Papà dimentica la figlia in auto

Prendiamo per mano i genitori

A Marcon, nel veneziano, una bimba di un anno e mezzo ieri è morta sotto il sole, dimenticata nell'auto del papà. Un dolore indicibile per i giovani genitori ma anche l'occasione per dire che in generale la nostra società i bambini non li sa più vedere. L'appello di Paola Milani, professoressa di pedagogia delle famiglie a Padova, per rafforzare il discorso pubblico sull'educazione

di Paola Milani

peluche sullo specchietto retrovisore di un auto

A Marcon, nel veneziano, una bimba di un anno e mezzo ieri è morta sotto il sole, nell’auto del papà. Uno strazio indicibile per i giovani genitori, che dovranno convivere ora con questo dolore. Il papà avrebbe dovuto lasciarla al centro estivo, prima di andare al lavoro e invece (come già successo ad altri in passato) è andato diretto al lavoro. Nessuno ha notato la piccola fino all’ora di pranzo. Mentre tanti si chiedono se il seggiolino fosse o meno a norma, con l’apposito sistema di sicurezza previsto, con Paola Milani (ordinaria di pedagogia sociale e pedagogia delle famiglie a Padova e referente scientifica del programma Pippi per il sostegno delle famiglie fragili così da prevenire l’allontanamento), noi ricordiamo che i genitori oggi hanno tanto bisogno di essere presi per mano e che la nostra società, nel suo insieme, i bambini con i loro bisogni non sa più vederli. (SDC)

Ennesimo strazio. Ancora una volta una bambina di soli 18 mesi dimenticata in macchina da un genitore e morta per il caldo.

Non sappiamo nulla di questa famiglia e non possiamo dirne nulla. Non vogliamo certo giudicare, soprattutto in questo grande momento di dolore, ma solo dire che questo dolore gigantesco è e deve essere di questa famiglia, della loro comunità come anche nostro. Sì, perché la cura e l’educazione dei bambini sono una responsabilità primaria dei genitori, ma non dei soli genitori. Nessun genitore può crescere i figli da solo.

La negligenza, questa particolare forma di maltrattamento che omette le cure, le risposte ai bisogni di sviluppo dei bambini, si manifesta per forza di cose in famiglia, perché è lì che vivono i bambini, ma è un sintomo di una società che non sa costruire risposte collettive a questi bisogni di sviluppo, una società nella quale è scomparso un discorso pubblico sull’educazione e la cura dei bambini, in cui i genitori non possono facilmente accedere a spazi, tempi, luoghi di confronto, dialogo e rassicurazione. Luoghi improntati a cura e benevolenza, perché sono quella cura e quella benevolenza che hanno bisogno di sperimentare su di loro per poterle infondere ai loro figli.

La negligenza, il non far sentire ogni bambino eletto, scelto e amato è la forma di maltrattamento più diffusa e più subdola: non si vede, si realizza per omissione, è un non fare. Dilaga ovunque. Si manifesta in famiglia, ma – lo ripetiamo – è sintomo di una società che non ha più i bambini in cima ai suoi pensieri, che non esprime sentimenti di cura e attenzione verso la “vita piccola”. Quella forma di vulnerabilità propria dei bambini (ma anche di ognuno di noi, perché l’infanzia permane dentro ogni vita, per tutta la vita) che ci rende bisognosi delle cure altrui e che, allo stesso tempo, consente a chi si ingaggia in queste cure di trovare se stesso, di costruire la propria umanità, mentre contribuisce alla costruzione di quella altrui.

Va detto questo allora oggi: la cura dell’infanzia è l’opportunità più preziosa che noi adulti abbiamo di costruire noi stessi e una società buona, amorevole e giusta. La morte di questa bambina convoca tutti noi a una presa di coscienza collettiva.

Siamo in tanti che lavoriamo per dare piena cittadinanza alle famiglie: quando, ad esempio in Programma PIPPI incontriamo i genitori nei gruppi e li organizziamo in spazi pubblici, in luoghi della comunità, che facciamo? Togliamo dall’invisibilità, dallo spazio intimo e privato del familiare l’educazione e la rimettiamo al centro delle nostre comunità. Siamo in tanti in Italia: lavoriamo in PIPPI, nei servizi sociali, sociosanitari, nei tanti progetti sulla povertà educativa Con i Bambini, nei Centri per le famiglie, nei nidi, nelle scuole, nei consultori familiari, nei villaggi per crescere del Centro Salute Bambino Onlus, in tantissime realtà del privato sociale dove tanti educatori e operatori sociali o sanitari appassionati non solo lavorano, ma spendono le loro vite.

Continuiamo a farlo, ma costruiamo anche coscienza e conoscenza collettiva, rafforziamo il discorso sociale dell’educazione, anche attraverso una grande campagna mediatica sull’educazione: prendiamo per mano i genitori.

Paola Milani è ordinaria di pedagogia sociale e pedagogia delle famiglie a Padova e referente scientifica del programma Pippi. Foto di Jason Leung su Unsplash


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