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Voglio un lavoro in Iraq

Ministeriali, manager e neolaureati sono pronti a impegnarsi per ricostruire il Paese. Cercano l’occasione sul web e si candidano via email. Paura?

di Carlotta Jesi

Ha la cancelleria di un tribunale da mandare avanti e nessuna esperienza umanitaria, Ignazio. Ma non importa: partirebbe domani. E con lui partirebbero Giorgia, laurea in Risoluzione dei conflitti a San Diego e master in Processi di pace e sviluppo, Paola che vuol viaggiare col marito al seguito e Sergio a un passo dalla pensione. Stessa meta, l?Iraq. Stessa motivazione, “partecipare alla ricostruzione del Paese”, spiegata per posta elettronica alle ong impegnate nel Golfo. Con email che hanno un curriculum vitae in allegato e una job reference per oggetto: RW_58725M, RW_42849A, RW_84199A, RW_29809H. RW che?

La Bagdad nascosta
Sono i codici usati dal portale ReliefWeb per indicare le professionalità di cui ha bisogno l?Iraq di oggi. Rispettivamente, coordinatori Paese, amministratori per Bassora, educatori per bambini di strada, esperti di microcredito. “Professionalità”, spiegano nella sede della ong Intersos, dove arrivano 20 curricula vitae al giorno, “che raccontano un Iraq di cui nessuno parla: quello dei negozianti di Bagdad che un anno fa vendevano le radioline e oggi i modem. E, soprattutto, quello della società civile che risorge”.
Società civile che, il 15 marzo, sul portale reliefweb.int, aveva 29 offerte di lavoro in Iraq. Di queste, quattro (per un infermiere, uno piscologo, un dottore e un coordinatore Paese) erano state lanciate dall?ong italiana Movimondo che nell?ultimo mese ha ricevuto 400 candidature di persone pronte a partire per il Golfo.
Il loro identikit? “Italiani, ma anche inglesi, americani, australiani e cittadini dell?Europa dell?Est con storie professionali molto diverse tra loro”, spiega Paolo Righetti, responsabile risorse umane della ong. “Proprio oggi mi è arrivato il curriculum vitae di un medico russo che ha cinquant?anni e una lunga esperienza nel campo della cooperazione. Ma ci sono anche persone che, pur non avendo mai svolto lavoro umanitario, si dicono pronte a partire. Compresi ex militari e perfino dirigenti di multinazionali che hanno avuto modo di lavorare in Iraq per le loro aziende e oggi sono disposti a mettere la loro competenza economica e contabile al servizio della ricostruzione del Paese”.
Aspiranti rambo amanti del rischio e delle missioni impossibili che reagiscono con indifferenza alle quotidiane notizie di attentati tra Bagdad e Bassora? Nella sede romana della Croce Rossa, sono pronti a giurare il contrario.

600 richieste, un record
“Negli ultimi mesi del 2003, in seguito all?attentato contro la sede della Croce Rossa internazionale, abbiamo ricevuto 600 richieste di partire per l?Iraq”, svela Fabrizio Centofanti,”nella maggior parte dei casi da nostri giovani volontari con meno di 40 anni”.
Ma per Bruno Neri di Terre des hommes, che sul portale Villaggio Volint cerca esperti in protezione dei minori per lavorare con i bambini di strada di Bagdad, l?età media di chi è pronto a partire per il Golfo scende anche sotto i 33 anni.
“Per lavorare con i bambini di strada cercavamo 6 persone, abbiamo ricevuto 50 candidature di ragazzi freschi di laurea e di master tra i 26 e i 33 anni desiderosi di dare una mano agli iracheni”. Giovani ingenui che tentano di rimpolpare il curriculum vitae?

Coraggiosa e motivata
Forse in alcuni casi, ma non sempre. Come dimostra la lettera di presentazione, in inglese, che la giovane Giorgia V. ha inviato al Cesvi per diventare il suo coordinatore in Iraq: “Sono una cittadina italiana che ha studiato all?estero. Ho una laurea in Sicurezza internazionale e risoluzione dei conflitti, sto finendo la mia tesi di master in Processi di pace e attualmente mi trovo in Sudafrica dove lavoro per una società di consulenza economico-sociale a Cape Town”. Segue un lungo elenco di stage e collaborazioni con organizzazioni non profit, e questa frase “sono molto motivata e non mi lascio spaventare dalle difficoltà”.
Caratteristica che Giorgia sembra avere in comune con i medici che inviano le loro candidature a Emergency. “Quelli che indicano una preferenza per l?Iraq non sono molti”, spiega Sonia Riccielli, che ogni giorno riceve 25 curriculum vitae, “ma in poco tempo siamo comunque riusciti a trovare un?infermiera esperta in gravi ustioni per il nostro centro di Erbil. Segno che la paura non ferma chi ha i numeri giusti per partire”.
E, forse, nemmeno chi in Iraq farebbe la sua prima esperienza umanitaria, come gli internauti che hanno partecipato al sondaggio di Vita.it ?AAA, forza lavoro cercasi a Bagdad?.

Il sondaggio di Vita
Internauti come Graziano, che alla domanda “Ti senti pronto a partire per l?Iraq?”, ha risposto così: “Ho esperienza come programmatore informatico, ma sarei aperto ad altre occupazioni. La proposta di lavoro è seria?”.
O come Silvia Nardino di Padova, che dichiara: “Partirei subito (be?, nei limiti della sistemazione della mia posizione lavorativa…), una delle cose di cui mi occuperei più volentieri sarebbe la formazione… e quasi quasi proporrei a mio marito di seguirmi… Credo proprio che saremmo in molti”.

Info:
Rivolgetevi qui

Il miglior posto per trovare un impiego in Iraq? Le ong italiane impegnate nel Golfo, non hanno dubbi. E’ Internet. Ecco i siti da visitare:

www.reliefweb.int: é il portale su cui pubblicano le loro offerte tutte le ong del mondo. Scritto in lingua inglese, nella sezione “vacancies” consente di fare una ricerca per tipo di Paese in cui andare a lavorare, per termine entro cui presentare la propria candidatura e per organizzazione.

www.volint.it: é il sito dei Volontari internazionali per lo sviluppo, ci trovate soprattutto le offerte di lavoro pubblicate da associazioni e organizzazioni non governative del nostro Paese.

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