Analisi
Urne vuote, il Terzo settore non si giri dall’altra parte
L'intervento del sociologo politico e responsabile scientifico di Fondaca-Fondazione per la cittadinanza attiva: di fronte a tassi così alti di astensionismo i soggetti sociali si ricordino di essere anche "palestre di democrazia"
Un po’ tutti hanno rilevato il dato paradossale delle elezioni europee del 9 giugno, e cioè che il primo partito scelto dagli elettori è quello dell’astensione, il quale ha ottenuto la maggioranza assoluta (50,3%). Purtroppo, però, si tratta di un partito che per definizione non può governare e di conseguenza lascia il campo libero a maggioranze che sono in realtà minoranze: in questa tornata elettorale, ad esempio, in rapporto al totale degli elettori le forze politiche al governo in Italia hanno ottenuto poco più del 22% dei voti (nelle elezioni politiche del 2022 poco più del 24).
La tendenza alla diminuzione della partecipazione al voto è un fenomeno globale, di lungo periodo e che riguarda tutti i tipi di elezione. Però quanto più l’astensionismo cresce, tanto più aumentano i pericoli per il regime democratico. Due di essi mi sembrano evidenti. Uno è che partiti e coalizioni che rappresentano una minoranza di elettori possono fare e disfare il paese a loro piacimento, come mostrano i casi attuali dell’autonomia differenziata, del premierato e di alcune leggi che mettono in discussione l’equilibrio dinamico tra i poteri istituzionali. L’altro pericolo è che, dato che i regimi democratici si legittimano in base alla partecipazione al voto, meno persone votano, meno legittimato e forte è il sistema democratico nel suo complesso. C’è insomma davvero da preoccuparsi, benché non vada dimenticata né sottovalutata una tendenza contraria dei giovani, cioè una loro partecipazione al voto decisamente più alta della media, rilevata da diversi istituti di ricerca, a riprova di quanto sia ingiusto il discredito con cui abitualmente essi vengono trattati.
Sull’astensionismo lavorano molti politologi in tutto il mondo, analizzando la pluralità di fenomeni che si nascondono sotto questo concetto: astensionismo per impedimento, per indifferenza, per protesta, ecc. Chi è interessato può utilmente leggere il recente libro di Francesco Raniolo intitolato La partecipazione politica. Fare, pensare, essere (Il Mulino 2024). Non essendo un esperto della materia, io invece mi sento libero di proporre un paio di semplici riflessioni che investono direttamente l’ambiente dell’attivismo civico (preferisco questo termine a quello amministrativo di “terzo settore”); riflessioni, cioè, che hanno a che fare con la domanda: che c’entra l’astensionismo con l’attivismo civico?
La prima è che il distacco dei cittadini dalle forme canoniche di partecipazione è legata anche alla difficoltà dei sistemi politici di rendere effettivi eguaglianza, solidarietà, sicurezza, pari opportunità, nella concretezza della vita quotidiana. Che sia per egocentrismo, per scarsità di risorse, per vincoli esterni o semplicemente per disinformazione o sottovalutazione, fatto sta che questioni quali la salute, l’ambiente, il lavoro, la educazione, la lotta alla povertà tendono a essere oggetto più di discorsi che di azioni da parte delle leadership politiche. Ma è proprio questa cruciale dimensione quotidiana della democrazia che le iniziative civiche presidiano, pur tra molte difficoltà soggettive e oggettive. Quanto più e quanto meglio questo ruolo di presidio viene svolto, e quanto più esso è la base di un richiamo alla realtà per le forze politiche, tanto più acquista senso per i cittadini andare a votare.
La seconda riflessione è questa: citando in modo un po’ superficiale Alexis de Tocqueville, si usa dire che le associazioni civiche sono “palestre di democrazia”, che preparano i cittadini a essere attori responsabili e competenti della partecipazione politica. A me non è mai piaciuta questa espressione pomposa e insieme riduttiva: un centro giovanile in un quartiere degradato ha un valore in sé e non come preparazione a qualcos’altro. È vero però che un impegno di informazione, di sensibilizzazione e di invito alla partecipazione al voto potrebbe essere rivolto a soci, operatori, volontari, beneficiari e gruppi sociali di riferimento di queste organizzazioni. Questo impegno sarebbe tanto più efficace in quanto le iniziative civiche usualmente non sono coinvolte nella politica elettorale, pur essendo attori della vita democratica. Ricordarlo più spesso farebbe certo bene anche a loro.
Foto: La Presse
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