Non profit

L’impegno dei “medici del superfluo”. L’altra faccia del lifting

In alcuni Paesi nascere con una malformazione facciale significa essere emarginati (di Giuditta Castellanza).

di Redazione

Un bisturi incide un labbro, un chirurgo riempie una guancia, solleva una ruga, spiana una cicatrice. D?istinto, di questi tempi, si pensa a un intervento estetico, alla soubrette che sogna la bocca a canotto, a Berlusconi che livella le occhiaie, alla Pivetti su Italia Uno nel bel mezzo di Bisturi? e invece no. È di un altro orrore che vogliamo parlarvi, ma insieme all?orrore anche del suo contrario: di malformazioni dimenticate nel nostro mondo ricco, di donne sfregiate dall?acido per mano di padri e o mariti dissennati, e insieme dell?umanità e solidarietà che caratterizza tanti chirurgi plastici italiani, che hanno messo l?arte della chirurgia ricostruttiva al servizio di chi ne ha bisogno, soprattutto in quei Paesi dove lo sfregio fisico significa morte sociale. Sono nate così tante associazioni e tante spedizioni nel Sud del mondo, anche con lo scopo non secondario di formare nelle realtà locali altri chirurghi plastici. I volontari sono scelti, assicurano le associazioni, tra i medici più qualificati, per togliere qualsiasi dubbio su un?esperienza costruita sulla pelle dei poveri. Un gesto senza secondi fini Eccola, l?altra faccia della chirurgia plastica in Italia, quella più nascosta. Due facce dello stesso mestiere, talvolta due mestieri diversi. Paolo Morselli è un veterano delle spedizioni all?estero. È andato per la prima volta in Bangladesh nel 1988, quando ancora non c?era l?ombra di un chirurgo plastico in tutto il Paese. Il vescovo di Dakka, impressionato da come Morselli aveva ricostruito la bocca deforme di un bimbo, lo aveva invitato nella sua terra, a rimettere in ordine il viso dei bambini nati con malformazioni. “Un?esperienza impressionante”, venti giorni a operare senza sosta adulti e bambini con labbro leporino, donne acidificate, ustioni mai curate. Nasce così Interplast, la prima organizzazione italiana di volontariato in chirurgia plastica: oggi conta una ventina di chirurghi, 60 persone in tutto, che si prendono le ferie per andare a operare gratuitamente nei Paesi con sanità disastrate. Il volontariato in chirurgia plastica ricostruttiva , spiega Morselli, è “un servizio a persone escluse dall?assistenza sanitaria, un gesto di solidarietà che può dare una nuova speranza. E che dà molto anche a noi; la gratificazione del vero rapporto tra medico e paziente, essendo un gesto medico che non ha secondi fini economici”. Ritrovare il padre “È ciò che dà un senso a tutto il nostro lavoro, alla nostra missione di medici”: Andrea Di Francesco, chirurgo maxillo-facciale a Como, ha fondato nel 1997 l?associazione Progetto sorriso, un gruppo di chirurghi maxillo-facciali e plastici che opera a Khulna, in Bangladesh, per ridare un sorriso ai bimbi nati con malformazioni al viso. Un impegno che ha il volto nuovo di Roima, una ragazzetta nata con due buchi al posto del naso, e la consapevolezza di essere, anche per i genitori, una non-persona da nascondere. Le operazioni le hanno dato un naso e un futuro. “Ha scoperto di essere una persona”, racconta Di Francesco, “ma il primo miracolo per questi bambini è vedere che qualcuno si occupa di loro, gli pulisce il naso deforme e tocca le loro ?impurità?”. Alcuni ritornano dopo l?operazione accompagnati anche dal papà, che dopo averli ripudiati, insieme alla madre, li ha ripresi con sé. “Tornano al villaggio come miracolati, benedetti da Dio. Ci vorrà tempo per cambiare una mentalità che distrugge la dignità di questi bambini”. Missione sorriso è anche quella di Operation Smile Italia, nata quattro anni fa a Roma dalla casa madre americana. I medici del sorriso hanno girato l?Europa, l?Asia e l?Africa, operando 200 bambini in ogni missione. “Sono operazioni risolutive, che durano tra i 45 e i 90 minuti e costano circa 800 euro, una cifra irrisoria per noi”, spiegano. Li guida il chirurgo plastico Fabio Abenavoli, in questi giorni in India. “Ogni volta è un bagno di umanità”, raccontano, come quella volta che una ragazzina in Kenya rimase per un giorno intero in braccio al medico che l?aveva operata. Poi ci sono i visi delle donne cancellati dall?acido in Bangladesh e in Pakistan, piaga che combattono i volontari di Smile again. Nata nel 2000, ha fatto arrivare e operare in Italia 5 ragazze sfigurate. Tra loro Fakhra Jounas, che in Italia sta ricostruendo pezzi di viso e di vita, insieme al figlio di 8 anni. “Hanno grandi aspettative dalla chirurgia, vorrebbero tornare belle come prima, anche se non è possibile. È possibile però ridare loro una dignità e l?autonomia”. Francesco Bellezza (un nome una vocazione), chirurgo degli ustionati a Roma, opera le ragazze giunte in Italia; ad aprile partirà per la prima missione di Smile again in Pakistan. Lì l?associazione ha già 13 sedi cui le ragazze acidificate possono rivolgersi; ironia della sorte, sono 13 beauty clinic messe a disposizione da un?imprenditrice locale.

Giuditta Castellanza

Info: LE SIGLE ITALIANE INTERPLAST ITALY

Nata nel 1988, ha concluso 28 missioni in 16 Paesi. Presidente: Paolo Morselli

Interplast Italy Volontariato in chirurgia plastica PROGETTO SORRISO onlus

Dal 97 ha operato più di 850 bambini in Bangladesh. Presidente: Andrea Di Francesco

Progetto Sorriso Operation Smile Italia

Costola di Operation Smile international, ha effettuato più di 3mila interventi. Presidente: Fabio Abenavoli

OPERATION SMILE 🙂 Smile Again

Nata per dare voce alle donne acidificate in Pakistan e Bangladesh, finora ne ha operate 5 in Italia. Presidente: Clarice Felli

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