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Etica, responsabile o a impatto? La finanza che vuol cambiare il mondo

Con Filippo Addarii di PlusValue Londra facciamo un po' di ordine fra le varie "finanze" accumunate dal desiderio di trasformare in meglio la società. Ascolta l'episodio numero 5

di Giampaolo Cerri

Finanza responsabile o anche “sostenibile”: se siete interessati ai temi della responsabilità di impresa, degli Esg, dello sviluppo sostenibile, sono sostantivi e aggettivi che avrete sentito usare chissà quante volte. E altrettanto spesso avrete notato l’utilizzo di finanza a impatto, o di impatto. Tutti temi che hanno un antenato illustre di almeno di una trentina di anni più vecchio: finanza etica, utilizzatissimo alla fine degli anni 90. Ne abbiamo parlato, in questo quinto episodi di Bada a come parli, il podcast di VITA per parlare bene – cioè con le parole giuste – sociale, ambiente, sostenibilità.

Dagli Scrovegni e Giotto ai giorni nostri

Per questi termini abbiamo invitato un interlocutore di grande esperienza, come Filippo Addarii, fondatore di PlusValue, società di consulenza internazionale, con base a Londra, impegnata sul fronte della sostenibilità, anche su collaborazioni di rigenerazione urbana come quella di realizzata a Milano per l’area di Mind, già Expo. Una realtà e in particolare un professionista che hanno grande dimestichezza quindi con le leve finanziarie.

Addarii non si è limitato a una semplice disquisizione linguistica. Ne è scaturita una piacevole conversazione di 20 minuti, sulle origini religiose della finanza etica, risalendo al mecenatismo dei giotteschi affreschi degli Scrovegni a Padova, per arrivare, attraverso alla più laica finanza responsabile, alla finanza a impatto.

Filippo Addarii

«Oggi alcune delle esclusioni tipiche di 25 anni fa che caratterizzavano la finanza etica», ha detto Addarii, «ci fanno un po’ sorridere: divieto di investire in chi produce alcolici, in chi fa pornografia ma da quell’approccio nasce tutto». Addarii ha poi ricordato come nel Regno Unito la finanza a impatto sia nata spesso da realtà filantropiche nate, esse stesse, da gruppi finanziari o banker.

Negli episodi precedenti, a Bada a come parli, abbiamo avuto Flaviano Zandonai responsabile open innovation di Cgm, che ha chiarito le differenze fra “Terzo settore”, “Non profit” e “Privato sociale”; Paolo Venturi, direttore di Aiccon Research, che ha parlato di “No profit” e “Non profit”; Elena Zanella, fundraiser e docente, intervenuta su “Fundraising”, “Raccolta fondi” e “Crowdfundig”, Rossella Sobrero, scrittrice, che abbiamo ascoltato su “Csr” e “Esg”.

Prossimo episodio: “Progettazione condivisa”
o “Co-programmazione”?

Bada a come parli va in vacanza, per tornare a settembre, venerdì 6, quando ci occuperemo di “Progettazione condivisa” e “Co-programmazione”, di nuovo assieme a Paolo Venturi.

 Nel frattempo non stancatevi di inviarci i vostri dubbi lessicali, le vostre curiosità linguistiche, scrivendoci qui, vi risponderemo con l’ausilio dei nostri esperti.

Grazie per esempio a Cristina, di Bologna, che ci ha suggerito di occuparci di “Caregiver” e “Badante”, termini troppo spesso usati come sinonimi, o a Elisabetta, che ha proposto la dicotomia fra “Fundraiser” e “Philantropy advisor”, li aggiungeremo entrambi a settembre, o ai molti altri che hanno proposto temi già in programmazione, che andranno in onda dopo la pausa estiva.  

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