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Consumatori nella jungla delle associazioni

Il caso Parmalat le ha portate alla ribalta. Ma chi sono, chi le controlla, e chi le paga? (di Francesco Agresti e Gabriella Meroni).

di Francesco Agresti

“Consumatori d?Italia, unitevi!”, che a dividerci ci pensiamo noi. Hanno risvegliato l?assopito senso civico degli italiani, facilitati anche dalla coincidenza con interessi individuali, assestato duri colpi a chi proponeva, indisturbato, clausole vessatorie e condizioni contrattuali capestro, e difeso l?impotente e prono cittadino dall?arroganza delle grandi imprese sia pubbliche che private. Le associazioni dei consumatori hanno conquistato negli ultimi anni un ruolo di assoluto rilievo. Alcune hanno alle spalle una decennale attività (l?Unione nazionale consumatori è stata fondata nel 1955), altre sono nate negli anni 80, appena in tempo per conquistare una parte dello spazio che i partiti politici si accingevano, loro malgrado, a lasciare vuoto. La notorietà, si sa, genera invidia, e complice un atteggiamento non sempre lineare, in questi anni oltre agli indubbi successi sul loro operato si addensano dubbi che esse stesse contribuiscono ad alimentare. “Sono troppe”, dice soprattutto chi sta dall?altra parte e vorrebbe un solo interlocutore, più facile da gestire e magari anche da controllare; “sono litigiose”, sostiene, a ragione, chi tiene la contabilità delle cose che le dividono. Ma chi sono, come si finanziano e perché hanno tanto a cuore il nostro interesse? Nel 1998 viene approvata una legge, la 281, che disciplina i diritti dei consumatori e degli utenti. Il provvedimento prevede la costituzione di un elenco delle associazioni rappresentative a livello nazionale cui possono iscriversi quelle che hanno almeno 28mila soci (dato però che può essere autocertificato), e siano presenti in almeno 5 regioni. L?iscrizione in questo elenco non è un mero riconoscimento formale: esserci vuol dire avere riconosciuta, per legge, la legittimazione a prendersi cura e tutelare gli interessi dei cittadini, partecipare al Cncu, il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, cui è affidato il compito di promuovere l?informazione tra i consumatori, monitorare i provvedimenti che li interessano e tanto altro. Ma non di soli oneri si tratta. Le associazioni iscritte all?elenco, che viene aggiornato annualmente, sono 14. La legge 281 ha esteso loro le agevolazioni riconosciute alle imprese editoriali. Ogni anno la presidenza del Consiglio dei ministri assegna circa 516 milioni di euro per sostenerne le attività editoriali: il 25% viene distribuito in parti uguali, un altro 25% sulla base delle effettive uscite e il 50% sulla base delle copie diffuse. Nella ripartizione la parte del leone la fa Altroconsumo che, forte dei suoi quasi 280mila soci-abbonati, riceve la quota maggiore. Il Cncu cofinanzia, inoltre, programmi di informazione e orientamento promossi dalle associazioni e rivolti a utenti di servizi assicurativi e destina 1,5 milioni di euro al cofinanziamento di servizi di assistenza, informazione ed educazione organizzati dalle associazioni a favore dei consumatori. Il clima in seno al Cncu non è propriamente sereno, anzi: spesso le associazioni finiscono davanti a un giudice non per difendere i consumatori ma se stesse da accuse reciproche. Come succede nelle migliori famiglie, ciò che divide è proprio il vil denaro. Due le vicende emblematiche. Codacons, Adusbef, Federconsumatori e Unione nazionale consumatori sostengono che Altroconsumo non abbia diritto alle somme erogate dalla presidenza del Consiglio per le attività editoriali, perché l?omonima rivista non è edita dall?associazione bensì dalla Altroconsumo edizioni srl, controllata da una società lussemburghese, la Conseur SA. Il Tar del Lazio ha accolto la richiesta, imponendo la restituzione delle somme e ordinando la redistribuzione alle altre associazioni. Altroconsumo è ricorsa in appello al Consiglio di Stato, chiedendo inoltre la sospensione della sentenza, richiesta che è stata respinta. Ma Adusbef, Codacons e Federconsumatori sono andate oltre. Hanno fatto nuovamente ricorso al Tar del Lazio, questa volta contro il provvedimento che ha iscritto Altroconsumo al Cncu. Secondo la triplice, dietro Altroconsumo ci sarebbe una vera multinazionale editoriale, e gli abbonati diverrebbero soci senza aver sottoscritto un autonomo modulo di iscrizione così come previsto da una circolare ministeriale. La causa è stata già decisa, il giudice deve solo materialmente trascriverla e renderne noto l?esito. Vedremo. La seconda vicenda ha per protagonisti l?Adusbef e Cittadinanzattiva e la richiesta di un risarcimento danni di 260mila euro. Elio Lannutti, presidente dell?Adusbef, dichiarò che Cittadinanzattiva era sul libro paga di 121 aziende. Le aziende cui Lannutti faceva riferimento sono quelle pubblicate sul sito di Cittadinanzattiva e con le quali l?associazione realizza programmi di informazione pro consumatori. Da qui l?azione civile promossa da Cittadinanzattiva e la richiesta di risarcimento, poi respinta dal Tribunale di Roma.

Francesco Agresti e Gabriella Meroni


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