Scuola
La maturità che apre all’imperfezione
Nelle tracce dei temi c'è un passaggio di Rita Levi Montalcini che elogia l'imperfezione. L'artista visivo Luca Santiago Mora nell'errore ha trovato un metodo di lavoro: la bellezza di aggiungere senza cancellare. «Se tanti ragazzi l'hanno scelto, significa che questa generazione è pronta ad un cambiamento di sguardo», dice. Un segno di maturità, quella vera
È un balletto che si ripete ogni anno. I maturandi (quest’anno sono oltre 500mila) seduti al banco, rigorosamente distanziato, non hanno ancora deciso l’argomento da affrontare nella prima prova scritta che sui siti dei maggiori quotidiani italiani rimbalzano le tracce. Ungaretti, la bomba atomica, Pirandello, i social. Nella terza tipologia della prova, quella dell’attualità, spicca un testo che in qualche modo restituisce uno dei temi su cui la scuola s’interroga oggi: insegnare ad accogliere la possibilità di sbagliare. È tratto da L’elogio dell’imperfezione di Rita Levi Montalcini, una delle più importanti scienziate al mondo, premio Nobel per la Medicina, che in un libro autobiografico pubblicato nel 1987 mette in luce proprio l’importanza di accettare i propri limiti e le proprie imperfezioni per raggiungere la felicità e il successo.
«Senza seguire un piano prestabilito, ma guidata di volta in volta dalle mie inclinazioni e dal caso», scrive Rita Levi Montalcini, «ho tentato (…) di conciliare due aspirazioni inconciliabili, secondo il grande poeta Yeats: “Perfection of the life, or of the work”. Così facendo, e secondo le sue predizioni, ho realizzato quella che si può definire “Imperfection of the life and of the work”. Il fatto che l’attività svolta in modo così imperfetto sia stata e sia tuttora per me fonte inesauribile di gioia, mi fa ritenere che l’imperfezione nell’eseguire il compito che ci siamo prefissi o ci è stato assegnato, sia più consona alla natura umana così imperfetta che non la perfezione».
Il fatto che l’attività svolta in modo così imperfetto sia stata e sia tuttora per me fonte inesauribile di gioia, mi fa ritenere che l’imperfezione (…) sia più consona alla natura umana così imperfetta che non la perfezione
Rita Levi Montalcini
Luca Santiago Mora, artista visivo, da 22 anni lavora su un concetto che si spinge ben oltre l’imperfezione: l’errore. Nel 2002 un’amica gli chiese di sostituirla nella conduzione di un laboratorio per bambini neurodivergenti seguiti dalle aziende sanitarie locali di Reggio Emilia e Bergamo. Ne nasce uno spazio artistico (Atelier dell’Errore), oggi collettivo, che nell’errore ha trovato un innovativo metodo di lavoro e un importante insegnamento di vita per i ragazzi che lo popolano.
Quale significato culturale e sociale può assumere per la Maturità 2024 di mettere al centro l’elogio dell’imperfezione?
Per ognuno di quei ragazzi seduti lì, alle prese con l’esame che è l’ingresso nella vita adulta, questa traccia è una grande opportunità per tirare un sospiro di sollievo. Vivono in un mondo in cui i social, la comunicazione, la pubblicità e la stessa società idealizzano la perfezione, nel gesto atletico come nella fisicità. E invece qualunque scienziato sa perfettamente che la storia della scienza ha progredito grazie a una serie infinita di errori. Ciò che più mi incuriosisce è sapere quanti ragazzi abbiano effettivamente scelto di affrontare questo tema e poi mi piacerebbe leggerli per capire come i diciottenni reagiscono sentimentalmente di fronte all’imperfezione. Sarebbe davvero una bella notizia sapere che in tanti ne hanno scritto: significherebbe che lo hanno ritenuto un tema importante, che lo hanno accettato e che questa generazione si sente pronta a parlarne.
Sarebbe davvero una bella notizia sapere che in tanti ne hanno scritto: significherebbe che lo hanno ritenuto un tema importante, che lo hanno accettato e che questa generazione si sente pronta a parlarne
Luca Santiago Mora, artista
C’è un clima diverso in questo senso? O c’è il rischio che si tratti di un cerotto in un momento in cui la scuola viene accusata di non contemplare la possibilità di errore?
Io credo che sia importante fare una distinzione tra ambiti d’azione. Nella ricerca e nell’arte per esempio l’errore e il fallimento sono fondamentali: se ti muovi in un territorio che è quello dell’invisibile e dello sconosciuto, per forza devi mettere in conto la possibilità di sbagliare. Nella didattica è un po’ più difficile: in questo caso è più accettabile il concetto di imperfezione che quello di errore. L’errore è severo, porta con sé la certezza indubitabile di aver preso una via sbagliata. L’imperfezione è connaturata all’uomo, è l’ammissione di un limite. Adottarla come sguardo sul mondo in ambito didattico denota un’apertura a un approccio dubitante. Attenzione, però. Nella società contemporanea, ci sono imperfezioni che sono riuscite a risalire la china del purgatorio dove erano state cacciate, ma esistono ancora stigmi che non riescono a essere superati. La malattia psichiatrica è uno di questi: fa ancora troppa paura, muove un inconscio profondo. Nell’ambito erratico che frequento io, c’è ancora una strada molto lunga, e lenta, da percorrere.
Come si sceglie di lavorare sull’errore?
Non si sceglie, accade. Per me è stata una sincronicità di tanti fattori. Io, fotografo, mi sentivo un errore a insegnare disegno ai ragazzi neurodivergenti. Io mi occupavo di video e fotografia, loro erano quelli che non erano “adatti” all’educazione artistica a scuola quindi mi è sembrata una sfida ardita partire insieme a disegnare, abbandonando il concetto di errore e il ruolo di maestro. Loro, che tendono a percepire se stessi come degli errori, sono stati la prima spinta a pensare che l’errore qui non ha senso e allora siamo saliti su questa scialuppa avventurosa. L’arte è chiave d’ingresso e serratura per aprire uno spiraglio in una società tecnocratica che non può contemplare l’errore. In Atelier la gomma è vietata perché come nella vita non si può tornare indietro e cambiare ciò che si è fatto, ma solamente proseguire, prendendo il meglio di ciò che si è creato attraverso l’accettazione e la trasformazione. Quando sbagliamo, scopriamo ed esploriamo territori nuovi.
L’errore è severo, porta con sé la certezza indubitabile di aver preso una via sbagliata. L’imperfezione è connaturata all’uomo, è l’ammissione di un limite: adottarla come sguardo sul mondo in ambito didattico denota un’apertura a un approccio dubitante
Luca Santiago Mora, artista
Di che cosa scriverebbe Luca Santiago Mora in un tema sull’elogio dell’imperfezione?
Parlerei della mia vita, traccerei un autoritratto senza freni, con tutto il timore e i dubbi che di notte mi vengono a trovare. Racconterei la libertà che vedo nei segni dei ragazzi, di certe creature che compaiono nei disegni, della loro urgenza e autenticità.
E gli artisti dell’Atelier dell’Errore?
Farebbero un disegno. Se usi un pastello a cera, non puoi soddisfare l’irrefrenabile voglia di cancellare quando sbagli. E allora correggi aggiungendo. Per gli artisti del collettivo è una filosofia di vita. Aggiungere senza cancellare, perché nella vita niente si può cancellare.
Foto in apertura di La Presse, Riccardo Bortolotti. Nel testo, opere realizzate dall’Atelier dell’errore
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