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Sport dilettantistico & Terzo settore: vediamoci chiaro
Per la prima volta uno studio fa luce sui rapporti fra enti del Terzo settore, Associazioni sportive dilettantistiche e Società sportive dilettantistiche. Un dossier focalizzato su Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta a cura di Fondazione Terzjus di cui VITA anticipa i risultati più rilevanti
di Redazione
Sport dilettantistico e Terzo settore: due mondi paralleli che finora hanno faticato ad incontrarsi. Eppure le affinità sono molte: escluso quel 10% di sport d’elite, infatti l’associazionismo sportivo legato al Coni e quello sociale hanno molti punti in comune. Primo fra tutti quello di essere strumenti di benessere, inclusione e socialità largamente diffusi sul territorio. Sono infatti oltre 370mila le istituzioni non profit censite dall’Istat e oltre 110mila (dato del ministero dello Sport aggiornato allo scorso aprile) le associazioni (Asd) e società sportive (Ssd). Due facce della medaglia tenute a distanza da un legislatore poco attento a valorizzarne le alleanze, ma al contrario spesso responsabile di generare norme poco armoniche e talvolta contraddittorie. Non è però solo una questione legislativa. Anche il mondo scientifico finora infatti non aveva prodotto studi comparati o integrati che “facessero parlare” questi due mondi, entrambi profondamente rinnovati dopo le riformeddel 2016/2017 (Terzo settore) e 2019 (sport).
Un vuoto che ha meritoriamente cominciato a riempire un report di ricerca sull’associazionismo sportivo in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta intitolato “Sport e Terzo settore” e promosso da Fondazione Terzjus in collaborazione con le sezioni del Coni delle tre regioni del nord-ovest e il contributo di Fondazione Compagnia di San Paolo. Un dossier, presentato nei giorni scorsi presso la sala “Il salotto delle idee” presso il Collegio Artigianelli di Torino nell’evento “Opportunità e novità per uno sport sempre più inclusivo”, moderato dal direttore di VITA Stefano Arduini. Nei prossimi giorni il dossier sarà scaricabile integralmente dal sito di Terzjus. Qui un’anticipazione delle evidenze più rilevanti.
Le tre fasi della ricerca
Il progetto si è sviluppato in tre fasi. In un primo momento si è provveduto a realizzare una rassegna e un monitoraggio della normativa e degli atti amministrativi per cogliere i tratti salienti delle due riforme che interessano le Asd e Ssd e per elaborare un modello condiviso di ente sportivo dilettantistico del Terzo settore, da veicolare ai destinatari dell’iniziativa. Tale modello è stato illustrato e discusso nella successiva attività informativa-formativa, che ha coinvolto circa 800 Asd e Ssd, in un ciclo di webinar tematici, organizzati tra la fine del 2023 e gli inizi del 2024. Nella terza fase è stata infine condotta un’indagine su un campione rappresentativo di Asd e Ssd che operano in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Le organizzazioni sportive nelle tre regioni considerate sono state invitate a rispondere ad un questionario composto da 48 domande, suddivise in diverse aree tematiche: opinioni sulle riforme, affiliazioni, attività, fabbisogni e caratteristiche delle realtà associative. Al termine della campagna web sono stati raccolti 739 questionari autocompilati dalle Asd-Ssd: 592 del campione nelle tre regioni nord occidentali, 147 di un gruppo di controllo di realtà attive nel resto d’Italia.
«Questo lavoro ci dice essenzialmente tre cose», interviene Luigi Bobba, presidente di Terzjus: «La prima è che le Asd e le Ssd non sono molto soddisfatte delle novità introdotte dalla riforma dello sport. La seconda è che pur avendo natura diversa, le associazioni e le società sportive dilettantistiche hanno spesso una comunanza di fini e comunque non sono in contraddizione fra loro. Terzo: ci sono evidente prossimità fra questi soggetti e gli enti di Terzo settore a partire dal volontariato e dai fini sociali basti pensare agli enti di promozione sportiva come Csi e UsAcli, eppure solo il 9% degli enti sportivi analizzati ha scelto di entrare nel registro unico del Terzo settore». Che ci sia ancora tanto lavoro da fare insieme lo sostiene anche il segretario generale di Fondazione Compagnia di San Paolo, Alberto Anfossi che se da una parte considera «il benessere generato da un’attività sportiva un target anche per noi», dall’altra non nascondo come «siano ancora poche le realtà sportive che partecipano ai bandi dedicati: oltre il 70% delle realtà dei nostri territori non ha mai partecipato a nostre iniziative». Da qui «l’importanza di conoscere meglio questo mondo».
Vediamo dunque alcuni dei dati più significativi emersi dallo studio.
Il profilo delle Asd e delle Ssd
Nelle tre regioni nord-occidentali il gruppo più consistente di Asd e Ssd si è costituito dopo il 2010 (36%), ma è considerevole anche il numero degli enti sportivi di base che hanno cominciato ad operare nel decennio precedente (il 30,7% tra il 1999-2009) o ancor prima (il 33,4% ha mosso i primi passi più di un quarto di secolo fa, essendosi costituito anteriormente al 1998).
In quattro organizzazioni su dieci che agiscono in Piemonte, Liguria e Val d’Aosta non vi sono tesserati che si impegnano per l’associazione a titolo gratuito (40,2%); ciò non toglie che nelle tre regioni nordoccidentali la maggior parte delle organizzazioni sportive si avvalgano del contributo di volontari (56,1). Per quel che riguarda i dipendenti e i collaboratori, appare piuttosto marcata una tendenza ad impiegare personale retribuito, malgrado non sia particolarmente elevato il numero di occupati: un quarto degli enti hanno dichiarato di non avere dipendenti o collaboratori (24,2%); in poco meno di un quinto degli enti sono tra 1 e 3 i lavoratori dello sport (19,3%), mentre in oltre 4 casi su dieci vi sono 4-10 addetti retribuiti negli enti sportivi. È opportuno aggiungere che non si tratta di rapporti di lavoro stabili: solo nel 13,1% dei casi i compensi superano i 5mila euro annui, mentre nell’86,9% delle circostanze sono collaborazioni occasionali.
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solo un quarto degli enti ha ricavi uguali o inferiori a diecimila euro nell’arco di dodici mesi (23,3%), mentre la maggior parte tende a collocarsi nelle classi centrali di ricavi (il 30% fra 10-60mila euro, il 24,7% tra più di 60mila e 200mila euro); poco più di un ente su dieci ha ricavi superiori a 200mila euro (12,9%). Gli enti sportivi attingono in media a 2,6 fonti di entrata diverse. Tra i canali di finanziamento più gettonati vi sono le quote associative (86,8%) e le iscrizioni/rette che i soci versano per frequentare corsi e altre attività sportive (77,5%). Le organizzazioni delle tre regioni nordoccidentali si alimentano quasi sempre attraverso forme di sovvenzionamento interno. Molto meno frequente è il ricorso a introiti esterni quali le sponsorizzazioni da parte di privati (31,1%), i contributi/finanziamenti pubblici (26,4%), la raccolta del 5×100 (14,2%) o di donazioni (10,1%), nonché la cessione di diritti/indennità degli atleti che incide pochissimo sui proventi (1,7%), a testimonianza del fatto che l’associazionismo di base è quasi del tutto estraneo dalle transazioni economiche in voga nello sport professionistico.
Nelle tre regioni del Nord Ovest circa un quinto (21,8%) delle ASD-SSD sono impegnate in progetti specifici rivolti a soggetti fragili o a promuovere lo sport nelle scuole, o ancora finalizzati all’apertura di centri estivi e polisportive in luoghi dove adulti, anziani e genitori faticherebbero a trovare un’alternativa conveniente per concedere a sé stessi o ai propri cari un po’ di moto. Il dato sulla vocazione sociale del mondo sportivo è più elevato tra le organizzazioni che sono affiliate ad Enti di Promozione Sociale (28,3%). Allo stesso tempo, quasi 4 enti sportivi su 10 (38,5%) hanno dichiarato di coinvolgere nelle ordinarie attività sportive persone con difficoltà di vario genere: tra cui disabili, cittadini indigenti, migranti, Neet, detenuti, soggetti con problemi di dipendenza, senza fissa dimora. Da ciò si vede come l’attività motoria sia molto spesso un veicolo di inclusione sociale per chi versa in condizioni di vulnerabilità.
Gli orientamenti nei confronti della riforma dello Sport e del Terzo settore
La maggior parte delle organizzazioni che hanno aderito alla ricerca sono convinte che il mondo dell’associazionismo sportivo si trovasse in una condizione migliore prima del varo delle due riforme, per la precisione il 51% in Piemonte, Liguria e Val d’Aosta: l’87,3% degli interpellati sono molto o abbastanza d’accordo sul fatto che le nuove misure richiedano tempi assai lunghi di gestione ed esecuzione.
Un segmento molto ristretto di Asd e Ssd piemontesi, liguri e valdostane hanno acquisito la qualifica di Ets-Enti di Terzo settore o hanno intenzione di farlo (9,3%). Molto più ampia è la quota di organizzazioni che ha dichiarato la propria riluttanza ad ottenere tale forma di accreditamento (31,3%). Vi è comunque una percentuale pressoché analoga di associazioni e società sportive delle tre regioni nord occidentali che sono ancora incerte sul da farsi, non avendo ancora deciso se è il caso di iscriversi al Runts-Registro unico nazionale Terzo settore(32,9%). Fa riflettere infine che nelle tre aree considerate più di un quarto degli enti contattati nella ricerca affermi di non essere a conoscenza della possibilità di acquisire tale qualifica. A conti fatti quindi quasi sei enti su dieci che operano in Piemonte, Liguria e Val d’Aosta sembrano inconsapevoli o disinteressati rispetto alla prospettiva di approdare nel sistema di regolazione del Terzo settore, mentre un altro terzo è ancora indeciso sul da farsi e poco meno del 10% esprime un orientamento positivo su tale opzione. Quest’ultimo dato trova una conferma nella percentuale di iscrizioni al RUNTS: solo l’8,6% delle Asd e Ssd nelle tre regioni del Nord Ovest hanno sostenuto di essersi accreditate in tale Registro, a fronte del 20,5% nelle altre regioni.
Lo studio si conclude con alcune proposte civilistiche e fiscali. Vediamole.
Proposte civilistiche- rendicontali
- Modelli standard di statuto per le Asd predisposti dagli Organismi Sportivi affilianti (Fsn, Dsa e Eps e approvati dal Dipartimento per lo Sport
- Sezione apposita sul portale Rasd per gli Ets sportivi, in cui consentire, dunque, l’accesso per gli enti che assumono la doppia qualifica con uno scambio di informazioni immediato con il RUNTS e previsione di apposita procedura per iscrizione degli Ets sportivi nel Rasd che sia semplificata e coordinata con quella del Runts chiarendo la necessità o meno di previa affiliazione ad un Organismo Sportivo affiliante
- Intervento di coordinamento sui requisiti patrimoniali minimi richiesti agli ETS sportivi per l’assunzione della personalità giuridica ovvero fare salva la certificazione del patrimonio minimo secondo i criteri di cui al D.lgs. 39/21 per le ASD al momento dell’assunzione della qualifica di ETS
- Allineamento sul Dm recante i limiti quantitativi e qualitativi per lo svolgimento di attività diverse al fine di uniformare lo svolgimento di attività diverse rispetto a quelle istituzionali sia da parte degli ETS che degli enti sportivi favorendo la doppia qualifica
- Modelli-schemi di bilancio per ASD e SSD approvati dal Dipartimento per lo Sport individuando, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, specifiche modalità di rendicontazione per gli enti sportivi del Terzo settore affinché possano mantenere le proprie specificità superando eventuali criticità in fase di controllo
- Intervento di coordinamento sul trattamento economico dei volontari sportivi con la disciplina del Terzo settore (reintroduzione dei rimborsi analitici e autocertificati e divieto di erogare rimborsi forfetari)
Proposte fiscali
- Inquadramento sistematico e organico della fiscalità ai fini Ires e Iva che riorganizzi il frammentario quadro oggi previsto e tenga conto delle peculiarità degli enti sportivi alla luce della riforma dello Sport
- Intervento di coordinamento per consentire alle SSD che, uniformandosi al dettato della riforma, scelgono di inserire nel proprio statuto la (limitata) possibilità di distribuire utili, di fare salva la defiscalizzazione dei corrispettivi percepiti da soci, partecipanti e tesserati di cui all’art. 148, comma 3 del Tuir
- Intervento di coordinamento tra il Dlgs 36/2021, che ammette per ASD e SSD la possibilità di svolgere attività diverse da quelle principali, e la L. 398/91 che limita l’agevolazione ai soli proventi derivanti dalle prestazioni commerciali connesse ai fini istituzionali. Ciò al fine di consentire agli enti sportivi che optano per la L. 398/1991 di applicare il beneficio con riguardo alle entrate derivanti sia dalle attività di interesse generale sia dalle attività diverse a prescindere da qualsivoglia vincolo di connessione
- Intervento di coordinamento tra L. 398/91 e Codice del Terzo settore allo scopo di mantenere il regime della 398/91 anche per gli Ets sportivi e, dunque, anche una volta acquisita la doppia qualifica
- Intervento di coordinamento ai fini Iva tra decreto PA-bis (DL 75/23) e decreto Fisco-lavoro (Dlgs 146/2021) al fine di abrogare la previsione di cui al citato art. 36-bis del DL 75/2023 e armonizzare la disposizione con quella di cui al Fisco-lavoro
Credit Foto: Csi-Centro sportivo italiano
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