Appelli
Diritto alla residenza: l’articolo 5 del decreto Renzi-Lupi va abrogato
Sono trascorsi dieci anni da quando l’articolo 5 del decreto-legge n. 47/2014, il Piano Casa Renzi-Lupi, è diventato effettivo. Da allora questa legge ha escluso dall’anagrafe le persone costrette ad accettare affitti in nero e chi ha occupato abitazioni per necessità. Diverse organizzazioni, tra cui ActionAid, hanno lanciato l’appello “Diritti, libertà, uguaglianza” per chiederne la cancellazione
di Redazione
“Diritti, libertà, uguaglianza” è il titolo dell’appello per la cancellazione dell’articolo 5 del decreto-legge n. 47/2014, promosso da numerose associazioni e movimenti. A dieci anni dall’introduzione del Piano Casa Renzi-Lupi, la legge ha escluso dall’anagrafe le persone costrette ad accettare affitti in nero e chi ha occupato abitazioni per necessità, ha impedito a migliaia di famiglie di poter veder riconosciuti i propri diritti fondamentali. Lo sostengono tra gli altri ActionAid, il Movimento per il diritto all’abitare, Asia-Usb, A buon diritto, Asgi, Nonna Roma, Clasp, l’Rsu Istat Alberto Violante e numerose personalità. «In Italia, il diritto di voto e l’accesso a misure di welfare essenziali – tra cui l’iscrizione al servizio sanitario nazionale e la conseguente assegnazione di un medico di base, la piena partecipazione al sistema di istruzione e l’iscrizione ai centri per l’impiego – così come la fruizione di servizi pubblici come l’allaccio alle utenze di acqua, luce e gas, nonché l’ingresso nella graduatoria per ottenere un alloggio popolare, sono legati all’iscrizione anagrafica», si legge in una nota congiunta diffusa oggi dalle organizzazioni. «Ma non solo: alle persone non italiane l’articolo 5 ha impedito di maturare i requisiti per ottenere la cittadinanza e, per effetto delle prassi illegittime sviluppate da molte questure, ha ostacolato il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno. L’articolo 5 rappresenta una grave violazione dei diritti fondamentali. Questa norma ha peggiorato radicalmente la qualità della vita di moltissime persone e ha contribuito ad aumentare la loro marginalizzazione sociale».
«L’occasione dei dieci anni dalla conversione in legge della norma è simbolica e ha spinto tutte le organizzazioni e le persone firmatarie a chiedere con forza la sua cancellazione, obiettivo prioritario per dare finalmente accesso ai servizi e ai diritti legati all’iscrizione anagrafica a quanti ne sono stati esclusi finora», prosegue la nota. «Anche le istituzioni otterrebbero un netto vantaggio da questa cancellazione. Allo stato attuale, i registri anagrafici – funzionali alla corretta programmazione delle politiche territoriali – non sono in grado di fornire informazioni precise e accurate circa l’insieme effettivo delle persone che dimorano abitualmente in un determinato contesto territoriale o che, prive di una dimora abituale, vi sono comunque legate in senso anagrafico. La cancellazione dell’articolo 5 renderebbe la qualità dei registri anagrafici significativamente migliore, con benefici rilevanti per le politiche pubbliche. Per tutte queste ragioni, le organizzazioni e le persone firmatarie scrivono ai partiti e alle forze politiche: “a dieci anni dalla sua introduzione, è tempo di cancellare l’articolo 5 dal nostro ordinamento. Le donne e gli uomini, i bambini e le bambine esclusi dall’esercizio dei diritti fondamentali non possono più aspettare”.
Per leggere l’appello, cliccare qui.
Credit: foto di Maximillian Conacher su Unsplash
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.