Famiglia

Aem, il pasticciaccio elettrico di Albertini

Privatizzazioni. Perché Milano vende l’azienda. Management di alto livello, crescita continua di fatturati e di utili.

di Ida Cappiello

Che affare è vendere per 500 milioni la quota di maggioranza di un?azienda che nel 2003 ne ha fatti 300 di utile? È quanto si stanno chiedendo a Milano alleati e opposizione, uniti nel contestare la decisione del sindaco Albertini di mettere sul mercato il 17,5% di un gioiello come Aem, l?Azienda energetica milanese. Passati i fasti del carnevale ambrosiano, comincerà il dibattito sulla modifica dello statuto Aem, un passaggio cruciale per le sorti dell?azienda (lascerebbe al Comune una golden share, in sostanza il controllo anche con la minoranza delle azioni). Le opposizioni si sono già mobilitate con cinquanta emendamenti, ma si è messa di traverso anche la Lega Nord, minacciando di bloccare tutto se non avrà la garanzia assoluta del mantenimento del potere pubblico sull?ex municipalizzata. è in forse anche l?unica poltrona di assessore del partito padano, quella di Giancarlo Pagliarini, che dichiara a Vita: “Non si tratta solo di Aem, sono molti i comportamenti della giunta che ci lasciano perplessi. Però sull?azienda energetica l?ho sempre detto: o il Comune mantiene il controllo di Aem, oppure tanto vale vendere tutto e incassare il premio di maggioranza. Questi labirinti giuridici sono pericolosi”. Ancora più esplicito il capogruppo consiliare delle camicie verdi a Palazzo Marino, Matteo Salvini. “Accetteremo la privatizzazione solo se non avremo il minimo dubbio sulla stabilità del controllo pubblico”. L?Aem è un?azienda in piena salute che lo scorso anno ha realizzato una plusvalenza di oltre 200 milioni di euro con la vendita delle sua quota in Fastweb. Sempre l?anno scorso l?azienda ha messo a segno un altro colpo, frutto della liberalizzazione del mercato elettrico: ha acquisito dall?ex monopolista Enel la distribuzione dell?elettricità in tutta Milano. Si potrebbe pensare che questi successi sono merito della prima privatizzazione, avvenuta sette anni fa. Ma non è stato così. Ne è convinto Angelo Colombini, segretario generale della Femca-Cisl. “Questi buoni frutti vengono dal management storico dell?azienda. Se il potere andrà a soci privati, non sappiamo chi arriverà”. La vendita del primo 49% di azioni fu sottoposta a un referendum cittadino, che non raggiunse il quorum (lo fecero il 30 giugno…), ma chi c?era votò in massa contro. Un altro interrogativo inquietante allunga la sua ombra sulla vicenda. Dopo l?approvazione politica, le modifiche allo statuto dovranno essere approvate anche dall?assemblea straordinaria degli azionisti con il 60% dei voti. “Guarda caso, basterebbe che fossero d?accordo con il Comune i due grandi soci di minoranza, Edison e Atel (dietro la quale c?è Edf, l?Enel francese)”, continua Colombini. “Ma che cosa otterrebbero in cambio dell?appoggio? Ufficialmente, nulla visto che la loro quota massima di azioni dovrebbe addirittura scendere dal 6 al 5%. Allora diventa legittimo chiedersi quale sarà la contropartita”.


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