Salute

Aids: in Europa si diffonde un ceppo africano-asiatico

Sono i dati presentati oggi all’Università Cattolica di Roma in occasione del “Second European HIV Drug Resistance Workshop”

di Benedetta Verrini

Aumenta la trasmissione di virus resistente e la diffusione del ceppo di HIV non-b ?nuovo? per l?Europa, perché originariamente tipico dell?Africa e dell?Asia. Supera ormai il 10% la trasmissione di virus resistente: il dato si riferisce all?Europa ma vale anche per il nostro Paese, dove anche il ceppo non-b è presente in modo consistente ed è responsabile di numerose nuove infezioni (tra il 5 e il 30% a seconda delle zone) in prevalenza a carico di eterosessuali. I dati presentati oggi all?Università Cattolica di Roma in occasione del ?Second European HIV Drug Resistance Workshop? in programma fino a sabato prossimo. ?La mortalità dovuta all?AIDS è notevolmente diminuita, almeno nei Paesi occidentali, grazie alle terapie basate sull?uso di cocktail di antiretrovirali- ha detto il prof. Roberto Cauda, direttore dell?Istituto di Clinica delle Malattie Infettive dell’Università Cattolica- ma le resistenze ai farmaci rappresentano uno dei problemi chiave che oggi dobbiamo fronteggiare se non vogliamo perdere il terreno guadagnato contro la malattia?. La resistenza è sostanzialmente la perdita di sensibilità del virus nei confronti dell’effetto inibitorio di un farmaco: il virus, esposto all?azione di un farmaco, reagisce modificando il proprio corredo genetico (mutazione) in modo tale che queste variazioni gli consentano di continuare a replicarsi anche in presenza del farmaco o dei farmaci, pertanto la resistenza è un importante fattore contribuente al fallimento terapeutico. ?È necessario l?impiego del test di resistenza non solo per monitorare la terapia ma anche per decidere con quale combinazione di farmaci iniziare ? spiega il dott. Andrea De Luca, ricercatore presso l?Istituto di Clinica delle Malattie Infettive dell’Università Cattolica e membro del comitato organizzatore del congresso -, visto che il numero di persone che si sono contagiate con HIV farmacoresistente è in crescita. Inoltre lo stesso test di resistenza ci permette di compiere studi di epidemiologia molecolare e determinare il ceppo di HIV della persona: è attraverso questi studi infatti che è possibile definire incidenza e prevalenza dell?HIV non-b che in Europa e nel nostro paese è in crescita per via dei flussi migratori. L?allargamento a Est dell?Unione Europea per sua stessa natura non potrà non portare a un aumento della presenza di questo ceppo ?nuovo? di virus?. Le particolarità di questo ceppo di HIV non-b non sono del tutto note, anche perché sino ad oggi poco presente nel nord del mondo: allo stato attuale sembra essere lievemente meno sensibile alle terapie e soprattutto quando sviluppa resistenza mette il clinico e il paziente nella condizione di non poter disporre più per la terapia non solo della singola molecola verso cui ha sviluppato resistenza, ma, frequentemente, addirittura dell?intera classe terapeutica cui appartiene quel farmaco. Scrupolosa adesione alle terapie da parte del paziente e utilizzo di combinazioni di farmaci antiretrovirali massimamente soppressivi la replicazione del virus: queste le due armi di a disposizione del medico e del paziente per prevenire l?insorgenza di resistenze. Spiega De Luca: ?è necessario utilizzare farmaci ad alta barriera genetica, cioè molecole nei confronti delle quali il virus per potersi replicare dovrebbe riuscire a mutare molte volte?. Stessa regola va adottata quando si definisce la terapia nella donna gravida per fare la profilassi della trasmissione del virus da madre a figlio. È quanto emerge da uno studio condotto dai ricercatori dell?Università Cattolica coordinati dalla prof. Enrica Tamburrini e presentato dalla dott. Antonella Cingolani nel quale viene sottolineato che la terapia deve essere miratissima, combinare cioè la massima soppressione virologica per la madre e per il figlio, impedendo cioè che la madre possa sviluppare resistenze che le pregiudichino l?efficacia della terapia dopo la gravidanza e, nell?ipotesi malaugurata, che anche il bimbo possa albergare un virus anch?esso resistente.


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