Sostenibilità

20 milioni di euro: l’equo solidale sfonda la nicchia

Sono presenti in oltre 2.500 supermercati. I prodotti con il marchio Fair Trade hanno vinto la loro sfida puntando sulla qualità.

di Ida Cappiello

Transfair Italia festeggia un traguardo importante: proprio nel 1994, infatti, nasceva il primo gruppo di lavoro con l?obiettivo di diffondere i prodotti equo solidali nella grande distribuzione. Oggi i prodotti certificati a marchio Fair Trade si vendono in oltre 2.500 supermercati di tutta Italia e sono esportati da 274 organizzazioni del Sud del mondo, in rappresentanza di 400mila cooperative di produttori. Adriano Poletti, presidente di Transfair dal 1997 (oltre che sindaco di Agrate Brianza, un comune alle porte di Milano), racconta il cammino fatto in questi anni e prova a disegnare le sfide per il futuro. Vita: L?impoverimento delle famiglie italiane sta toccando anche quelli che una volta si chiamavano benestanti e la grande distribuzione, ormai, punta tutto sul prezzo. Il commercio equo ci sta andando di mezzo? Adriano Poletti: I dati ufficiali sono ancora quelli del 2003, un anno veramente boom per noi, che ha visto triplicare le vendite, da 7 a 20 milioni di euro. Comunque, dalle sensazioni che ci comunicano i clienti sembra che la crescita continui, anche se a scapito dei prodotti concorrenti, cioè in un contesto di consumi fermi. Tra l?altro, i prezzi dei prodotti equi sono stabili, anzi in qualche caso sono addirittura diminuiti, perché è migliorata l?organizzazione commerciale, e poi la gamma si arricchisce sempre: quest?anno ad esempio abbiamo lanciato il riso, prodotto in Thailandia. Vita: Quali altre novità ha portato il 2004? Poletti: Molte idee sui prodotti non alimentari, ma l?iniziativa più importante riguarda i palloni da calcio. Ci sono le Olimpiadi, ma c?è anche il convegno mondiale dei bambini lavoratori a Firenze, a maggio. Sono loro che cuciono gran parte dei palloni. Stiamo lavorando insieme a Mani Tese, che coordina l?evento, per dare visibilità all?alternativa del pallone equo e solidale, anche contattando le società sportive, per sensibilizzare i ?calciatori in erba?. Oggi abbiamo tre aziende accreditate a produrlo, e possiamo promuovere l?allargamento del mercato. La gdo sta rispondendo: siamo riusciti a coinvolgere un colosso del calibro di Carrefour. Vita: Dunque il decennale si può degnamente festeggiare. Mi dica però che cosa è cambiato, dentro Transfair e dentro i consumatori. Poletti: Penso che la globalizzazione abbia inciso molto, al di là dei luoghi comuni. Ci sentiamo tutti più vulnerabili agli eventi, ma nello stesso tempo più partecipi alle sorti del mondo: è una sensibilità cresciuta in questi anni, e non prima, che sta alla base del successo del commercio equo. Certo siamo cambiati anche noi, e intendo non solo Transfair, ma anche le centrali d?importazione e le botteghe. Abbiamo acquisito professionalità, sappiamo comunicare meglio e diciamolo, abbiamo anche un prodotto migliore di dieci anni fa. Vita: Quindi abbiamo definitivamente superato la fase dell??acquisto militante?, insomma ideologico e alla fine ghettizzante? Poletti: Con 20 milioni di euro di fatturato nessuno può più parlare di ghetto. Però il prodotto equo e solidale ha acquistato anche una sua dignità sul piano commerciale: assicurata una qualità alta, può permettersi un prezzo in linea con le marche, ma con un valore aggiunto diverso. Però la sfida è migliorare ancora sul piano dell?efficienza, per raggiungere consumatori nuovi, anche quelli, e sono purtroppo sempre di più, che cercano il prezzo conveniente. Vita: La vittoria più importante di questi dieci anni? Poletti: Avere raggiunto lo scopo che ci eravamo dati, quello di coinvolgere nella logica del commercio equo tanti attori commerciali nuovi. Vita: E la sconfitta? Poletti: Non essere riusciti a collaborare in modo costruttivo con Ctm, dalla quale pure siamo nati (e che tre anni fa ha smesso di usare il marchio Transfair, ndr). Senza voler negare un rapporto dialettico che a mio parere non solo è inevitabile, ma anche utile: lo dimostra il fatto che il mercato equo è cresciuto in grande distribuzione, ma anche nelle botteghe. Anzi, voglio lanciare una proposta di dialogo: mettiamoci tutti intorno a un tavolo e discutiamo su come far crescere la domanda di prodotti equi e solidali. Perché le risorse per lo sviluppo dei produttori nel Sud arrivano per questa strada.


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