Acli a Lignano a quello di Cgm a Monopoli, passando per il meeting della Cdo a Rimini. Non ci sono sue dichiarazioni, da quando ha assunto la guida dell?istituto, che non mirino a sottolineare questo aspetto: “Come banca”, ha ripetutamente affermato, “lavoriamo per rafforzare la fiducia dei risparmiatori e degli imprenditori. Ma favoriamo anche la coesione sociale aprendo l?accesso al credito anche a fasce di popolazione trascurate: studenti, immigrati, imprese sociali”. Da qui la decisione di dedicare al non profit un?intera divisione del gruppo. La decisione di uscire dalle armi non è stata quindi facile né improvvisata. Banca Intesa è un gruppo di recente formazione, che risulta dall?integrazione di istituti con anime diverse. Si pensi alla Cariplo, nata storicamente per essere al fianco di piccoli risparmiatori e imprenditori, con una caratterizzazione territoriale molto forte. E si pensi alla Banca Commerciale, la banca per definizione dell?establishment economico e finanziario, e tra le più attive nell?appoggio alle transazioni del commercio di materiale militare. Far convivere queste anime non è un?operazione né facile né, evidentemente, conclusa. Prendere quindi la decisione di uscire dal settore delle armi ha comportato l?esigenza di reinterpretare le dinamiche di funzionamento degli istituti e comprenderne le possibili evoluzioni. “Prenderò posizione”, aveva dichiarato Passera a Vita qualche mese fa, “solo dopo aver visto cosa c?è in pancia, soprattutto alla Banca Commerciale. Poi, quando potrò prendere un impegno, lo farò in modo netto”. Non si può dire che Passera non sia stato di parola. La seconda ragione per cui l?addio alle armi di Banca Intesa può definirsi ?storico?, va invece ricondotta al particolare frangente che sta vivendo il mondo del credito: la diffusa crisi di credibilità provocata dai casi Cirio e Parmalat; l?avvicinarsi dell?entrata in vigore degli Accordi di Basilea 2 che paventano una forte stretta creditizia; addirittura il temutissimo credit crunch, ossia la chiusura totale dei rubinetti del credito. Questioni che hanno prodotto un calo generalizzato di fiducia verso l?istituzione banca che, purtroppo, invece di mettersi in discussione e cercare soluzioni inedite per uscire dal vicolo cieco in cui si trova, non di rado sceglie di arroccarsi in difesa con posizioni indifendibili come quella, dichiarata all?indomani del crack Parmalat, di considerarsi vittime dell?evento. Ben venga, allora, una decisione che, visto il peso specifico dell?istituto che l?ha assunta, può creare le condizioni per dar vita a un circuito virtuoso. Banca Intesa ha fatto una scelta di campo inequivocabile, quella di volersi sintonizzare con il Paese reale. Altre banche potrebbero seguirla su questa strada. Per esempio, la Banca Nazionale del Lavoro piuttosto che la Banca di Roma o il Sanpaolo-Imi che, nella citata relazione al ministero di via XX settembre, precedono Banca Intesa sul fronte del sostegno finanziario a imprese belliche. Ma anche per quanto riguarda l?attenzione alla società civile. Sarebbe un bel segnale. Che aspettiamo.


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