Cultura

Biotech: Marini (Coldiretti), gli Ogm minacciano il made in Italy alimentare

Secondo il dirigente di Coldiretti l'uso degli Ogm metterebbe in pericolo tutta la produzione tipica italiana arrecando un grave danno all'economia nazionale

di Francesco Agresti

“Salvare il pane, la pasta e la pizza dai rischi di contaminazione del grano biotech, che potrebbe essere presto autorizzato negli Stati Uniti e in Canada, è un obiettivo che le imprese che investono e credono nel Made in Italy di qualità non possono mancare per non mettere a rischio la credibilità dell’intero sistema agroalimentare, dal quale dipendono molte delle opportunità di sviluppo sostenibile del Paese”. E’ quanto ha affermato il vice presidente nazionale della Coldiretti Sergio Marini intervenendo all’incontro “Il Sistema Italia di fronte alla sfida del frumento Ogm” del Progetto “Grano o Grane”, nato su iniziativa del Consiglio dei Diritti Genetici (CDG), promosso da Coldiretti Assocap, CNA Alimentare, FLAI-CGIL, COOP e con l’adesione di importanti aziende agroalimentari. ?Il grano (tenero e duro) è una coltivazione estesa su 2,3 milioni di ettari, circa il 20% della superficie agricola utilizzata in Italia, dalla quale?, ha precisato Marini, ?derivano non solo componenti fondamentali della dieta mediterranea ai quali gli italiani destinano oltre il 15% della propria spesa alimentare, ma anche alimenti simbolo del Made in Italy nel mondo che tra pasta, panetteria e biscotti contribuiscono per un valore di circa due miliardi di euro alle nostre esportazioni. Esistono quindi validi motivi di sostenibilità ambientale, di natura economica, di immagine e di credibilità internazionale che ci spingono a prevenire eventuali rischi piuttosto che a rincorrerli, come è purtroppo avvenuto per altre colture dove peraltro il mercato sta dando ragione ha chi ha fatto la scelta di lavorare per l’assenza di inquinamenti da Ogm. ?Nel mercato globale?, ha aggiunto Marini, ?le opportunità di affermazione del Made in Italy si giocano sulla capacità di valorizzare la propria identità con alimenti fortemente radicati con il territorio, senza organismi geneticamente modificati, garantiti dal “campo alla tavola” e con informazioni trasparenti in etichetta?.


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