Il documento
Le associazioni cattoliche: il nostro impegno per una democrazia partecipata
In chiusura della Settimana sociale dei cattolici le associazioni cattoliche inviano una lettera al Paese, sottolineando il loro impegno a difesa della democrazia
di Alessio Nisi
Una lettera indirizzata al paese che vale un documento, un manifesto di intenti. Un impegno a difesa della democrazia, che sia sempre più partecipata dal basso e sostanziale, al servizio degli ultimi e dei deboli. A scriverla e a renderla pubblica nel giorno di chiusura della cinquantesima Settimana sociale dei cattolici in Italia a Trieste, le associazioni cattoliche italiane. In particolare: Azione cattolica italiana, Acli, associazioni, Associazione guide e scouts cattolici italiani, Comunità di sant’Egidio, Fraternità di comunione e liberazione, Movimento cristiano lavoratori, Movimento politico per l’unità focolari, Rinnovamento nello spirito e Segretaria della consulta nazionale delle aggregazioni laicali.
Democrazia, bene fragile che esige una cura
“Ci siamo incontrati in questi giorni in occasione della cinquantesima Settimana sociale dei cattolici in Italia per riflettere sulle sfide attuali della democrazia”, si legge in apertura.
“Siamo una realtà plurale, accomunata dall’appartenenza ecclesiale, e riconosciamo tale condizione come una ricchezza che ci anima ancora di più nella ricerca quotidiana di ascolto attento, confronto leale, dialogo paziente e collaborazione costruttiva. Siamo altresì consapevoli che in questo tempo, attraversato dalla violenza della guerra e dalla crescita delle disuguaglianze, la democrazia è un bene sempre più fragile che esige una cura che non può escludere nessuno. Mantenere viva la democrazia è, come ci ha ricordato papa Francesco, una sfida che la storia oggi ci pone, incoraggiando tutti a lavorare perché l’impegno a rigenerare le istituzioni democratiche possa sempre più essere a servizio della pace, del lavoro e della giustizia sociale”.
Una scelta per la pace che si faccia azione concreta
“Non possiamo innanzitutto tacere la nostra viva e crescente preoccupazione per la guerra”, scrivono le associazioni cattoliche firmatarie del documento.
“Non possiamo”, ai aggiunge, “innanzitutto tacere la nostra viva e crescente preoccupazione per la guerra. La guerra continua a mietere vittime e a produrre distruzioni in Ucraina, in Terra Santa, nel Sudan, in Congo e in altre regioni del mondo. La guerra, che si insinua anche nella nostra società, si fa cultura, modo di pensare, di parlare, di vedere il mondo. Vogliamo quindi affermare nuovamente il grande desiderio di pace che ci muove a chiedere di restituire all’Italia e all’Europa una missione di pace. La pace è il fondamento della democrazia. La guerra corrode e corrompe la democrazia. Oggi per noi andare al cuore della democrazia significa confermare e chiedere alla società, alla politica, alle istituzioni una scelta per la pace che si faccia azione concreta”.
Lo spirito e la tensione costituente
Dalla guerra al recupero dei valori dello spirito costituente e costituzionale. “La nostra Costituzione è nata da uno spirito di condivisione, che ha consentito di superare le barriere ideologiche per costruire la casa comune e promuovere un ampio sviluppo del Paese, facendo tesoro della libertà conquistata dopo la dittatura fascista e l’esperienza distruttiva della Seconda guerra mondiale. I cattolici si sono messi al servizio di quest’opera civile di straordinario valore. Vi hanno contribuito con la loro fede, con il loro impegno, con le loro idee. Lo hanno fatto camminando insieme a donne e uomini di cultura diversa, cercando di dare alla comunità un destino migliore e un ordinamento più giusto, convinti che la solidarietà accresce la qualità della vita e che la prima prova di ogni democrazia sia l’attenzione a chi ha maggior bisogno.
Di questo spirito costituente e costituzionale di condivisione”, si sottolinea, “abbiamo ancora bisogno oggi. Per questo sentiamo la necessità di interrogarci su come infondere ancora una volta questo spirito nel tessuto della nostra società, della nostra patria e della nostra Europa”.
Uno sforzo condiviso per riavvicinare i cittadini alla vita democratica
L’appuntamento della Settimana sociale dei cattolici di quest’anno a Trieste ha avuto come focus la crisi di partecipazione. Per le associazioni cattoliche, “la crisi della rappresentanza e della partecipazione richiede uno sforzo condiviso per aggiornare le istituzioni repubblicane e ripensare la politica al fine di riavvicinare alla partecipazione democratica i cittadini, le nuove generazioni e le periferie, geografiche ed esistenziali, del Paese”.
Le stesse associazioni si dicono “consapevoli che una lungimirante alleanza costituzionale sia ancora oggi possibile, ritrovando quella che Aldo Moro ebbe a definire una “straordinaria convergenza di mobilitazione e di collaborazione, di popolo e di governo””. A proposito delle ultime tornate elettorali “in un contesto di astensionismo allarmante, e in un quadro europeo e internazionale caratterizzato da spinte che mettono in discussione il senso stesso della democrazia, sentiamo il dovere di favorire in ogni modo il dialogo sulle riforme costituzionali”.
Le riforme, espressione di una comune responsabilità
Le associazioni rimarcano nella lettera l’importanza del dialogo sulle riforme costituzionali. “Desideriamo affermare che ogni riforma della Costituzione, nata da istanze sociali plurali e concorrenti, debba essere frutto di una comune responsabilità nell’incontro, che crediamo sempre possibile, tra le argomentazioni e le ragioni di ciascuna parte. Analogo metodo, concertato e improntato al dialogo tra forze politiche, sociali e culturali”, si legge, “chiediamo nella valutazione degli impatti complessivi dell’autonomia differenziata sull’unità sostanziale del Paese. Ogni qualvolta negli interventi di revisione costituzionale sia stato violato o venga ancora violato lo spirito di condivisione, a favore invece della ordinaria dialettica dei dibattiti parlamentari tra maggioranza e minoranza, a essere indebolita è la nostra democrazia”.
Il confronto nelle differenze
È necessaria “oggi più che mai quella tensione costituente, che recuperi con magnanimità un desiderio di confronto reciproco nelle differenze, che superi il rischio di radicali polarizzazioni e che diventi impegno a realizzare, a ogni livello, quella “democrazia sostanziale”, la quale consiste nella piena concretizzazione dei diritti sociali per i poveri, per gli “invisibili” e per ogni persona nella sua infinita dignità che rappresentano, come ha ricordato papa Francesco, il cuore ferito della democrazia perché la democrazia non è una scatola vuota, ma è legata ai valori della persona, della fraternità e dell’ecologia integrale”.
Un nuovo impegno per una democrazia partecipata
Le associazioni firmatarie della lettera in chiusura aggiungono: “Ci sentiamo impegnati, a partire dall’ambito educativo, a dare vita ad una democrazia partecipata e dal basso, garantita dall’equilibrio di pesi e contrappesi dell’assetto istituzionale della Repubblica, e sostenuta dalla promozione delle autonomie locali in una prospettiva sussidiaria e solidale. Nella consapevolezza che, come ci ha ricordato il capo dello Stato: La democrazia non è mai conquistata per sempre”.
Nel solco tracciato in questa Settimana sociale di Trieste da papa Francesco, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dal presidente della Conferenza episcopale italiana, card. Matteo M. Zuppi, dagli oltre 1000 delegati e 6000 partecipanti accorsi da ogni punto d’Italia, si legge, “sentiamo che questo profondo sogno di condivisione e non di divisione accomuni tante donne e uomini, bambini e anziani, giovani e adulti che hanno a cuore il bene e il futuro dell’Italia”.
Nella foto di apertura, del Servizio stampa del Vaticano, papa Bergoglio incontra i partecipanti alla Settimana sociale. Con lui, a destra, il cardinal Matteo Zuppi, presidente della Cei.
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