Volontariato

Una iniqua restrizione

Intervista a Sergio Romano.

di Paolo Manzo

Sergio Romano, ex ambasciatore, è un grande osservatore della realtà internazionale: “come mai tutti i Paesi hanno imposto restrizioni alla libera circolazione della manodopera fino al 2011 nei confronti dei nuovi Paesi?”
Sergio Romano: Per la verità queste restrizioni furono già introdotte per Spagna e Portogallo, che entrarono nel 1986 ma ottennero la full membership nel 1996. È lo stesso sistema con cui i Paesi già membri si autoattribuiscono il diritto di guidare, nel tempo, il flusso delle persone all?interno dell?area Ue.
Vita: Sarà, ma fa un po? a pugni con il diritto di cittadinanza, che dovrebbe essere esteso a tutti i membri, anche quelli entranti?
Romano: Guardi, il problema è stato posto dalla Germania, che aveva paura dei polacchi. Berlino ha chiesto e ottenuto una clausola ostativa che introduce una proibizione al libero flusso di cinque anni, eventualmente estendibile a sette…
Vita: Ok, la colpa è dei tedeschi, ma nessuno degli altri 14 si è tirato indietro, vero ambasciatore?
Romano: Certo, e ognuno dei 15 si avvia ad applicare la clausola ostativa.
Vita: Per quale ragione?
Romano: Perché da un lato tutti hanno un tasso di disoccupazione piuttosto elevato, e temono che aumenti con i flussi dall?Est. E poi, soprattutto, ogni Paese sta cercando di ridurre i costi dello Stato sociale, e si teme che se si aprisse da subito ai cittadini dei 10 nuovi Paesi entranti, i costi del welfare andrebbero fuori controllo. Quindi questo lasso di tempo di attesa è stato introdotto non tanto perché non ci sia bisogno di loro (che hanno un tasso d?istruzione assai elevato, tra l?altro), ma perché tutti temono, da Berlino a Roma passando per Parigi, il crack dei rispettivi Stati sociali.
Vita: Questa restrizione non dà una buona immagine dell?europeismo?
Romano: Sicuro. E questa iniqua restrizione dimostra che l?europeismo sta scemando.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.