Cultura
Iraq. la Camera approva, l’Ulivo si divide in tre
Giornata movimentata, quella di ieri: la Cdl vota compatta per prorogare la missione, l'Ulivo si spacca e i Ds al loro interno pure tra emendamenti, astenuti e voti contrari...
Del dibattito sulle missioni italiane all?estero, chiuso mercoledì sera con una seduta durata sette ore, due cose erano scontate: quella molto scontata era che il decreto che proroga le missioni militari, compresa quella in Iraq, sarebbe stato convertito in legge con i voti favorevoli del centrodestra (e così è stato: 281 sì, 64 no, 12 astenuti). Quella abbastanza scontata era che il centrosinistra, anche se unito nel giudizio negativo su Antica Babilonia, si sarebbe diviso in almeno tre posizioni a ogni passaggio cruciale.
Tre posizioni, ma in un quadro a dir poco ancora più articolato, anche al voto finale: Ap-Udeur si è astenuto (ma solo per spirito di coalizione, ha precisato Clemente Mastella, perché sennò avrebbe votato «decisamente a favore»); Verdi, Comunisti italiani e Rifondazione comunista hanno votato no; la Lista unitaria non ha partecipato al voto, ma ci sono stati 39 diessini (tutto il Correntone, ma anche Giuseppe Lumia, Luigi Giacco e Walter Tocci, che sono della maggioranza) e un esponente della Margherita (Roberto Ruta), che hanno votato contro. Non sono però mancati anche episodi che scontati non erano previsti.
Il primo è arrivato a metà mattina quando Mauro Zani, della maggioranza Ds, ha chiesto la parola. Ha fatto sapere che aveva sottoscritto e che avrebbe illustrato lui un emendamento a prima firma Pietro Folena (Correntone) che chiedeva il ritiro immediato delle truppe italiane da Nassiriya. Ha attaccato «la demagogia del governo, tesa ad accreditare una missione umanitaria» e la maggioranza: «Avete inviato i nostri militari in una zona di guerra con le mani legate da un mandato ambiguo e contraddittorio». L?emendamento è stato respinto.
Ma, altra sorpresa, benché la Lista unitaria si fosse detta contraria al ritiro immediato, hanno votato a favore settanta deputati del centrosinistra, tra cui quaranta Ds (per la minoranza erano in aula in 36) e sette della Margherita. Non hanno seguito l?indicazione del voto contrario anche quattro membri della segreteria della Quercia: Barbara Pollastrini e Mimmo Lucà si sono astenuti, mentre Livia Turco e Anna Finocchiaro non hanno partecipato al voto (lo stesso hanno fatto Ermete Realacci e Giuseppe Fioroni per la Margherita).
Nel primo pomeriggio, dopo che la seduta era stata sospesa per un?oretta, sono arrivate le precisazioni. Si è venuto così a sapere che i sette della Margherita che avevano votato per il ritiro immediato si erano sbagliati. Ad annunciarlo in aula appena ricominciata la seduta è stato Antonio Boccia, segretario del gruppo della Margherita a Montecitorio nonché uno dei sette che aveva commesso «meri errori materiali». Anche la diessina Turco precisava la sua posizione sul ritiro immediato («un inaccettabile modo di essere Ponzio Pilato») e faceva sapere che la mancata partecipazione al voto «è stata del tutto casuale e dovuta unicamente a motivi di salute». Motivi di salute hanno impedito di votare (aveva annunciato il no) anche a Fulvia Bandoli, che però a Montecitorio non c?era.
A metà pomeriggio, tutti gli emendamenti presentati dal centrosinistra erano stati bocciati. Poi è iniziata la votazione dei diversi ordini del giorno. Quello sostenuto dalla Lista unitaria (primo firmatario Luciano Violante), che chiedeva il ritiro delle truppe il 30 giugno in mancanza di una svolta nella crisi irachena e un coinvolgimento dell?Onu, è stato respinto con i voti contrari della maggioranza, ma anche di Verdi, Comunisti italiani e Rifondazione comunista. Il correntone Ds non ha partecipato al voto, e subito si è spezzata l?inedita alleanza con Zani, che ha votato a favore spiegando: «Sono per il ritiro immediato, ma è molto meglio fissare una data che non seguire l?indicazione di Bremer, che chiede al contingente italiano di rimanere fino al 2005».
Nel tardo pomeriggio sono iniziate le dichiarazioni di voto sul decreto che proroga le missioni italiane all?estero, ma praticamente si è parlato soltanto di quella in Iraq. Ognuno ha ribadito le posizioni espresse in queste settimane. La maggioranza ha criticato l?opposizione, la lista unitaria la maggioranza, il «polo pacifista-arcobaleno» (la definizione è di Paolo Cento) maggioranza e lista unitaria (fuori dal Parlamento si è unito alle critiche anche il comitato ?Fermiamo la guerra?, che ha definito il non-voto «una scelta profondamente sbagliata» e «in contraddizione» con ragioni e piattaforma della manifestazione del 20 marzo). Il leader Ds Piero Fassino ha ribadito che la scelta di non partecipare al voto è stata fatta dalla lista unitaria per sottrarsi al «ricatto inaccettabile» di non separare il rifinanziamento della missione in Iraq dal resto delle missioni.
Il voto finale non ha riservato sorprese. La seduta si è però chiusa con un applauso che ha unito tutti i banchi dell?aula quando Pier Ferdinando Casini ha detto: «Ora ritengo giusto far giungere ai militari italiani impegnati in missioni di pace il nostro applauso più sentito».
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