In Sardegna ci sono 21 Comuni che rischiano di scomparire entro il 2050. Ma siamo pronti a scommettere che tra questi non ci sarà Bitti, paese di 2.600 abitanti situato all’estremo nord della Barbagia. Non è che sia immune dal processo di spopolamento che stanno registrando tantissimi centri piccoli o piccolissimi, e non solo nell’Isola. Il fatto è che la comunità bittese, da oltre vent’anni, sta mostrando una particolare vivacità creativa che consente di attrarre numerosi turisti nell’arco dei dodici mesi. La popolazione era scesa a 3.500 unità nel 2002 (settant’anni fa però erano il doppio, dunque l’emorragia è stata molto importante), ma nel frattempo si sono moltiplicate le iniziative culturali e di accoglienza turistica che fanno di questa località un punto di riferimento in tutte e quattro le stagioni.
Nel cuore della Sardegna, questa laboriosa realtà propone decine di iniziative che coinvolgono l’intera popolazione, dai più piccini agli anziani. Va tenuto conto che metà degli abitanti ha un’età superiore ai 60 anni. È davvero una comunità coesa che ha saputo reagire a due terribili alluvioni, pronta a contrastare le avversità rimboccandosi le maniche dopo aver pianto i suoi morti e fatto la conta dei danni. L’ospitalità nell’Isola è sacra, ma qui lo è ancora di più. Ai visitatori viene proposto un ampio menu di opportunità che vanno oltre le prelibatezze agroalimentari e gli scenari ambientali.
«Bitti è un paese dai due volti», è il commento dell’antropologo e giornalista bittese Bachisio Bandinu. «In ambito agropastorale si contano oltre 40mila capi ovini ma neppure una cooperativa. In altri paesi sardi c’è invece la tendenza a cooperare in vari settori (vino, olio, latte, pellame), da noi questo non accade. Al contrario, in ambito culturale c’è una particolare attenzione. Forse questo è legato al fatto che Bitti, sino agli anni Sessanta, vantava in Sardegna la maggior percentuale di laureati in proporzione al numero di abitanti. Tale particolarità resiste ancora oggi e ha favorito la nascita di alcuni musei, ma anche tutta la tradizione natalizia con il rituale de Su Nenneddu (l’antico simulacro del Bambino Gesù, ndr): l’intera comunità vi partecipa, e lo stesso accade per la festa campestre dell’Annunziata e altri momenti importanti, come la Festa della Madonna del Miracolo. Dove c’è la ritualità, il bittese risponde in maniera compatta. Una doppia anima, insomma. Ma nella pastorizia, ognuno ha il suo ovile e non si riesce a mettersi insieme. Neppure tra giovani».
Il sistema museale del Comune di Bitti è variegato: si va dal Museo multimediale del Canto a tenore, unico nel suo genere in tutta la Sardegna ed espressione artistica riconosciuta dall’Unesco come bene immateriale dell’umanità, al Museo della Civiltà pastorale e contadina, nel quale è presente un innovativo allestimento multisensoriale. Sull’altopiano granitico, ad alcuni chilometri dall’abitato e custodito in uno dei boschi di sughere più vasti dell’Isola, si trova il sito nuragico di Romanzesu (accessibile a persone con disabilità). Queste realtà sono gestite dalla cooperativa Istelai, che dà lavoro a dieci persone e stimola iniziative imprenditoriali e progetti nelle scuole. Inoltre, poco fuori Bitti, il parco paleontologico dei dinosauri BittiRex, all’interno del quale si può visitare il padiglione BittInsecta.
«Mi ritrovo interamente nel commento di Bandinu», sottolinea Francesco Coloru, presidente della cooperativa. «Noi lavoriamo ormai da 25 anni in questo settore. Eravamo un gruppo di giovani che, terminati gli studi universitari, sono restati nel paese in cui sono nati. Ma per farlo abbiamo dovuto inventarci qualcosa di nuovo, che andasse oltre il nostro consueto modo di essere, cioè una società agropastorale. I tempi erano ormai maturi per proporre un’offerta turistica di un certo tipo: il sito di Romanzesu andava valorizzato perché riveste una grande importanza storica del territorio; inoltre, in quel momento stava nascendo il polo museale. Si trattava di dare gambe a questo nuovo settore».
«La comunità ha capito e abbracciato la innovativa spinta economica legata alla cultura, al turismo e all’accoglienza», prosegue Coloru. «Negli ultimi vent’anni il paese ha fatto fronte comune e i risultati si vedono: nel corso del 2023 abbiamo registrato 24.284 ingressi nei luoghi della cultura di Bitti. E spesso la gente ritorna per altri eventi di richiamo, come le mostre multimediali di Leonardo da Vinci (“Da Vinci Experience”), Van Gogh (“Il Sogno”) e Frida Kahlo (“Viva la Vida”). Molta gente è arrivata dalla penisola e persino dall’estero. Il nostro non è un paese che apre a giugno e chiude a settembre, ecco perché lavoriamo sulla qualità e sulla costanza. Nel tempo sono arrivate anche le iniziative di privati, come BittiRex, con cui collaboriamo in maniera attiva per far crescere l’intera comunità: non a caso si sono moltiplicati i B&B e gli affittacamere, e sono nate iniziative imprenditoriali come un micro birrificio artigianale (cui si aggiungono vari punti di noleggio biciclette, mountain bike e quad, tutti gestiti da giovani, ndr). L’amministrazione comunale è sempre stata attenta a questo fermento che mette insieme associazioni, cooperativa e cittadini. Le ultime due generazioni sono state determinanti in questo processo: hanno squarciato un telo e mostrato i gioielli del nostro paese».
Bitti è attrattivo anche perché inserito nel circuito di “Foreste aperte” (evento regionale che si svolge all’interno del Parco naturale regionale di Tepilora) e di “Autunno in Barbagia”, oltre alle decine di feste religiose in paese e nelle chiese campestri che affondano le radici nei secoli passati, in cui l’antico si mischia naturalmente al moderno.
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