Welfare
Uranio: Verdi attivano numero telefonico per raccogliere denunce militari
Dopo la denuncia degli ultimi due casi è operativo da ieri un servizio di assistenza
I Verdi hanno attivato una linea telefonica per raccogliere le segnalazioni e fornire assistenza legale ai militari che hanno preso parte alla missione in Kosovo e sono stati esposti al rischio di contagio da uranio impoverito. L?iniziativa arriva dopo la scoperta, qualche giorno fa, di altri due casi sospetti quelli di Armando Paolo, di Latina, e Giovanni Stagni, di Aprilia. “Sono 27mila i soldati italiani che hanno partecipato alle 112 missioni della Nato nella ex Jugoslavia? afferma Angelo Bonelli, consigliere regionale del Lazio dei Verdi, ?in quell’area sono stati sparati oltre 31mila proiettili all’uranio impoverito. La triste storia dei due soldati, uno di Latina l’altro di Aprilia, adesso in congedo senza alcun tipo di aiuto economico, è sconcertante. Tornati a casa i due militari hanno cominciato a lamentare disturbi di vario genere. All’ospedale Umberto I e all’istituto oncologico Ifo al soldato di Aprilia è stato diagnosticato un tumore maligno al retto e una serie di linfonodi maligni al collo e sotto le ascelle. Al soldato di Latina, invece, e’ stata diagnosticata una disfunzione tiroidale”. “Per far fronte a casi come questi?, prosegue Monelli, ?abbiamo messo a disposizione di tutti i militari italiani che hanno partecipato a missioni in aree a rischio contaminazione uranio impoverito una linea telefonica 06/65932231 e un indirizzo di posta elettronica lazio@verdilazio.it. La storia dei due soldati in servizio in Kosovo nel 2000, che hanno riferito che le maschere antigas per ripararsi dall’uranio erano prive di filtri e insufficienti per tutti, e che di tute protettive ne erano state portate solo in pochi campioni tanto per far vedere che esistevano, deve far riflettere, e merita la massima attenzione”. “Quanti sono i militari che si sono ammalati?,chiede Monelli, ?quanti quelli che non riescono a veder
riconosciuti i propri diritti. E’ necessario fare chiarezza, a partire da com’e’ stata condotta l’indagine epidemiologica per i militari in missione in Kosovo, che presenta lati oscuri come evidenziato da questi due nuovi casi”.
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