Giustizia

Affettività in carcere, quella sentenza della Corte ignorata

Il Governo ha bloccato la sperimentazione al carcere Due Palazzi di Padova degli spazi per l’affettività in carcere, sostiene che la costruzione non sia di competenza delle associazioni ma del Dap. Ornella Favero: «Temo che l'istituzione di un tavolo tecnico per la realizzazione della sentenza sia un modo per rimandare la sua attuazione»

di Ilaria Dioguardi

Il Due Palazzi di Padova è la sede della redazione di Ristretti Orizzonti, storica rivista legata all’associazione “Granello di Senape” che da anni si occupa di diritti delle persone in carcere e a cui lavorano anche le stesse persone detenute. È in questo carcere che è stata bloccata la sperimentazione degli spazi per l’affettività, sarebbero stati i primi in Italia. Il motivo? Il governo considera che non siano di competenza delle associazioni ma del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – Dap. Contatto telefonicamente Ornella Favero, presidente Conferenza nazionale volontariato giustizia e direttrice di Ristretti orizzonti, per saperne di più.

Favero, cosa può dirci riguardo all’attuazione della sentenza della Corte sull’affettività in carcere, ora che la sperimentazione al Due Carceri di Padova è stata bloccata.

Abbiamo fatto una riunione stamattina su come andare avanti. È stato istituito un tavolo tecnico per la realizzazione della sentenza della Corte costituzionale  ( n.10 del 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.18 dell’ordinamento penitenziario nella parte in cui non permette di avere colloqui “con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia”, ndr). Abbiamo chiesto più volte di avere notizie sullo stato dei lavori, ma non ci è stato detto nulla. Sappiamo che, dopo un incontro collettivo, sono stati creati dei sottogruppi di lavoro, che uno di questi si occupa dell’edilizia penitenziaria, ma per il resto non sappiamo nulla, né i termini né i tempi. Temo che sia un modo per rimandare l’attuazione della sentenza.

Una riunione di redazione di Ristretti Orizzonti nel carcere Due Palazzi di Padova

Cosa chiedete?

Chiediamo di partecipare al tavolo tecnico come Terzo settore. Ci sembra che ne abbiamo tutto il diritto. E avevamo chiesto che i lavori, la composizione del tavolo fossero pubblici: non capiamo cosa voglia dire questa specie di segretezza. La prossima settimana ho un appuntamento con il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Russo, a cui chiederò di accelerare i lavori sull’attuazione della sentenza e di dare un segno. Non tutte le carceri sono in grado rapidamente di fare una sperimentazione, anche perché gli spazi per l’affettività in carcere riguardano principalmente Case di reclusione in cui ci sono detenuti con pene medio-lunghe.

In che modo siete andati avanti, al Due Palazzi di Padova, con il progetto per la costruzione di spazi che permettano alle persone detenute di esercitare il loro diritto all’affettività e alla sessualità?

Stamattina abbiamo deciso di mandare una lettera, nelle carceri, per invitare i detenuti a chiedere di fare questi colloqui intimi. Solo così si può innescare un meccanismo virtuoso per cui un detenuto fa richiesta di poter effettuare un colloquio intimo, secondo la sentenza. A questa richiesta il direttore non risponde oppure risponde dicendo che non ci sono strutture idonee. A quel punto, si fa reclamo ai magistrati di sorveglianza, che sono favorevoli a questi colloqui: si parla del rispetto di una sentenza della Corte costituzionale. È un meccanismo virtuoso, ma che non ha tempi rapidi. Speriamo che serva a costringere a creare questi spazi rapidamente.

L’unica forma di prevenzione dei suicidi è il potenziamento dell’affettività: le telefonate e le stanze degli affetti

Si potrebbero creare spazi per colloqui intimi, in tempi rapidi?

Se si volesse, basterebbe mettere una struttura prefabbricata nelle molte carceri in cui è possibile. Si potrebbe fare rapidamente.

L’architetto Cesare Burdese si era reso disponibile a regalare al carcere un progetto per la costruzione degli spazi?

Sì, e abbiamo chiesto di intervistare l’architetto Burdese come redazione. La provveditrice solleciterà la nostra richiesta: stiamo ancora aspettando da due mesi l’autorizzazione del Dap. (Come ci aveva spiegato Ornella Favero in una recente intervista, due circolari introdotte lo scorso anno chiedono di comunicare le attività che vengono fatte nei vari istituti penitenziari perché il Dap vuole esserne a conoscenza, spesso questo le rallenta o le blocca, ndr). All’incontro che avrò a breve con il capo del Dap, come presidente della Conferenza nazionale volontariato giustizia, uno dei temi che solleverò è anche quello di queste circolari, che considero assurde. Domani, nella Commissione Giustizia del Senato, parteciperò ad un’audizione sul Decreto Carceri (disegno di legge n. 1183, d.l. 92/2024 in materia penitenziaria e giustizia civile e penale, ndr).

Può anticiparci cosa dirà domani all’audizione sul Decreto “Carcere sicuro”?

Dirò che l’unica forma di prevenzione dei suicidi è il potenziamento dell’affettività: le telefonate e le stanze degli affetti.

Foto di apertura di Michaela, at home in Germany • Thank you very much for a like da Pixabay. Foto di Ristretti Orizzonti

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.