Cultura

San Valentino: Sfruttamento e povertà dietro produzione di rose

La denuncia e' della agenzia missionaria Misna, che ai risvolti meno noti di san Valentino

di Redazione

Dietro ai cinquantacinque milioni di rose rosse che verranno vendute oggi, nel giorno di san Valentino, la maggior parte nei Paesi occidentali, c’e’ una realta’ di poverta’ e sfruttamento di lavoratori del sud del mondo, soprattutto di Colombia, Ecuador e Kenya. La denuncia e’ della agenzia missionaria Misna, che ai risvolti meno noti di san Valentino dedica un articolo dal quale emerge quanto costa ai poveri il consumismo dei ricchi. ”Gli innamorati che vorranno vedere un sorriso sul volto delle loro amata – osserva Misna – probabilmente non soffriranno piu’ di tanto sborsando dai 9 ai 14 euro (e in dollari anche di piu’) per una singola rosa, essendo – e forse volendolo restare – del tutto inconsapevoli di quanto quel fiore sia costato ai contadini che l’hanno coltivato”. Secondo la ricostruzione della Misna, il 70 per cento delle rose vendute dai fioristi e nei supermercati occidentali vengono da coltivazioni in Colombia, Ecuador e Kenya. Molte aziende del settore (e spesso i loro sub-appaltatori) sfruttano la manodopera, privando i contadini dei loro diritti fondamentali e pagandoli una miseria. Molti ”lavoratori delle rose” hanno contratti di breve durata e possono essere licenziati in qualsiasi momento anche senza un valido motivo. Cosa che avviene non di rado nei giorni subito successivi al 14 febbraio dopo che la richiesta di fiori, e soprattutto di rose, ha superato il suo picco. ”Amaramente si puo’ dire che, come i fiori – non piu’ di 48 ore devono trascorrere di solito tra il taglio del gambo e l’esposizione nei negozi – anche gli uomini e le donne delle rose sfioriscono in breve volgere di tempo. E per loro non ci sono neppure i frigoriferi dei grandi fiorai…”, commenta l’agenzia. Il giorno di San Valentino, ”la gente e’ felice, ma per noi e’ un incubo” ha detto una giovane donna che lavora per un ‘rosificio’ di Nairobi in Kenya. Prima di cadere come petali dall’elenco del personale assunto pro-tempore, devono appassire e lavorare senza respiro per soddisfare l’impennata nella domanda di rose. Le gia’ difficili condizioni di lavoro peggiorano in questo periodo dell’anno, come conferma Josephine Waithera della commissione del Kenya per i Diritti Umani (Khrc): ”In una parola, a San Valentino i diritti dei lavoratori sono cancellati. Sono costretti a raccogliere fiori in giornate che non finiscono mai, oltre a subire numerose altri soprusi come le molestie sessuali o il licenziamento, specie per le donne che vanno in maternita”’. Insieme alla produzione del te’ e il turismo, la floricoltura e’ una delle tre principali fonti di valuta straniera in Kenya, con un giro d’affari annuale di 100 milioni di dollari. La paga media giornaliera di un lavoratore che raccoglie e confeziona fiori si aggira tra i 150 e 200 scellini keniota (un euro e mezzo o due). ”Ognuno – suggerisce Misna – puo’ fare il confronto con quel che in questi giorni ha speso per una sola rosa”. In Kenya, come nella maggior parte dei Paesi del sud del mondo che producono fiori, le donne rappresentano la maggioranza della mano d’opera: circa l’80 per cento, secondo la Khrc. Le ‘ donne delle rose’, piu’ che al profumo dei fiori, sono esposte alle esalazioni dei fertilizzanti chimici e dei pesticidi utilizzati nelle coltivazioni senza alcuna misura precauzionale per la salute: niente abiti protettivi, ma neanche nessuna conoscenza del rischio che corrono e del modo in cui proteggersi. Aborti ‘spontanei’ e nascite di bambini con malformazioni sono molto frequenti. Ma i contadini nelle zone circostanti Mumbai, nello Stato del Maharashtra in India occidentale hanno un diverso punto di vista su San Valentino.


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