Violenza

Donne che aiutano donne: cresce il volontariato nei centri antiviolenza

I Centri vivono principalmente di volontariato. Su oltre 3mila attiviste, le volontarie rappresentano il 64%. Nel 2023 i 117 centri antiviolenza della Rete D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza hanno accolto 23mila donne. L’età media di chi chiede aiuto è compresa tra i 30 e i 49 anni. La maggior parte delle donne accolte è italiana e quasi una su tre non ha un lavoro. L’autore della violenza è quasi sempre il partner oppure l’ex partner

di Sabina Pignataro

European Institute for Gender Equality (EIGE)
@European Institute for Gender Equality (EIGE)

117 centri, 218 sportelli antiviolenza, 66 case rifugio: sono i numeri che raccontano l’impegno in tutta Italia dei centri antiviolenza della Rete D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza. Centri che  dipendono principalmente dal volontariato delle operatrici che ci lavorano, poiché  le risorse economiche disponibili non sono sempre sufficienti. I finanziamenti pubblici, provenienti principalmente da Regioni e Comuni, superano quelli privati.  

I Centri vivono principalmente di volontariato. Su un totale di 3.277 attiviste le volontarie rappresentano il 64%. Soltanto il 36,2% viene retribuita per il suo lavoro. Rispetto al 2022, si registra un aumento di 400 attiviste in totale.

Finanziamenti insufficienti

Il report 2023 di D.i.Re evidenzia una crescita delle risorse impiegate a sostegno delle donne, ma sottolinea che queste risorse sono ancora insufficienti. Nel 2023, il 79,5% dei finanziamenti pubblici proviene dalle Regioni e i Comuni sono la principale fonte di sostegno economico.  Sono mediamente pari a importi che variano da circa 88.000 euro per i finanziamenti provenienti dai Comuni a cifre intorno ai 53.000 euro per soggetti “altri”

Il finanziamento privato è in crescita di 11 punti percentuali rispetto al 2022. In questo caso si registrano cifre “minori” rispetto a quelle delle fonti pubbliche: mediamente variano da circa 34.400 euro a 2.800 euro circa, sotto forma di autofinanziamento.

Rispetto al 2022, si osserva un incremento per tutti i soggetti pubblici fatta eccezione per l’Unione Europea che passa da un importo medio di 11.500 euro circa a poco più di 4.000 euro. Anche per i finanziamenti non pubblici si registra un lieve aumento (poco più 2.000 euro) per i soggetti privati e un incremento significativo per le forme di “autofinanziamento” , che passa da un importo medio di 2.900 a circa 6.800 euro.

«I centri antiviolenza sopravvivono nonostante la mancanza di un riconoscimento adeguato del loro valore da parte delle istituzioni», sottolinea Antonella Veltri, presidente di D.i.Re. «C’è una disomogeneità nei contributi pubblici che crea confusione e disuguaglianze».

Identikit delle donne accolte

La Rete D.i.Re comprende 87 organizzazioni che gestiscono 117 centri e 218 sportelli antiviolenza, oltre a 66 case rifugio. I centri offrono accoglienza, ascolto e assistenza legale nella totalità dei casi, consulenza psicologica e orientamento al lavoro in oltre il 92% dei casi. Nel 2023, i 112 centri antiviolenza hanno accolto 23.085 donne, di cui 16.453 nuove, registrando un aumento rispetto al 2022.

Il 46,5% delle donne che si rivolgono ai centri ha tra i 30 e i 49 anni. La maggior parte delle donne accolte è italiana, solo una su quattro è di nazionalità straniera. Quasi una donna su tre non ha un lavoro e meno della metà può contare su un reddito sicuro. Le forme di violenza subite sono principalmente psicologica (82,2%), fisica (56,5%), economica (circa una su tre), sessuale (16,9%) e stalking (16,3%). Gli autori della violenza sono prevalentemente italiani e spesso il partner o l’ex partner della donna.


Le case rifugio rispondono alla necessità di allontanarsi dall’abitazione familiare per evitare ulteriori violenze. Nel 2023, 66 centri dispongono di almeno una casa rifugio, con un totale di 227 appartamenti e 1.190 posti letto. Tuttavia, l’offerta è ancora insufficiente, come dimostrato dalle 673 donne che non hanno trovato ospitalità.

L’autore della violenza

L’autore della violenza è prevalentemente italiano: soltanto il 26% ha provenienza straniera e questo dato, oramai consolidato negli anni con scostamenti non significativi (nel 2022 era del 28%), mette in discussione lo stereotipo diffuso che vede il fenomeno della violenza maschile sulle donne ridotto a retaggio di universi culturali situati nell’“altrove” dei paesi extraeuropei.

Le statistiche relative all’indicatore sulla relazione della donna con il maltrattante non lasciano dubbi: l’autore della violenza è quasi sempre il partner oppure l’ex partner.

Questo significa che nel 74,2% dei casi (80,5% nel 2022, 79,8% nel 2021) la violenza viene esercitata da un uomo in relazione affettiva con la donna. Se a questo dato si aggiunge la percentuale dei casi in cui l’autore è un familiare si arriva a oltre l’84% (90,5% nel 2022; 90,9% nel 2021; 92,3% nel 2020).

Le donne continuano a non denunciare

Soltanto il 28% delle donne accolte decide di avviare un percorso giudiziario e tale percentuale rimane sostanzialmente costante negli anni (con variazioni di più o meno un punto percentuale). Le donne continuano a non denunciare Questo dato non stupisce: la vittimizzazione secondaria da parte delle Istituzioni che entrano in contatto con le donne (servizi sociali, forze dell’ordine, tribunali ecc.) continuano a frenare l’avvio di un percorso di fiducia che possa rassicurare le donne che intendono rivolgersi alla giustizia.

Congedi INPS e permesso di soggiorno 18 bis

Tra le donne accolte nel 2023, poco meno del 2% delle occupate richiedono l’astensione dal lavoro, prevista dalla normativa vigente per un periodo di massimo di 90 giorni, per svolgere percorsi di protezione. Quasi sempre tale congedo viene concesso quando richiesto. Si osserva un lieve incremento nell’utilizzo di questo strumento normativo che nel 2022, così come nel 2021, riguardava soltanto poco più dell’1% delle lavoratrici.

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